Colesterolo, la falsa credenza della "malattia maschile": muoiono più le donne di patologie cardiovascolari
"I numeri sulla mortalità delle donne rappresentano un dato importante, eppure non sono consapevoli di essere ad alto rischio di malattie del cuore".
Invisibile, silenzioso e fin troppo sottovalutato. Tra le principali cause delle oltre 18,6 milioni di vittime per patologie cardiovascolari nel mondo, che in Italia rappresentano il 34,8% dei decessi totali, c'è il colesterolo. A queste malattie, tuttavia, non è sempre dato il giusto peso che meritano, con meno di un italiano su due che riesce a distinguere il colesterolo "buono" da quello "cattivo". A ciò, poi, si aggiunge la falsa credenza che le patologie che colpiscono il cuore siano "malattie maschili", quando in realtà, dai recenti studi, è emerso che siano più le donne a morire per questa causa.
Colesterolo, malattie cardiovascolari e "miti" da sfatare
A dare una chiara fotografia della situazione attuale, come raccontato da Prima Milano, ci ha pensato l'indagine SWG per Sanofi presentata ieri, martedì 27 settembre 2022, a Milano in occasione dell'incontro "La prevenzione che sta a cuore. Malattie cardiovascolari e colesterolo nei pazienti ad alto rischio: agire prima, in modo intensivo e efficace, per ridurre la mortalità".
Il primo dato che emerge sostiene che oltre il 40% degli intervistati sottovaluta i rischi legati ad alti livelli di colesterolo, mentre circa 1 su 3 ritiene che il rischio di mortalità legato all'ipercolesterolemia debba preoccupare solo chi ha problemi cardiaci pregressi. E ancora, meno di 1 su 2 (il 43% del campione) sa che è il colesterolo LDL ad essere dannoso per la nostra salute.
La ricerca è stata condotta su un campione di oltre 1.200 soggetti di età compresa tra i 45 e i 74 anni, con l'obiettivo di analizzare la conoscenza delle malattie cardiovascolari e la percezione circa le conseguenze dell'ipercolesterolemia, per offrire spunti di riflessione e stimoli concreti a pochi giorni dalla Giornata Mondiale del Cuore prevista per domani, giovedì 29 settembre 2022. Emanuela Folco, presidente della Fondazione Italiana per il Cuore (FIPC), afferma:
"Siamo nel 2022, ma la conoscenza delle malattie cardiovascolari in Italia non è brillante, anzi. Nel nostro Paese, oltre 1 decesso su 3 è imputabile alle patologie cardiovascolari. Sono la prima causa di morte sia per gli uomini, con 98mila decessi l'anno (31,7% del totale), che per le donne, con 127mila decessi l'anno (37,7% del totale)".
La falsa credenza delle "malattie maschile", muoiono più le donne
Dall'incontro milanese, poi, è stata fatta luce su un altro dato che per certi versi ha smentito la credenza che le patologie cardiovascolari siano per definizione "malattie maschili".
"I numeri sulla mortalità delle donne - aggiunge Emanuela Folco - rappresentano un dato molto importante, perché la donna spesso non è consapevole di essere a rischio di malattie cardiovascolari perché, per una definizione che ci portiamo dietro da anni, queste malattie sono malattie maschili.
Ma questo non è vero. Le donne muoiono con una differenza di circa 10 anni rispetto agli uomini, ma muoiono per malattie cardiovascolari e non per tumore al seno. Questo ce lo dicono i numeri dell'Iss".
Malattie silenti difficili da combattere
La difficoltà nel combattere questo tipo di malattie, tuttavia, sta anche nella loro "particolarità" di essere "malattie silenti", ovvero che "si sviluppano e noi non ce ne accorgiamo, a meno che non si facciano gli esami periodici. Non ci fanno paura, ma questo è drammatico perché i numeri sono drammatici".
La chiave per far fronte a queste patologie 'silenziose' è quindi la prevenzione. Ma se il 92% degli intervistati si dice convinto che i problemi cardiocircolatori possano essere evitati, a questa convinzione non corrispondono azioni concrete. Solo per il 17% del campione, infatti, è opportuno eseguire periodicamente visite di controllo, mentre solamente il 31% si è sottoposto ad una valutazione del rischio cardiovascolare negli ultimi 12 mesi.
A non poter però sottrarsi a controlli regolari sono, più degli altri, i pazienti ad alto rischio cardiovascolare che rappresentano, in base alle linee guida internazionali, la vera e urgente priorità nell'ambito degli interventi preventivi.
