Da angeli del Covid a precari: a fine dicembre molti rischiano di essere senza lavoro
Sindacati sul piede di guerra e mobilitazioni in tutte le Regioni per i sanitari che alla fine dell'emergenza Covid rischiano di trovarsi in strada.
Prima erano "gli angeli del Covid" - portati in trionfo dall'opinione pubblica - poi sono stati oggetto di insulti e minacce da parte dei no Vax, oggi sono semplicemente fantasmi. Questa la parabola dei precari del Covid, ovvero tutti quegli operatori sociosanitari (dai medici agli infermieri passando per gli oss) che, il 31 dicembre 2022, con lo stop dello stato emergenziale legato alla pandemia - e con esso ad alcune norme derivanti dai vari decreti emanati durante l’ultimo triennio, incluse le facoltà assunzionali straordinarie che hanno tenuto a galla il Sistema sanitario nazionale - rischiano di non vedersi stabilizzati. Dopo essere stati in trincea per anni, soprattutto all'inizio, quando si brancolava nel buio e il virus uccideva senza pietà anche persone giovani e sane, adesso lo scenario più plausibile è quello di trovarsi per strada.
Da Nord a Sud questa categoria sta facendo sentire la propria voce mediante mobilitazioni sindacali, ma - stando agli investimenti che la Manovra del Governo Meloni intende dedicare alla sanità - la coperta è corta.
Da angeli a precari del Covid
Le Regioni si mobilitano e fanno sentire la propria voce. In Sicilia nasce il comitato: "In Sicilia discriminati, in tremila a rischio".
"Abbiamo scritto all’assessore regionale alla Salute Giovanna Volo, chiedendo di operare al più presto una profonda rivisitazione dei parametri relativi al fabbisogno degli operatori sanitari nel loro insieme e, nelle more, di prorogare tutti i precari della sanità siciliana. Altrimenti sarà un disastro".
Così il segretario regionale Cimo (Confederazione italiana medici ospedalieri) Giuseppe Bonsignore e il presidente regionale della Federazione Cimo-Fesmed (Federazione sindacale medici dirigenti) Riccardo Spampinato.
"Il 31 dicembre prossimo termina lo stato emergenziale legato alla pandemia Covid e con esso alcune norme derivanti dai vari decreti emanati durante l’ultimo triennio, incluse le facoltà assunzionali straordinarie che hanno tenuto a galla il Sistema sanitario nazionale. In Sicilia gli ospedali pubblici rischiano grosso. Solo una parte del personale precario sarà stabilizzabile, perché in molti hanno un rapporto di lavoro flessibile che non rientra tra i requisiti previsti dalla norma di legge per poter accedere alla stabilizzazione. Verosimilmente i contratti precari che occupano posti vacanti nelle dotazioni organiche saranno comunque prorogati, ma non c’è certezza e, come sempre, bisognerà allungare il collo e attendere, trepidanti, che si avvicini la fine dell’anno".
Da tempo anche Confintesa Sanità ha scritto in merito alla situazione dei precari della sanità assunti per l'emergenza Covid:
"Si avvicina il 31 dicembre, data ultima per il rinnovo contrattuale di questi lavoratori precari, il danno, come siamo soliti dire, non sarebbe soltanto per questi lavoratori e per le loro famiglie, ma anche e soprattutto per le strutture sanitarie in cui lavorano e per l’utenza che servono, visto che il loro numero è inferiore a quello che dovrebbe essere previsto dalle piante organiche delle varie strutture in cui prestano servizio". Così Domenico Amato, segretario regionale Confintesa Sanità Sicilia.
Stessa rabbia anche per i quasi 200 dipendenti di Marche Nord e Area Vasta 1 (infermieri, operatori socio-sanitari, tecnici di laboratorio, tecnici di radiologia, logopedisti e audiometristi ) che alla fine dell’anno rischiano di non avere più il posto di lavoro:
"La riduzione del personale non solo avrà conseguenze sulle famiglie coinvolte ma su tutti i cittadini perché avrà riflessi sull’assistenza ai pazienti, determinerà la contrazione dei servizi sanitari con accorpamenti dei reparti (area medica e chirurgica) e un ulteriore aumento delle liste di attesa".
Dopo Urbino e Pesaro, nuove mobilitazione dei sindacati per sollecitare "un incontro con la Regione Marche" e ottenere "la proroga fino a 36 mesi dei contratti in scadenza di tutte quelle figure che lavorano a tempo determinato nelle aziende sanitarie della provincia".
Cosa aspettarsi dal Governo Meloni?
Le associazioni mediche sono sul piede di guerra dopo che, nella presentazione della bozza di Manovra del Governo Meloni, la legge di bilancio prevede per il 2023 solamente due miliardi in più da destinare al fabbisogno sanitario standard. Fondi ritenuti insufficienti da sindacati, ordini dei medici, esperti e anche dalle Regioni considerando che l'aumento dell’inflazione si mangerà tutto l’incremento, portando nella pratica a un taglio dei soldi destinati alla sanità.
L’allarme, rilanciato anche da Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), ci sarà una fuga dagli ospedali:
“Si rischia l’emorragia di molti medici che andranno via dal Ssn attratti dal prepensionamento, dalle offerte dall’estero e dal privato“.
Un rischio enorme, perché la sanità italiana già soffre una carenza di personale e perché la riforma da 7,1 miliardi prevista dal Pnrr avrà bisogno di un aumento del numero di medici, infermieri e operatori sanitari. In caso contrario non sarà attuabile.
La denuncia compatta delle Regioni
In questo scenario anche i presidenti di Regione, a prescindere dal colore politico, lanciano l'allarme.
I fondi che Meloni intende destinare alla sanità “assolutamente non bastano“, tuona il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, “perché ogni anno, per il semplice fatto che i costi aumentano, 2 miliardi in più servono a temere la sanità allo stesso livello dell’anno precedente, ma visto che quest’anno c’è un’inflazione molto alta e sono aumentati molto i costi dell’energia, sostanzialmente c’è una diminuzione del finanziamento effettivo del sistema sanitario italiano e questa cosa è bene che il governo la dica con chiarezza“.
Il testo che il presidente della Conferenza delle Regioni, il leghista friulano Massimiliano Fedriga, aveva inviato al ministero della Salute prima della legge di bilancio, conferma la problematica trasversale:
“Fra caro energia, super-inflazione e spese per il Covid, nella sanità si è aperto un buco da 3,4 miliardi di euro“, si legge nella missiva sottoscritta da tutti i presidenti, di centrosinistra e anche di centrodestra.
E a farne le spese saranno in primis i cittadini, ma anche gli operatori sanitari: compresi i cosiddetti "precari del Covid". Da eroi popolari a fantasmi, appunto.
La situazione pandemica
In questo quadro, già poco incoraggiante, il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe relativo alla settimana 18-24 novembre 2022 evidenzia come, negli ultimi 7 giorni, in Italia, i contagi da Covid-19 ed i ricoveri ordinari (+9,1%) siano in aumento. Tornano a crescere anche i decessi, mentre restano sostanzialmente stabili le terapie intensive (+1,2%).