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Giornata della memoria: da Primo Levi ad Anna Frank, da Edith Bruck a Liliana Segre. Le opere che hanno raccontato l'Olocausto

"Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare"

Giornata della memoria: da Primo Levi ad Anna Frank, da Edith Bruck a Liliana Segre. Le opere che hanno raccontato l'Olocausto
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Oggi, lunedì 27 gennaio 2025, ricorre l'ottantesima Giornata della Memoria. Proprio nelle scorse ore, la sopravvissuta all'Olocausto e senatrice a Vita, Liliana Segre, aveva ipotizzato il rischio che un giorno la Shoah venga completamente dimenticata, "e sia ridotta ad una frase nei libri di storia".

Uno dei migliori antidoti sono le opere, pressoché immortali, consegnate al patrimonio culturale internazionale. Dalla tragedia di Anna Frank, a Primo Levi, senza dimenticare le superstiti Bruck e Segre.

La produzione culturale inerente l'Olocausto è sterminata. Vi sono, però, alcune opere divenute veri e propri monumenti della Memoria.

Il Diario di Anna Frank

In primis il sempre attuale (e doloroso) Diario di Anna Frank. Raccolta in volume degli scritti, in forma di diario e in lingua olandese, di Anna Frank (1929-1945), una ragazza ebrea nata a Francoforte e rifugiata con la famiglia ad Amsterdam, costretta nel 1942 a entrare nella clandestinità insieme alla famiglia per sfuggire alle persecuzioni e ai campi di sterminio nazisti.

Nel suo diario Anna Frank parla delle angosce, delle illusioni, dei sogni, della speranza, della distribuzione del cibo, dei turni in bagno, del cibo che non arriva, delle malattie temute e dello svolgimento della guerra. L'ultima annotazione porta la data del 1º agosto 1944; il 4 agosto l'alloggio segreto verrà scoperto e tutti i suoi abitanti saranno arrestati. La piccola morì nel 1945 nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, a causa del tifo.

Diario di Anna Frank

Nel 2009 l'UNESCO ha inserito il Diario di Anna Frank nell'Elenco delle Memorie del mondo.

Se questo è un uomo

"Nell’odio nazista non c’è razionalità: è un odio che non è in noi, è fuori dell’uomo, è un frutto velenoso nato dal tronco funesto del fascismo, ma è fuori ed oltre il fascismo stesso. Non possiamo capirlo; ma possiamo e dobbiamo capire di dove nasce, e stare in guardia. Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre".

Primo Levi scrisse le memorie della sua esperienza, che poi divennero il suo romanzo d’esordio "Se questo è un uomo", poco dopo il rientro dal lager. Un classico della letteratura.

Partigiano antifascista, il 13 dicembre 1943 fu arrestato dai fascisti, inviato in un campo di raccolta e, nel febbraio 1944, deportato nel campo di concentramento di Auschwitz in quanto ebreo. Scampato alla morte nel lager, tornò in Italia, dove si dedicò con impegno al compito di raccontare le atrocità viste e subite dai prigionieri. Morì nel 1987, la sua morte fu classificata come un suicidio.

 

 

Primo Levi

Bruck e Segre

Tramandare la memoria è un dovere morale e una terapia”. Ad affermarlo è Edith Bruck, la scrittrice ungherese, poetessa e prigioniera ad Auschwitz.

“Provo dolore e indignazione per ciò che mi è accaduto  ma non odio-ha aggiunto- l'odio avvelena per prima chi lo prova”.

La 93enne, ancora in vita, continua a tenere viva la memoria. Straziante una poesia, dedicata alla madre, uccisa nei campi di sterminio:

Quel pensiero di seppellirti
te l’hanno tolto con almeno trent’anni di anticipo!
Abbiamo avuto una lunga festa d’addio
nei vagoni stivati dove si pregava dove si facevano
i bisogni in fila dentro un secchio
che non profumava del tuo lillà di maggio
e anche il mio Dio Sole ha chiuso gli occhi
in quel luogo di arrivo il cui nome
oggi irrita le coscienze, dove io e te
rimaste sole dopo una selezione
mi desti la prova d’amore
sfidando i colpi di una belva umana
anche tu madre leonessa a carponi
per supplicare iddio maligno di lasciarti almeno l’ultima
la più piccola dei tuoi tanti figli.
Senza sapere la tua e la mia destinazione
per troppo amore volevi la mia morte
come la tua sotto la doccia
da cui usciva un coro di topi
chiusi in trappola.
Hai pensato alla tua piccola con quel frammento
di coscienza risvegliata dal colpo
del portoncino di ferro
con te dentro mio pane amato mio pane bruciato!
O prima ancora
sapone paralume concime
nelle mani parsimoniose di cittadini
che amano i cani i poeti la musica
la buona letteratura e hanno nostalgia
dei familiari lontani.

In queste righe rivive tutta l'atrocità dell'Olocausto.

Chiude la lista dei "capisaldi" per non dimenticare, il recente film "Liliana" dedicato alla vita della superstite Liliana Segre, attivista e politica italiana.

Nel gennaio 1944, fu arrestata e deportata al campo di concentramento di Auschwitz, dal quale fece ritorno alla fine della seconda guerra mondiale. Dopo un lungo periodo di riflessione e silenzio, negli anni novanta iniziò a raccontare pubblicamente la propria esperienza, impegnandosi per sensibilizzare le nuove generazioni contro il razzismo e l'indifferenza.

Presentato alla Festa del Cinema di Roma nel 2024 (Special Screening), Liliana di Ruggero Gabbai è un ritratto completo e ampiamente autorizzato, in cui si alternano tre piani temporali di racconto: gli anni delle leggi razziali, la Seconda guerra e i campi di concentramento; il momento in cui per la prima volta Segre decide di parlare di quell'esperienza, negli anni Novanta; e infine il presente, in cui la senatrice a vita si racconta.

A dimostrazione di quanto il passato, drammaticamente, ritorni: proprio in occasione dell'uscita del film, sul web si sono moltiplicati insulti di stampo antisemita all'indirizzo della 94enne. 

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