sentenza storica

Figli di coppie lesbiche: la Consulta apre al riconoscimento del bimbo per entrambe le madri

È incostituzionale impedire alla madre intenzionale di essere riconosciuta come genitore del figlio nato in Italia da procreazione medicalmente assistita effettuata all’estero in modo legittimo

Figli di coppie lesbiche: la Consulta apre al riconoscimento del bimbo per entrambe le madri
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Con una sentenza depositata il 22 maggio 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 8 della Legge 40/2004, nella parte in cui non consente il riconoscimento, anche per la madre intenzionale, del figlio nato in Italia a seguito di una procreazione medicalmente assistita (PMA) effettuata all’estero, secondo le leggi vigenti in quel Paese.

La Corte ha affermato che, se due donne decidono consapevolmente di ricorrere a una tecnica di PMA in un altro Stato dove la pratica è legale, e una delle due partorisce il bambino, anche l’altra – detta madre intenzionale – ha diritto al riconoscimento della genitorialità sin dalla nascita del figlio, a patto che abbia prestato il consenso preventivo alla procedura e all’assunzione della responsabilità genitoriale.

I principi violati secondo la Consulta

I giudici costituzionali hanno ritenuto che l’attuale normativa italiana, che esclude la madre intenzionale dallo stato di genitore, violi diversi principi fondamentali della Costituzione:

  • Articolo 2: perché compromette l’identità personale del minore, che ha diritto a un’identità giuridica chiara e definita fin dalla nascita.
  • Articolo 3: per l’irragionevolezza della norma, che discrimina senza una valida giustificazione costituzionale.
  • Articolo 30: poiché lede i diritti del bambino a essere mantenuto, educato, istruito e assistito da entrambi i genitori che hanno voluto la sua nascita.
Figli di coppie lesbiche: la Consulta apre al doppio riconoscimento alla nascita
Famiglie Arcobaleno

Le basi della sentenza: responsabilità condivisa e interesse del minore

Secondo la Corte, la dichiarazione di incostituzionalità si fonda su due aspetti centrali: la responsabilità comune che nasce nel momento in cui due persone scelgono insieme di diventare genitori attraverso la PMA. Una volta espresso questo consenso, nessuno dei due può sottrarsi all’assunzione di responsabilità, neppure la madre intenzionale, che non è la partoriente ma ha partecipato attivamente al progetto genitoriale.

Il superiore interesse del minore, che deve poter godere dei diritti e delle tutele derivanti dal riconoscimento di entrambi i genitori. Escludere la madre intenzionale lo priva della possibilità di ricevere cura, educazione e assistenza da entrambe le figure genitoriali, compromettendo anche i legami familiari con i parenti della madre intenzionale.

Figli di coppie lesbiche: la Consulta apre al doppio riconoscimento alla nascita
Famiglie arcobaleno, Padova

La vicenda di Lucca e la mancata azione del legislatore

La questione è stata sollevata dal Tribunale di Lucca, che ha evidenziato come l’attuale quadro normativo presenti gravi lacune. Il caso specifico riguardava una coppia di donne che aveva ottenuto la nascita del figlio tramite PMA all’estero. Il minore era stato registrato all’anagrafe con il doppio cognome di entrambe le madri, ma successivamente la Procura di Lucca aveva chiesto la rettifica dell’atto di nascita, sostenendo l’illegittimità del riconoscimento alla madre intenzionale.

Il tribunale lucchese ha evidenziato come, in assenza di una normativa chiara, gli ufficiali di stato civile nei Comuni abbiano adottato prassi discordanti: alcuni riconoscendo entrambe le madri, altri solo quella biologica, creando un’incertezza giuridica e una disuguaglianza di trattamento.

La Corte costituzionale era già intervenuta sul tema nel 2021, sollecitando il Parlamento a intervenire e colmare il vuoto normativo. Tuttavia, l’inerzia legislativa è continuata, costringendo di nuovo i giudici a pronunciarsi.

Il ruolo delle istituzioni coinvolte

Nel giudizio davanti alla Consulta, il Ministero dell’Interno ha sostenuto che l’atto di nascita non costituisce uno “status” giuridico, ma ha solo funzione dichiarativa. Inoltre, ha evidenziato come non vi fosse alcun legame genetico tra il bambino e la madre intenzionale, e che la PMA eterologa, effettuata volontariamente all’estero, non rientrasse nei casi ammessi in Italia (cioè infertilità assoluta o malattie gravi).

Di diverso avviso il Comune di Lucca, che ha difeso la propria scelta di registrare il bambino con entrambi i cognomi, ritenendo che tale scelta fosse conforme al principio dell’interesse superiore del minore e non in contrasto con l’ordine pubblico.

La sentenza della Corte costituzionale apre la strada al riconoscimento della genitorialità piena anche per la madre intenzionale nelle coppie omogenitoriali. Stabilisce un principio fondamentale: quando due persone, anche dello stesso sesso, scelgono consapevolmente e responsabilmente di avere un figlio tramite PMA, entrambe devono essere riconosciute come genitori.

Si tratta di un punto di svolta giuridico e culturale, che impone al legislatore italiano di intervenire con urgenza per garantire diritti certi e uguali a tutti i bambini, indipendentemente dalla modalità con cui sono venuti al mondo o dalla composizione della loro famiglia.

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