"I medici dovranno decidere chi salvare". Cosa è il codice nero che l'Olanda potrebbe usare (e noi speriamo di no)
Il Paese si divide tra chi agita lo spettro della catastrofe e chi invita alla calma. E c'è uno studio del 2016 che simula una pandemia respiratoria...
La situazione in Olanda è drammatica. Già in questi giorni gli ospedali hanno iniziato a trasferire alcuni pazienti nella vicina Germania (che non se la passa poi tanto meglio, in verità), e c'è chi ipotizza che i medici potrebbero trovarsi presto ad applicare il cosiddetto codice nero. Che detto così fa già paura di per sé. E in effetti, addentrandosi nella questione, la situazione è davvero spaventosa. Perché il codice nero dice che i medici dovranno decidere chi salvare in caso di affollamento degli ospedali.
Olanda a rischio codice nero
Al momento non c'è alcuna decisione - è bene chiarirlo subito - ma c'è chi pensa che la situazione potrebbe presto precipitare e invita la cittadinanza a prepararsi. Tra costoro c'è Diederik Gommers, presidente dell'Unione olandese per la terapia intensiva, lo spettro del codice nero è concreto e potrebbe materializzarsi in una decina di giorni.
Di diversa opinione Ernst Kuipers del Centro di coordinamento nazionale per la distribuzione dei pazienti e il ministro della Salute Hugo De Jonge, che stanno cercando di calmare le acque.
Cosa è il codice nero
Si tratta di un protocollo di massima emergenza, realizzato nel 2020 dalla federazione dei medici Knmg e dalla Federation of Medical Specialists (Fms), che potrebbe dover diventare una opzione se la situazione dovesse peggiorare in maniera assoluta. Il che vuol dire posti tutti occupati nelle terapie intensive.
In sostanza i medici (non solo in Olanda) devono agire sulla base di tre principi etici: uguaglianza, giustizia e volontà di salvare quante più vite possibili. Ma con il codice nero le cose cambiano ed entrano in gioco anche fattori non medici, come l'età (i più giovani avrebbero la precedenza sugli anziani).
Priorità verrebbe data a chi dovrà rimanere meno possibile in terapia intensiva e agli operatori sanitari che abbiano avuto contatti a rischio con positivi al Covid e che non siano stati in grado di proteggersi adeguatamente a causa della mancanza di dispositivi di protezione.
Può cambiare tutto
Chi ha frequentato gli ospedali (almeno una volta probabilmente tutti quanti) ha sicuramente in mente i codici "classici": bianco, verde, giallo e rosso a seconda del tipo di urgenza. Il codice nero non sarebbe però legato alla situazione del singolo paziente quanto piuttosto a un'emergenza generalizzata. Che scombussolerebbe tutta l'attività ospedaliera, partendo dal triage (cioè l'accoglienza). Soprattutto per quanto riguarda le terapie intensive non si seguirebbe più il criterio del "primo che arriva alloggia", ma entrerebbero in gioco - come detto - altri criteri, primo tra tutti l'età.
La medicina delle grandi emergenze... e quella simulazione del 2016
Entrerebbe in gioco dunque la cosiddetta medicina delle grandi emergenze e delle catastrofi. Ma cosa si intende per emergenze e catastrofi? Questa la definizione da protocollo:
"Un evento che può interessare una vasta estensione territoriale e strutture di soccorso e di assistenza, che determina un’inadeguatezza tra i bisogni delle vittime e i soccorsi, che coinvolge un grandissimo numero di persone e un elevato numero di vittime e che può avere un’estensione temporale importante, maggiore di 24 ore".
... e quella simulazione del 2016
Una situazione che ben si adatta all'attuale e che ricalca curiosamente una simulazione, da titolo "Ethical Issues in Disaster Medicine", all’interno di Disaster Medicine, uno dei manuali di riferimento della medicina delle grandi emergenze, risalente al 2016. In quel caso si prendeva in esame un’ipotetica pandemia respiratoria che colpisse negli Stati Uniti un numero di persone molto maggiore rispetto alla disponibilità di sistemi di respirazione assistita. Nelle previsioni (si comparava la malattia all'influenza spagnola del 1918) i respiratori necessari erano più del doppio rispetto alla disponibilità americana (e la situazione sarebbe stata ancora peggiore in Paesi più poveri).
In Italia a ipotizzare uno scenario del genere è stata invece la Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti), nel documento sulle "Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili". Un breve testo - che non aveva mancato di suscitare polemiche - pubblicato lo scorso anno e dedicato proprio alla pandemia da Covid, che parlava di rivedere i criteri di ammissione alle Terapie intensive in caso di situazioni particolarmente critiche.
QUI IL DOCUMENTO INTEGRALE DEL SIAARTI
Una situazione che al momento è lontana, ma che non vorremmo certamente trovarci a vivere...