Crisi del gas

Draghi: "Potrebbe essere necessario riattivare le centrali a carbone"

Al momento gli impianti sono sette, di cui due di recente riaperti. Ma serve investire sulle fonti alternative per non essere più dipendenti dagli altri.

Draghi: "Potrebbe essere necessario riattivare le centrali a carbone"
Pubblicato:
Aggiornato:

Al di là dell'impatto emotivo che le immagini che arrivano dall'Ucraina stanno provocando in tutti quanti, gli effetti della guerra tra Kiev e Mosca si faranno sentire per il nostro Paese soprattutto dal punto di vista economico. Degli effetti sui rincari del gas e dell'energia se ne è parlato a lungo (anche se le bollette erano già schizzate alle stelle prima che Vladimir Putin decidesse di invadere l'Ucraina), ma il rischio oggi diventa davvero quello di restare senza gas o quasi. Lo sanno bene il Governo e il premier Mario Draghi, che nell'informativa odierna a Camera e Senato ha parlato di sviluppo di fonti alternative e anche della possibilità di riattivare le centrali a carbone.

L'Italia e la dipendenza del gas da Mosca

Le sanzioni che l'Unione Europea ha attivato - e quelle che attiverà - nei confronti della Russia sono destinate ad avere un grande impatto economico sul Vecchio Continente.  La maggiore preoccupazione riguarda il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari di questi mesi: circa il 45% del gas che importiamo proviene infatti dalla Russia, in aumento dal 27% di circa dieci anni fa. Le vicende di questi giorni dimostrano - come ha detto anche il premier Draghi - l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni. 

L'Italia ha infatti ridotto la produzione di gas italiano da 17 miliardi di metri cubi all’anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020, a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi, come aveva sottolineato nei giorni scorsi  anche il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani.

Urgente diversificare

Draghi lo sa bene, e dunque in Parlamento ha parlato dell'urgenza di diversificare le fonti di approvvigionamento, "per superare quanto prima la nostra vulnerabilità ed evitare il rischio di crisi future".

"Gli stoccaggi italiani beneficiano dell’aver avuto, a inizio inverno, una situazione migliore rispetto a quella di altri Paesi europei, anche grazie alla qualità delle infrastrutture di cui disponiamo.  Il livello di riempimento aveva raggiunto il 90% alla fine del mese di ottobre, mentre gli altri Paesi europei erano intorno al 75%. Gli stoccaggi sono stati poi utilizzati a pieno ritmo e nel mese di febbraio hanno già raggiunto il livello che hanno generalmente a fine marzo. Questa situazione, che sarebbe stata più grave in assenza di infrastrutture e di politiche adeguate, è simile a quella che vivono altri Paesi europei tra cui la Germania".

La fine dell’inverno e l’arrivo delle temperature più miti ci permettono di guardare con maggior fiducia ai prossimi mesi, ma a Palazzo Chigi sanno che è necessario intervenire per migliorare ulteriormente la nostra capacità di stoccaggio per i prossimi anni.

"L’Italia è impegnata inoltre a spingere l’Unione Europea nella direzione di meccanismi di stoccaggio comune, che aiutino tutti i Paesi a fronteggiare momenti di riduzione temporanea delle forniture. Ci auguriamo che questa crisi possa finalmente accelerare una risposta positiva su questo tema".

Le fonti alternative

Il Governo è dunque al lavoro per approntare tutte le misure necessarie per gestire al meglio una possibile crisi energetica.

"Ci auguriamo che questi piani non siano necessari, ma non possiamo farci trovare impreparati - ha aggiunto Draghi - Le misure di emergenza includono una maggiore flessibilità dei consumi di gas, sospensioni nel settore industriale, e regole sui consumi di gas nel settore termoelettrico, dove pure esistono misure di riduzione del carico".

"Il Governo è al lavoro inoltre per aumentare le forniture alternative. Intendiamo incrementare il gas naturale liquefatto importato da altre rotte, come gli Stati Uniti.  Il Presidente americano Biden ha offerto la sua disponibilità a sostenere gli alleati con maggiori rifornimenti, e voglio ringraziarlo per questo.  Tuttavia, la nostra capacità di utilizzo è limitata dal numero ridotto dei rigassificatori che sono in funzione oggi".

"Il Governo intende poi lavorare per incrementare i flussi da gasdotti non a pieno carico, come il TAP dall’Azerbaijan, il TransMed dall’Algeria e dalla Tunisia e il GreenStream dalla Libia".

"Ho parlato del gas, ma la risposta più valida nel lungo periodo sta nel procedere spediti, come stiamo facendo, nella direzione di un maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili, anche e soprattutto con una maggiore semplificazione delle procedure per l’installazione degli impianti.
Qui occorre osservare che il limite a una rapida espansione delle rinnovabili non sono le tecnologie, la disponibilità di materiali, i costi stessi, è la complessità delle procedure realizzative".

Le centrali a carbone da riaprire?

Draghi non ha escluso nemmeno una misura estrema, come la riapertura delle centrali a carbone:

"Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato.  Il Governo è pronto a intervenire per calmierare ulteriormente il prezzo dell’energia, ove questo fosse necessario e credo che sarà necessario.  Per il futuro, la crisi ci obbliga a prestare maggiore attenzione ai rischi geopolitici che pesano sulla nostra politica energetica, e a ridurre la vulnerabilità delle nostre forniture".

Dove sono le centrali a carbone

Ovvio che il ricorso alle centrali a carbone è un'estrema ratio, ma non è da escludere, nonostante l’Italia si sia impegnata ad accantonare (assieme ad altri Paesi) questa fonte altamente inquinante alla conferenza sul clima di Glasgow dell’anno scorso.

In Italia le centrali a carbone sono  sette e  si trovano a La Spezia, Fiume Santo e Portoscuso (Sardegna), Brindisi, Torrevaldaliga (Roma), Fusina (Venezia) e Monfalcone (Gorizia). Due di queste - La Spezia e Monfalcone, che erano destinate alla riconversione - sono state riattivate a dicembre, con le prime avvisaglie della crisi energetica. La loro produzione lo scorso gennaio, copriva il 4,9% del fabbisogno energetico italiano.

Crisi Russia-Ucraina: vai allo speciale

SPECIALE CRISI RUSSIA-UCRAINA: clicca sull'immagine e vai agli articoli

 

Seguici sui nostri canali