Educare al “NO”, una lezione da insegnare anche ai ragazzi
L’amore non è possesso e la libertà dell’altro non è una minaccia

Dopo la morte di Martina Carbonaro, 14 anni, uccisa dall’ex fidanzato, fermarsi a riflettere non è solo necessario, è urgente.
Cosa non ha funzionato? Ma soprattutto chi non abbiamo educato?
Educare al “NO”
Alle ragazze stiamo insegnando il valore del consenso, il coraggio del “no”, il diritto di andarsene. Ma ai ragazzi, chi insegna ad accettare un limite?
A comprendere che un “no” non è un’umiliazione, ma una scelta da rispettare? Nel mio lavoro di Mental Coach con adolescenti vedo ragazze che lavorano su sé stesse, ma anche ragazzi pieni di rabbia silenziosa, incapaci di gestire il rifiuto, che si sentono “meno” se una relazione finisce, come se perdere qualcuno significasse perdere sé stessi.
Troppo spesso chiediamo loro di resistere, reagire, essere forti, ma nessuno insegna che anche fermarsi è forza, che accettare un “no” è maturità.
Il coaching lavora proprio qui, aiuta i ragazzi a riconoscere le emozioni, a dare un nome alla rabbia, alla delusione e li accompagna nella costruzione di un’identità che non si sgretola davanti a un limite. Non basta dire alle ragazze “difenditi”, dobbiamo anche dire ai ragazzi “rispetta”.
L’amore non è possesso e la libertà dell’altro non è una minaccia. Per un cambiamento vero dobbiamo educare anche al “NO” e farlo insieme.
Vassiliki Tziveli

Vassiliki Tziveli è giornalista e mental coach: a partire da questa settimana, curerà una rubrica fissa su tutti i 51 settimanali del gruppo editoriale Netweek (oltre 400mila copie settimanali in 4 regioni italiane: Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia e Liguria).