"Il tema della prevenzione è di grande importanza per tutti noi, ma diventa cruciale quando si parla di paziente ad alto rischio cardiovascolare - commenta Ciro Indolfi, presidente della Società Italiana di Cardiologia - Chi è stato colpito da un evento cardiovascolare, infatti, corre un rischio elevato di andare incontro ad un nuovo infarto o Ictus negli anni successivi. Eventi che potrebbero essere sensibilmente ridotti se venissero sempre più implementate le strategie di prevenzione secondaria".
Fondamentale la prevenzione e i trattamenti precoci
"Proprio nella direzione di un trattamento precoce e rapido va l'abbassamento delle soglie di colesterolo LDL per l'accesso ai nuovi farmaci anti-colesterolo PCSK9, recentemente pubblicate in Gazzetta Ufficiale da AIFA - aggiunge Indolfi - Evidenze scientifiche dimostrano come il colesterolo LDL sia causa delle patologie cardiovascolari, non un fattore di rischio, e come la sua riduzione rappresenti uno degli obiettivi principali per limitare eventi cardiovascolari quali l'infarto miocardico e contrastare la mortalità".
Il presidente della Società Italiana di Cardiologia sottolinea quindi:
"Le linee guida della Società Europea di Cardiologia suggeriscono in prevenzione secondaria livelli di colesterolo LDL inferiori a 55 mg/dl e, in alcuni pazienti particolarmente a rischio, livelli di LDL-C ancora più bassi e inferiori a 40 mg/dl. Questi obiettivi così ambiziosi possono essere oggi raggiunti grazie a nuovi farmaci come gli anticorpi monoclonali, che sono inibitori della proteina PCSK9, capaci di ridurre del 60% il livello di colesterolo cosiddetto cattivo, dimostrando un chiaro beneficio clinico nei pazienti con elevato rischio cardiovascolare".
Il paziente ad alto rischio cardiovascolare ha subìto uno o più eventi cardiovascolari ed è un paziente cronico che come tale va trattato. Sebbene sia spesso in terapia con farmaci orali come le statine e ezetimibe, continua a registrare alti livelli di colesterolo LDL. Per questo la sua gestione rappresenta oggi una delle principali complessità per i Sistemi Sanitari Nazionali.
"La cosa più importante è trattare dal punto di vista terapeutico e farmacologico il profilo lipidico - spiega Giuseppe Di Tano, presidente Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) Lombardia - La misura dell'adeguatezza del trattamento ce le danno le LDL, un parametro silente dal punto di vista sintomatico ma facilmente riproducibile e oggettivo, che permette al medico di famiglia o al cardiologo di essere molto incisivi".
"Se le statine, che sono i farmaci più correntemente utilizzati, non riescono a garantire un livello di Ldl adeguato, bisogna aggiungere un altro farmaco. La ricerca- aggiunge ancora Di Tano- sta aiutando perché rispetto alla cura dell'ipercolesterolemia adesso abbiamo farmaci molto aggressivi e molto efficaci, perché agiscono su dei parametri molto fini e quindi permettono di raggiungere dei livelli più bassi di Ldl, a fronte di effetti collaterali più bassi".
Ricerca e conoscenza dei rischi
Ma se la ricerca va avanti, sulla percezione dell'ipercolesterolemia che c'è ancora tanto da fare. Secondo la ricerca, infatti, il 20% degli italiani non conosce neppure i rischi derivanti da alti livelli di colesterolo, mentre per il 42% il controllo del livello del colesterolo dipende solamente dalla dieta alimentare e dall'attività fisica, trascurando quindi l'efficacia terapeutica.
Ma questa condizione cronica ha un impatto anche sulla vita del paziente: sale fino all'80%, infatti, la percentuale di persone con colesterolo alto che dichiara di aver cambiato le proprie abitudini, con maggior riguardo alla vita familiare (24%) e perfino lavorativa (11%).
"In Sanofi siamo quotidianamente impegnati nello studio di soluzioni terapeutiche innovative e programmi per il miglioramento della qualità di vita e della sopravvivenza dei pazienti con malattie cardiovascolari", dichiara Andrea Rizzi, Medical Head General Medicines di Sanofi Italia. "È un impegno concreto che si esplicita anche in un contributo in termini di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, pazienti e caregiver, su come vada alzato il livello di attenzione relativo all'impatto che questo tipo di malattie hanno sulla nostra società e sul sistema sanitario nazionale".