Le probabilità di vincere un cancro dipendono (anche) da dove vivi
Spesso è lo stesso specialista a non propone al paziente una terapia sperimentale valutando troppo difficoltoso il viaggio
Si parla spesso di opportunità di cura poco omogenee nel nostro Paese, sottolineando quanto il luogo in cui si vive possa essere determinante – nel bene e nel male – per fruire o meno di un ventaglio maggiore di opzioni terapeutiche. A rendere schiacciante l’inquietante fotografia un’indagine, indipendente e autofinanziata, condotta da Elma Research su pazienti e oncologi, dalla quale emerge che il 20% dei malati che non può più trarre beneficio da terapie approvate e rimborsate dal Ssn non viene inviato a un trial clinico, anche se idoneo. Perché? Per il 65% dei medici il costo e i fattori organizzativi sono il motivo. In soldoni: se vivi in un’area lontana da ospedali o centri di cura questo fattore inciderà in maniera penalizzate circa la possibilità di curarti al meglio.
Logistica e cancro
Cancro e logistica: un fattore spesso poco considerato ma che, invece, ha un forte peso nel percorso e nella qualità delle cure. Una certa percentuale di pazienti (soprattutto donne) rinuncia allo spostamento necessario per raggiungere un ospedale con maggiore esperienza e per un'altra parte dei malati è lo stesso oncologo che non propone una terapia sperimentale valutando difficoltoso il viaggio. La spesa per gli spostamenti (32%) e la mancanza di servizi di trasporto pubblico (27%) sono i fattori più difficili da affrontare per i diretti interessati che viaggiano per curarsi, secondo la ricerca.
Ma partecipare alle sperimentazioni, a fronte dei passi avanti che la ricerca sta facendo, può rappresentare grandi vantaggi per i pazienti oncologici. Spesso, infatti, si ottengono farmaci – non ancora in commercio – più efficaci. Eppure non tutti quelli che hanno le caratteristiche per entrare in un trial poi lo fanno effettivamente: perché a volte gli oncologi non candidano un malato a partecipare in virtù del luogo di residenza.
"Il tuo codice postale conta"
La survey ha coinvolto più di 200 oncologi, responsabili della gestione e del trattamento di pazienti con neoplasie polmonari e mammarie e oltre 200 malati nell’ambito del progetto di Elma Academy "Il tuo codice postale conta”, che ha l’obiettivo di approfondire e quantificare la disparità di accesso alle cure oncologiche sia in relazione al luogo di residenza in termini di accessibilità ai trattamenti sperimentali e sia di proposta di opzioni da parte del clinico.
Gli esiti mettono in luce come il luogo di residenza, sia a tutti gli effetti un criterio di scelta nella decisione dell’oncologo di includere o meno un paziente in uno studio clinico, tanto che si passa da una percentuale di non arruolamento, nonostante un quadro clinico idoneo, del 16% nelle zone ad alta accessibilità, al 23% in quelle a bassa. Il 65% dei medici intervistati ha riferito che il costo e i fattori organizzativi sono motivazione di non invio.
E torniamo a un tema già noto: la disparità dell’accesso alle cure in Italia. A gran sorpresa lo scollamento non è solamente tra il classico Nord/Sud: per esempio, nel Nord-Est, nel centro e nelle isole ci sono delle ampie aree con bassa o media accessibilità, mentre nel Nord-Ovest ampie aree dove è alta, che si traduce in una disparità di possibili opzioni terapeutiche a seconda del luogo di residenza dei malati.
Spese annuali per i malati
A rendere ancora più spinoso il quadro anche il fattore costi. Ammalarsi di cancro può essere carissimo: mediamente ogni malato sborsa 1.841 euro ogni anno sia per ricevere prestazioni sanitarie che dovrebbero essere a carico dei servizi sanitari regionali, sia per gli spostamenti dalla propria città di residenza. Il rischio di morire dei pazienti più fragili economicamente, rispetto a chi affronta la malattia partendo da una situazione di grande solidità economica, è reale.
Anche la ricerca Elma conferma che le spese legate ai trasferimenti e mancanza di servizi di trasporto pubblico sono i fattori più difficili da affrontare per i pazienti che hanno partecipato all’indagine (rispettivamente per il 32 e il 27%). Anche la distanza dagli affetti e la fatica del distaccarsi (24%) e gli impegni familiari e professionali (17%) hanno un peso per coloro che sono obbligati a muoversi. Tuttavia, spostarsi a volte non è una scelta, soprattutto per chi vive in aree a bassa accessibilità, tanto che il 57% ha riferito che lo fa per raggiungere centri riconosciuti come importanti e in grado di fornire le cure migliori e il 30% per mancanza di centri in grado di fornire cure ed esami di cui ha bisogno.
Possibili soluzioni
Massimo Massagrande, CEO di Elma, tira le somme:
“Con questa indagine, indipendente e autofinanziata, abbiamo voluto raccogliere il punto di vista degli specialisti e dei loro pazienti per arricchire la conoscenza del tema e cercare delle soluzioni per garantire un più equo accesso alle possibili opzioni terapeutiche per tutti.”
Gabriele Grea, Academic Fellow del Dipartimento Scienze Politiche e Sociali all'Università Bocconi di Milano offre delle possibile soluzioni:
“Risulta chiaro che per migliorare l’accessibilità agli studi dobbiamo concentrarci sui concetti di “impatto dello spostamento” e “disponibilità di trasporto agevole”, lavorando sulla qualità dei servizi e la loro rispondenza rispetto ai bisogni degli utenti, che in quanto fragili hanno necessità specifiche. Da un lato potrebbe essere utile valutare la possibilità di attivare servizi flessibili e on demand guardando all’esperienza nell’ambito dei cosiddetti servizi NEMT, ovvero di trasporto sanitario programmato non urgente, dall’altro riflettere su possibili ottimizzazioni della distribuzione di trial sul territorio, dove possibile allineandoli alla localizzazione della domanda”.
Realta' che si scarica sui cittadini, come sempre perche' non abbiamo una competenza/ coscienza politica all'altezza dei compiti Proporre di attivare trasporti ad hoc con costo zero o deducibile