Diagnosi sbagliate: muore in vacanza per un mal di pancia, vinta da tumore risarcita per 950mila euro
In un caso un'occlusione intestinale non è stata riconosciuta, nell'altro il cancro al seno è stato giudicato benigno, ma non lo era
Due emblematici casi di malasanità, uno dalla Sicilia (ma con protagonista una donna lombarda), l'altro dalla Toscana.
Occlusione intestinale scambiata per un mal di pancia
Francesca Colombo, 62enne di Legnano, in provincia di Milano, Lombardia, è deceduta sabato scorso all’ospedale “Barone Romeo” di Patti, in provincia di Messina, Sicilia, dove si trovava in vacanza.
Come racconta Prima Milano Ovest, sulla vicenda la Procura della Repubblica di Patti ha aperto un fascicolo contro ignoti. Il marito Giuseppe Balletta chiede che venga fatta piena luce su una morte tanto improvvisa.
Mercoledì 7 agosto 2024 l’aveva accompagnata al Pronto soccorso dell’ospedale Barone-Romeo con un forte mal di pancia. La donna era stata visitata ma presto dimessa, col consiglio di ritornare se i dolori al torace e il senso di nausea si fossero ripresentati.
Così è stato il venerdì dopo, quando la donna era stata ricoverata nuovamente in ospedale. Visto il peggiorare della situazione sabato 10 agosto i medici avevano deciso un intervento chirurgico d’urgenza per un’occlusione intestinale. Purtroppo non è stato sufficiente per salvare la donna, che lascia così il consorte ed un figlio, Francesco, di 19 anni.
"Il tumore è benigno", invece partono le metastasi
A Firenze invece una 40enne ha perso la vita dieci anni fa per una diagnosi sbagliata e ora l’Asl Toscana centro è stata condannata a risarcire i familiari con 950 mila euro, più interessi.
Nel 2014 la donna di Empoli va in visita in un ambulatorio specialistico dell’Asl nella vicina Fucecchio per un piccolo nodulo al seno. Il medico dopo averla visitata le fa l’agoaspirato, inviando il campione al laboratorio per farlo analizzare. E proprio qui, stando al resoconto processuale, qualcosa non funziona.
Come spiega Prima Firenze, il laboratorio, infatti, etichetta il vetrino-campione col tessuto del nodulo della donna con il riferimento a una formazione benigna, quando invece si trattava di una "possibile malignità delle cellule".
In questo caso sarebbero serviti ulteriori e più approfonditi esami per dare certezza della natura del tumore. Invece l’oncologo dimette la donna tranquillizzandola sulla natura benigna del nodulo.
Il videoservizio di Italia7, televisione del nostro gruppo editoriale Netweek:
Ma la realtà è ben diversa. Dopo 15 mesi la donna si aggrava e solo allora i medici dello stesso ambulatorio si rendono conto che il tumore è di origine maligna e che nel frattempo si è sviluppato con metastasi. La paziente inizia comunque le cure del caso, ma è troppo tardi.
È lei stessa a far partire la causa contro l’ambulatorio dell’Asl per chiedere il risarcimento dei danni, perché è evidente che qualcosa è andato storto. Ma muore a 40 anni, a processo ancora in corso.
A quel punto è il marito che riassume la causa, anche per conto delle due figlie minorenni.
"Sentirsi dire tua madre non c'è più per una diagnosi sbagliata da parte di alcuni medici mi ha distrutta totalmente. ha distrutto tutti noi" dice la figlia Alessia.
"Dopo l'agospirato la situazione pareva tranquilla: sembrava che mia mamma non avesse niente, invece non era così perché dopo 15 mesi le fu diagnosticato un carcinoma mammario andato in metastati".
"Spero che lei ci guardi da lassù, che ne sei felice e che dopo questa causa la faccia stare in pace" le fa eco la sorella Monica Amato
Il giudice del Tribunale fiorentino, Barbara Fabbrini, dopo aver ascoltato le testimonianze, raccolto la documentazione e disposto una perizia medico legale, pronuncia la sentenza di condanna nei confronti dell’Asl:
"L’errore medico, a seguito di una diagnosi citologica sbagliata, ha comportato una riduzione della probabilità di sopravvivenza della signora di oltre il 70%, ed ha perciò inciso in maniera ragguardevole sul bene vita, ponendosi in diretta correlazione causale con la morte".