Oggi, 21 novembre 2025, in occasione della Giornata Mondiale della Televisione, riflettiamo su un fenomeno che appare in continuo mutamento. Il concetto di “sedersi a guardare la TV” diventa ogni anno più astratto: sempre meno famiglie si riuniscono attorno a un unico schermo, preferendo la fruizione on-demand e lo streaming su computer, tablet e smartphone.

Siamo ormai nell’era della televisione senza televisore, in cui la flessibilità e la personalizzazione dei contenuti ridefiniscono il rapporto tra spettatore e programma.
Eppure, la televisione tradizionale non è scomparsa. Lo conferma il circuito Netweek, con il suo canale nazionale 61 e i 14 canali regionali, che continuano a registrare un pubblico fedele.
In Italia, la TV resta una fonte primaria di informazione e intrattenimento: nonostante la crescita delle piattaforme digitali, eventi televisivi di grande richiamo, come il Festival di Sanremo, continuano a catturare l’attenzione e a generare conversazioni sui social. La media di visione giornaliera si attesta sulle tre ore e ventiquattro minuti, tra le più alte in Europa, segno che il pubblico italiano rimane tra i più affezionati.
La tv cambia ma resiste
Il panorama della fruizione televisiva si è profondamente trasformato. Non esiste più soltanto il televisore: Auditel ha introdotto la Total Audience, un sistema di rilevazione che include le visioni su pc, smartphone, tablet e, da quest’anno, anche i contenuti video on-demand (VOD). Questo ha messo in luce dinamiche prima invisibili: il 40% delle visioni da dispositivi digitali riguarda persone sotto i 45 anni, mentre la quota di spettatori “solo TV” under 45 scende al 23%.
La Total Audience non rappresenta dunque solo una nuova metrica, ma un vero cambiamento culturale, capace di raccontare la televisione come contenitore fluido e adattabile alle esigenze di un pubblico sempre più frammentato e multidevice.
Da Manzi al territorio
La storia della televisione italiana inizia ufficialmente il 3 gennaio 1954, con l’avvio delle trasmissioni della Rai. Negli anni ’50 e ’60, la TV, inizialmente in bianco e nero, ha avuto un ruolo fondamentale nell’unificazione linguistica e culturale del paese, entrando in quasi tutte le famiglie italiane.
Un esempio emblematico è il lavoro di Maestro Alberto Manzi con la trasmissione “Non è mai troppo tardi”, andata in onda dal 1960 al 1968. Questo corso di alfabetizzazione per adulti ha permesso a quasi un milione e mezzo di italiani di ottenere la licenza elementare, diventando un modello replicato in 72 Paesi. Manzi considerava la televisione uno strumento educativo potente, in grado di stimolare intelligenza e creatività, a condizione che fosse usata in maniera attiva e non passiva.
L’evoluzione
L’evoluzione della TV italiana decennio per decennio è segnata da tappe fondamentali. Negli anni ’50, il monopolio statale della Rai consolidava la televisione pubblica come mezzo di unificazione culturale, con televisori ingombranti e schermi in bianco e nero.
Negli anni ’60 l’Europa avviava la diffusione della TV a colori, mentre in Italia il passaggio ufficiale avverrà solo negli anni ’70, insieme alla nascita delle prime emittenti locali e della TV commerciale con Canale 5, nato dalla trasformazione di Telemilano 58.
Negli anni ’80, il panorama televisivo si arricchisce di nuove possibilità: nascono le terze reti nazionali e regionali, si diffonde il Televideo, la sottotitolazione per non udenti e il sistema Auditel per la rilevazione degli ascolti. Il decennio vede anche l’ingresso della Rai sul web, con il sito ufficiale www.rai.it , aprendo la strada alla presenza online delle emittenti.
Negli anni ’90 si assiste all’alba del digitale terrestre: la Rai sperimenta canali digitali via satellite, compaiono i primi televisori al plasma e nascono i primi canali tematici digitali. I primi anni 2000 sanciscono la diffusione del digitale terrestre, con Mediaset e Rai in prima fila, mentre SKY Italia introduce l’alta definizione (HD) e vengono avviate sperimentazioni di TV mobile basata sullo standard DVB-H. Negli anni 2010 la televisione si sposta ulteriormente verso lo streaming e le piattaforme on-demand, dando al pubblico la possibilità di fruire dei contenuti secondo tempi e modalità sempre più personalizzate.
Il radicamento delle emittenti locali
In questo panorama ricco e complesso, le televisioni locali continuano a svolgere un ruolo centrale. Nonostante la concorrenza di piattaforme nazionali e internazionali, le emittenti regionali resistono grazie alla capacità di raccontare il territorio con un linguaggio diretto e immediato.

Raccontano storie, eventi e problemi che difficilmente trovano spazio nei palinsesti nazionali, costruendo un rapporto quotidiano con il pubblico e diventando un vero presidio culturale. Le redazioni locali, radicate sul territorio, offrono un’informazione su misura, valorizzando tradizioni, realtà produttive, eventi e identità culturali locali, rendendo la TV non solo un mezzo di comunicazione, ma anche un punto di riferimento sociale.
La televisione, dunque, non muore: cambia pelle, si trasforma e si adatta a nuove tecnologie e abitudini. Dal tubo catodico ai dispositivi portatili, dal bianco e nero al digitale e allo streaming, la TV continua a essere un contenitore di storie, informazioni e intrattenimento.