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Cannabis Light, il Tar boccia il decreto del Governo. Sì alla vendita di prodotti con Cbd

Accolto dunque il ricorso dell'associazione Imprenditori Canapa Italia (Ici) e sospeso il decreto fortemente voluto dall’attuale ministro della Salute Orazio Schillaci

Cannabis Light, il Tar boccia il decreto del Governo. Sì alla vendita di prodotti con Cbd
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La cannabis light l’ha scampata ancora: il Tar ha imposto lo stop al decreto ministeriale, emanato il 7 agosto 2023, che disponeva l'inserimento nella tabella dei medicinali dei prodotti a base di cannabidiolo per uso orale, vietandone la vendita. Accolto dunque il ricorso dell'associazione Imprenditori Canapa Italia (Ici) e sospeso il decreto fortemente voluto dall’attuale ministro della Salute Orazio Schillaci. Nel pratico è nuovamente consentito il commercio al pubblico dei prodotti.

Il ministro della Salute Schillaci

Cannabis Light: il Tar sospende lo stop per prodotti di uso orale

Il provvedimento del Tar stabilisce l'inefficacia del decreto fino alla camera di consiglio che è stata fissata per il prossimo 24 ottobre.

"Ci auguriamo che in quella data il Tar confermi la sospensiva di un decreto che colpisce un'intera filiera: dai produttori alla vendita al dettaglio, mettendo a rischio anche posti di lavoro", commenta Raffaele Desiante, presidente dell'Ici che è assistita dallo studio legale Prestige Legal Advisory.

Nel ricorso finito all'attenzione dei magistrati amministrativi l'Ici definisce "illegittimo" l'atto ministeriale, entrato in vigore dal 20 settembre dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, proprio alla luce del mancato parere dell'Iss che "è richiesto dalla vigente normativa - spiega l'associazione - e, già nel 2020 ritenuto necessario dal Ministero della Salute, che aveva sospeso l'inserimento in tabella delle composizioni in attesa di ulteriori approfondimenti scientifici e senza che sia stato chiarito dalle autorità se gli effetti del cannabidiolo varino con la percentuale di utilizzo".

Il ricorso inoltre "contesta, in via generale, la decisione di ricondurre il cannabidiolo tra le sostanze stupefacenti o psicotrope. Decisione che si pone in contrasto con la giurisprudenza comunitaria che ha escluso che il cannabidiolo possa costituire uno stupefacente ai sensi del diritto europeo e con le posizioni assunte dall'Organizzazione Mondiale della Sanità."

"La decisione del Tar del Lazio ristabilisce il rispetto di posizioni consolidate negli ultimi 50 anni anche grazie a un'ampia letteratura scientifica in materia che il Ministro Schillaci non ha voluto tenere in considerazione", è il commento di Marco Perduca dell'Associazione Luca Coscioni.

Marco Cappato
Marco Cappato, presidente associazione Coscioni.

Schillaci aveva stabilito che ogni uso non farmacologico degli estratti di cannabis sarebbe stato illecito. In farmacia ci sono diverse categorie in vendita di prodotti a base di cbd, ma il divieto, inizialmente, riguardava solo la vendita senza ricetta di quelli a base di cannabidiolo da ingerire. Non interessava, quindi, la vendita del prodotto da fumare che si trova nei negozi di cannabis legale.

Il precedente (con dietro front) di Speranza

Sulla questione c’era stato un altro precedente, terminato però con una marcia indietro. Tre anni fa, l’allora ministro della Salute Roberto Speranza, nel giro di un mese aveva cancellato il decreto (da lui stesso emanato poche settimane prima) che avrebbe potuto dare il colpo di grazia al mercato italiano dei fiori di canapa a basso contenuto di Thc. Nelle prime intenzioni di Speranza il Cbd, principio attivo contenuto anche nella cosiddetta cannabis light, sarebbe diventato ufficialmente una sostanza stupefacente. Poco dopo la revoca, giustificata con l’intenzione di convocare un tavolo di lavoro per affrontare la materia “in maniera sistematica e complessiva”.

Roberto Speranza

In particolare, Speranza, invitava l’Istituto superiore di sanità e il Consiglio superiore di sanità a esprimersi, con una rivalutazione complessiva, sull’aggiornamento delle tabelle degli stupefacenti e valutare “se gli effetti della sostanza attiva cannabidiolo rimangono immutati a prescindere dalla percentuale di utilizzo della stessa”.

Una storia travagliata

La storia della cannabis light nel nostro Paese è assai travagliata. Proviamo a ricostruirla. La cannabis, in Italia, è considerata, ai sensi del DPR 309/90, uno stupefacente. Ma la cannabis legale o marijuana light è stata introdotta con la Legge n. 242 del 2016, che ha stabilito le condizioni e le regole per la coltivazione e la commercializzazione di prodotti derivati dalla pianta di Canapa sativa L. con un contenuto di THC (tetraidrocannabinolo) inferiore allo 0,6%.

Cannabis Light

La Cannabis “Light” può essere definita come quella varietà di Cannabis, e di prodotti dalla stessa derivati, avente una concentrazione molto bassa di THC, che sfrutta le proprietà rilassanti, anticonvulsivanti, antidistonici, antiossidanti e antinfiammatorie del CBD.

La produzione e la commercializzazione della cannabis light ha avuto grande sviluppo in Italia, nonostante il panorama normativo risulti tuttora incerto.

Fino al 1° ottobre 2020 la legislazione italiana non prevedeva alcun riferimento specifico e chiaro al CBD. Non era, pertanto, possibile affermare con certezza che la commercializzazione di prodotti a base di solo CBD, o con bassissima concentrazione di THC, fosse del tutto legale.

Sul punto è intervenuta anche la Corte di Giustizia Europea nella causa C-663/18. Con sentenza del 19 novembre 2020 la Corte ha infatti osservato che il CBD, sulla base dei dati scientifici disponibili, non risulta avere effetti né psicotropi né nocivi per la salute umana. Per tale motivo, lo stesso principio attivo non può essere considerato sostanza stupefacente e, dunque, la sua commercializzazione non può essere limitata all’interno del territorio europeo.

La regolamentazione sulla cannabis light in Italia resta è in continua evoluzione, come dimostrato dal dietro front di Speranza e dallo stop del Tar al decreto, che ha nuovamente rimescolato le carte.

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