Studio italo-inglese

Crisanti: "Gli anticorpi nei guariti Covid durano 9 mesi, anche negli asintomatici"

Una prestigiosa collaborazione tra l'Università di Padova e l'Imperial College di Londra: partendo dai dati di Vò Euganeo.

Crisanti: "Gli anticorpi nei guariti Covid durano 9 mesi, anche negli asintomatici"
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Strano destino di celebrità - del quale avrebbe senza dubbio fatto volentieri a meno - quello di Vo' Euganeo, paesino nel Padovano semisconosciuto ai più fino a un anno e mezzo fa. Dopo essere stato una delle prime zone rosse in concomitanza con lo scoppio della pandemia è ora al centro di un prestigioso studio italo-inglese coordinato da Andrea Crisanti che rivela informazioni preziosissime circa la permanenza degli anticorpi nell'organismo di coloro che hanno contratto Covid-19.

Come racconta Prima Padova sarebbe stata infatti dimostrata una presenza anticorpale per almeno nove mesi nei residenti che hanno contratto il virus, asintomatici compresi

Anticorpi nei guariti da Covid per almeno 9 mesi: lo studio

Dobbiamo insomma dire un'altra volta grazie ai cittadini di Vo', che già nella prima fase della pandemia si erano prestati alle ricerche del noto professore ordinario di microbiologia all'Università di Padova. Lo studio condotto in collaborazione con l'Imperial College di Londra, si è basato proprio sui test sierologici condotti sui residenti del piccolo paese padovano.

Lo si era capito e detto fin dall'inizio. Lo screening sistematico sulla popolazione di Vo' Euganeo poteva costituire, proprio per la specificità del caso, un prezioso laboratorio per conoscere meglio il Covid e le sue dinamiche.

Oggi, a distanza di un anno e mezzo da quell'intuizione, arriva la conferma grazie all'indagine italo-inglese. Fra i risultati più eclatanti, il fatto che gli anticorpi nei guariti abbiano una durata di almeno 9 mesi e che non siano state rilevate differenze tra chi ha contratto il virus in modo sintomatico o asintomatico, né per quantità né per durata.

Lo studio pubblicato su Nature Communications

Lo studio del team di ricercatori padovani, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Communications, ha messo in luce anche la probabilità di trasmissione del virus all’interno dei nuclei familiari, stimata in una percentuale di 1 a 4, e l’impatto del contact tracing nel contenimento dell’epidemia. La chiosa è naturalmente del professor Crisanti:

"Dallo studio emerge anche che l’attività di contact tracing per la ricerca degli individui positivi sulla base dei contatti noti e dichiarati avrebbe avuto un impatto limitato sul contenimento dell’epidemia (scovando il 44% degli individui infetti) se non fosse stato affiancato da uno screening di massa. Per questo motivo riteniamo che per il controllo di future epidemie di SARS-CoV-2 sia necessario implementare delle strategie di testing rigoroso e migliorare gli approcci di contact tracing. Se infatti la metodologia del contact tracing non è stata sufficiente in una piccola comunità come quella di Vo’, che conta poco più di 3mila abitanti, è difficile pensare che lo possa essere in una città di medie e grandi dimensioni, dove le reti di interazione sociale sono amplificate e meno tracciabili".

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