il dubbio

E se il paziente zero fosse un cinese ricoverato a Bergamo a gennaio 2020?

In una cartella clinica dell'ospedale di Seriate si fa riferimento a un paziente ricoverato con polmonite riconducibile al Covid. Non risulta però un tampone.

E se il paziente zero fosse un cinese ricoverato a Bergamo a gennaio 2020?
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Una cartella clinica potrebbe riscrivere la storia del Covid in Italia e nella Bergamasca, la zona più colpita nella prima ondata. Almeno per quel che riguarda i suoi aspetti temporali. Secondo il documento, abbandonata da un  anonimo nella cassetta della posta dello studio dell’avvocato Consuelo Locati (a capo del pool di legali impegnati nella causa civile dei familiari delle vittime del Covid contro Governo e Regione) il cosiddetto “paziente zero” risalirebbe a circa un mese prima del 23 febbraio 2020, quando si ammalò Mattia, il podista di Codogno.

Il giallo del paziente zero

Secondo quanto racconta Prima Bergamo, il possibile nuovo paziente zero sarebbe un cinese di 54 anni, residente tra Alzano Lombardo e Nembro, ricoverato all’ospedale Bolognini di Seriate il 26 gennaio 2020 con tosse e dispnea, sintomi riconducibili al Covid. Ben prima quindi della chiusura-riapertura del pronto soccorso dell’ospedale di Alzano Lombardo, o dell’arrivo dei Carabinieri per la creazione di una zona rossa in Val Seriana. La Tac segnalava una polmonite con caratteristiche simili al Covid, ma dalla cartella non risulta sia mai stato eseguito un tampone (d'altronde all'inizio nessuno li faceva).

Locati è stata sentita dai Carabinieri come persona informata sui fatti nell’ambito dell’inchiesta della procura di Bergamo, per raccogliere qualche elemento in più sul possibile mittente. L’Asst Bergamo Est (che ha in capo l’ospedale di Seriate) ha sporto querela per capire come un documento sensibile possa essere uscito dall’ospedale. E chi può averlo portato all’esterno.

Tante domande irrisolte soprattutto nella Bergamasca

Tra le domande alle quali sta cercando di trovare una risposta la Procura vi è anche quella relativa a quante vittime si sarebbero evitare con una zona rossa in Val Seriana. L’ex generale dell’Esercito Pier Paolo Lunelli, che collabora con il pool di avvocati, ha calcolato una stima partendo da uno studio del virologo Andrea Crisanti sui casi di Vo’ Euganeo dove il 27 febbraio era infettato il 3 per cento della popolazione e la letalità per gli over65 era del 25 per cento. Proiettando le cifre sulla Val Seriana fa 3.000 contagiati: con la zona rossa a quella data i morti tra gli over65 sarebbero stati 61. Se si fosse chiusa il 3 marzo allora i morti sarebbero stati 184.

 

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