Cassiera licenziata perché rifiuta la mascherina fa ricorso, il giudice la dà torto: "Provocatoria"
Anche un carabiniere no vax, in Emilia Romagna, ha visto respingere il suo ricorso dal Tar
Due facce della stessa medaglia: la recente controversia riguardante una cassiera licenziata per il rifiuto di indossare la mascherina in un supermercato di Villorba, Treviso, e il carabiniere licenziato per aver rifiutato di sottoporsi al vaccino anti Covid, hanno avuto un epilogo analogo.
Entrambi i lavoratori avevano fatto ricorso, ma in entrambi in casi è stato rigettato. I giudici hanno ritenuto legittimi i provvedimenti adottati: ovvero licenziamento e sospensione dei due cittadini, che si sono rifiutati di rispettare gli obblighi per il contenimento della pandemia.
Cassiera licenziata perché non mette la mascherina, rigettato il ricorso
Nel caso della cassiera veneziana, il licenziamento è stato giustificato dal mancato rispetto del protocollo aziendale sulla persistenza dell'obbligo di utilizzare le mascherine anche dopo la fine delle disposizioni legali. Il tribunale ha sostenuto che la condotta della dipendente - che si era rifiutata di indossare la mascherina - è stata provocatoria, stabilendo così un precedente importante in Italia. Questo episodio evidenzia come il rispetto delle regole aziendali sia fondamentale per garantire la sicurezza collettiva, oltre a sottolineare la necessità di seguire le disposizioni anche al di là delle norme governative.
Il giudice del lavoro di Venezia, non ha quindi riconosciuto il licenziamento per illegittimità, oltre a danni ed arretrati che la donna chiedeva. Piena ragione ai supermercati Pam Spa: il provvedimento dell'azienda è, secondo il magistrato, corretto.
Il caso analogo del carabiniere no vax
Sentenza simile del Tar, nelle scorse ore, anche per il caso del carabiniere sospeso dal lavoro per il rifiuto del vaccino anti-COVID. Il Tribunale amministrativo dell'Emilia-Romagna ha respinto il ricorso dell'uomo, basando la sua decisione su sentenze della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell'uomo.
Non ci sono ragioni per ritenere, dunque, che il "sacrificio imposto" con la vaccinazione obbligatoria, "sia eccessivo, sproporzionato", nella valutazione scientifica del rapporto tra rischi e benefici. Né vaccinarsi rappresenta una ingerenza impropria nella vita privata dal momento che, per il Tribunale amministrativo, "persegue una finalità di un interesse pubblico, il contenimento del contagio, per la tutela della società democratica, a tutela dei soggetti più fragili, di fronte ad una pandemia di carattere globale e alla minaccia di un virus a trasmissione aerea particolarmente pericoloso per i soggetti più vulnerabili", attraverso la somministrazione di un vaccino "sulla cui efficacia e sicurezza si registra il general consensus della comunità scientifica".
Che i tribunali italiani sono tra i peggiori del mondo occidentale. Anche ora che perfino i vertici delle Major farmaceutiche hanno ammesso che i vaccini non proteggono dal contagio, e hanno aggiornato i bugiardini aggiungendo gli effetti avversi, i giudici fanno orecchie da mercante. Poco da aggiungere, no? Anche la Costituzione può essere ignorata...