Un anno dopo la pubblicazione del suo rapporto sulla competitività europea, Mario Draghi è tornato a Bruxelles, accolto da Ursula von der Leyen al palazzo Charlemagne.
There can be no business as usual.
We need to get it all done ↓ pic.twitter.com/d8flhmYPBF
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 16, 2025
Il suo intervento, tutt’altro che celebrativo, si è trasformato in una dura lezione all’Europa: Stati membri troppo divisi, istituzioni troppo caute, e un continente sempre più in ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina.
E ha messo nel mirino anche le regole europee per la transizione verde nell’automotive, invitando a un approccio più flessibile e realistico.
Draghi bacchetta l’Europa che rischia di restare indietro
L’ex presidente della BCE ha parlato di sfide “ancora più acute” e di un divario crescente con i grandi rivali globali. Da un lato gli Usa, con dazi mai così alti dai tempi della Grande Depressione, dall’altro la Cina, che continua a inondare i mercati europei e il cui surplus commerciale con l’Ue è cresciuto del 20% in pochi mesi.
L’ex presidente Bce ha ricordato che la stima di 800 miliardi l’anno di investimenti aggiuntivi, indicata nel suo rapporto, era “conservativa”. Ora la Bce parla di quasi 1.200 miliardi annui fino al 2031, con un peso crescente a carico dei bilanci pubblici, già sotto pressione.
“Un anno dopo – ha ammonito – l’Europa si trova in una posizione più difficile: il nostro modello di crescita si sta afflosciando e non abbiamo un percorso chiaro per finanziare gli investimenti necessari”.
La sfida green: auto elettriche e transizione pragmatica
La parte più dura del discorso ha riguardato la mobilità sostenibile. Draghi ha messo in dubbio le attuali regole Ue che prevedono lo stop alla vendita di auto a motore endotermico entro il 2035:
“Si basano su assunzioni che non tengono più”, ha osservato.
Secondo l’ex presidente Bce, la transizione verso le zero emissioni deve essere tecnologicamente neutra e adattarsi ai progressi reali di mercato. Ha ricordato che la rete di ricarica dovrebbe accelerare di 4-5 volte nei prossimi cinque anni, ma oggi i punti disponibili non bastano. I modelli elettrici restano costosi e l’innovazione europea non ha colmato il divario con i concorrenti. Le catene di approvvigionamento – batterie e semiconduttori in primis – sono frammentate e dipendenti dall’estero.
Il rischio, ha detto Draghi, è che regole rigide e obiettivi poco realistici facciano deragliare la transizione e danneggino un settore che occupa oltre 13 milioni di persone in Europa.
“Serve pragmatismo e flessibilità, non dogmatismo”, ha avvertito.
Nei mesi scorsi, l’ex premier aveva preso le difese del Green Deal, considerato fondamentale per rilanciare la competitività europea. Ma aveva anche invitato le istituzioni europee a rimettere mano a quei provvedimenti che si sono rivelati troppo ambiziosi o inefficaci, a partire proprio dal settore automobilistico.
“La scadenza del 2035 per le emissioni zero allo scarico era stata concepita per innescare un circolo virtuoso – ha sottolineato Mario Drahi – obiettivi chiari avrebbero spinto gli investimenti nelle infrastrutture di ricarica, fatto crescere il mercato interno, stimolato l’innovazione e reso i modelli elettrici più economici. Si prevedeva che batterie, microchip si sviluppassero parallelamente. Ma ciò non è avvenuto”.
La discussione a Bruxelles si concentra ora anche sulla possibilità di un’“auto elettrica europea” a prezzi accessibili (circa 15mila euro), ma restano dubbi sui tempi, sulla produzione delle batterie ancora in gran parte cinese e sulla capacità delle startup di crescere in un mercato frammentato.
Innovazione, energia e sovranità
Draghi ha ampliato la critica ad altri settori chiave. Sull’intelligenza artificiale, ha ricordato che l’Europa ha sviluppato solo 3 grandi modelli fondativi contro i 40 degli Stati Uniti e i 15 della Cina.
Sull’energia, ha denunciato il divario nei costi: il gas in Europa costa quattro volte più che negli Usa e l’elettricità il doppio. Senza interventi strutturali – ha avvertito – la transizione tecnologica e industriale rischia lo stallo.
Ha quindi sollecitato più coordinamento sugli aiuti di Stato, un uso strategico degli appalti pubblici e una politica di concorrenza che favorisca fusioni in settori strategici come la difesa. E se i trattati richiedono tempi lunghi, si deve procedere con cooperazioni rafforzate e persino con emissioni di debito comune per progetti comuni.
Il monito finale
“Non possiamo dormire sugli allori”, ha concluso Draghi, chiedendo “una nuova velocità, una nuova intensità e risultati concreti entro mesi, non anni”. I cittadini europei – ha ammonito – vogliono leader capaci di guardare oltre le scadenze elettorali, verso il destino comune del continente.
“Grazie Mario”
Dopo il suo intervento, Ursula von der Leyen ha preso la parola per ringraziarlo pubblicamente. Ha ricordato quando lo chiamò due anni fa per affidargli la missione del rapporto sulla competitività:
“Non volevi scrivere un altro documento accademico, ma una vera tabella di marcia per l’azione. Ed era esattamente ciò che cercavamo”.
One year ago, Mario Draghi presented his report on competitiveness.
The first act of the new Commission was to translate it into policies and actions.
This is the urgency mindset we promised ↓
https://t.co/4G64HFxMKG— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 16, 2025
E ancora:
“Tu e la tua squadra – ha detto – avete analizzato punti di forza e debolezze dell’Europa. E da allora tutta l’Europa si è rivolta a te. Per il tuo rigore, la tua visione e il tuo servizio all’Europa: grazie Mario”, ha concluso in italiano la presidente della Commissione, strappando un applauso alla platea.
In Italia, fra i primi a commentare il monito di Draghi, è l’ex sindaco di Bergamo, attualmente parlamentare europeo in quota dem, Giorgio Gori:
“A un anno dal suo “Rapporto sulla competitività dell’Ue Mario Draghi non fa sconti: la situazione è ancora più difficile e le misure adottate fin qui non sono adeguate, tantomeno gli investimenti. E affronta il nodo politico: a 27 non si riesce a decidere, la strada è la cooperazione rafforzata tra i Paesi favorevoli a debito comune e rinuncia a potere di veto. Il punto è capire chi è pronto a farne parte, a partire dall’Italia”.
A un anno dal suo “Rapporto sulla competitività dell’#Ue” Mario #Draghi non fa sconti: la situazione è ancora più difficile e le misure adottate fin qui non sono adeguate, tantomeno gli investimenti.
E affronta il nodo politico: a 27 non si riesce a decidere, la strada è la… pic.twitter.com/kPXnqy2m77— Giorgio Gori (@giorgio_gori) September 16, 2025
In lode all’analisi dell’ex Presidente del Consiglio, anche Italia Viva. Il partito di Matteo Renzi sposa la linea dell’ex numero uno della BCE:
“Mario Draghi ha ancora una volta indicato con chiarezza qual è la strada da percorrere per non perdere competitività rispetto al resto del mondo: innovare, semplificare, competere. Il futuro del nostro Paese dipende da questo, è ora che a Palazzo Chigi si prenda esempio”.
Mario Draghi ha ancora una volta indicato con chiarezza qual è la strada da percorrere per non perdere competitività rispetto al resto del mondo: innovare, semplificare, competere.
Il futuro del nostro Paese dipende da questo, è ora che a Palazzo Chigi si prenda esempio. pic.twitter.com/2GzegiDti6— Italia Viva (@ItaliaViva) September 16, 2025