Bambini ritrovati dopo 40 giorni nella giungla: le prime parole ai soccorritori e come hanno fatto a sopravvivere
La madre, dopo un'agonia di 4 giorni, in seguito all'incidente aereo che li coinvolti, li ha incoraggiati ad andare avanti
Le prime parole ai soccorritori sono state semplici e strazianti. “Ho fame” e “La mamma è morta”. Quattro bambini si sono salvati, sopravvivendo nella giungla in Colombia per oltre 40 giorni, 43 per la precisione, unici superstiti di un incidente aereo in cui ha perso la vita anche la loro madre, con cui viaggiavano. Fondamentali sarebbero stati gli insegnamenti della nonna, un’indigena, che la sorella più grande – di soli 13 anni – ha messo in atto traghettando i fratellini verso un’insperata salvezza.
Quattro bimbi ritrovati dopo 40 giorni nella giungla: le prime parole
La tv colombiana Rtvc ha trasmesso un video del momento in cui la guardia indigena Murui ritrova i fratellini e successivamente quando li consegna alla Forza armata colombiana. Le immagini sono girate con un telefono cellulare. Il generale Pedro Sánchez García, 50 anni, a capo del Comando congiunto operazioni speciali della Colombia, ha raccontato che all’inizio i bimbi non si fidavano del cibo offerto ai militari. Che li hanno ritrovati seguendo le loro tracce. Lesly Jacobombaire Mucutuy, di 13 anni, Soleiny Jacobombaire Mucutuy, di 9, Tien Noriel Ronoque Mucutuy, di 4, e Cristin Neriman Ranoque Mucutuy, di 1 anno sono tutti miracolosamente vivi.
Ricostruendo il momento dell’incontro, uno dei membri della squadra di ricerca, Nicolas Ordonez Gomes, ha raccontato: “La figlia maggiore, Lesly, con la piccola in braccio, è corsa verso di me e mi ha detto: “Ho fame”. “Uno dei due ragazzi era sdraiato. Si è alzato ed ha sussurrato: “Mia madre è morta”.
L'incoraggiamento della madre prima di morire
I quattro risultavano dispersi dal primo maggio 2023, la famiglia era in fuga dai dissidenti delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia. Magdalena, la mamma, ed i suoi quattro bambini erano saliti sul Cessna 206, per ricongiungersi al marito, parente del governatore della riserva indigena di Puerto Sabalo, allontanatosi ad aprile, dopo aver ricevuto minacce di morte dai dissidenti del fronte Carolina Ramírez. La donna aveva 33 anni e apparteneva alla comunità indigena di Puerto Sábalo, situata a quattro ore di barca da Puerto Santander, un luogo remoto dell'Amazzonia colombiana.
Secondo un messaggio di cordoglio pubblicato da un'istituzione che esercita la rappresentanza politica e culturale delle popolazioni indigene dell'Amazzonia colombiana (Opiac), Magdalena era un membro indigeno Muinane del clan Chumujo. Dai racconti dei minori è emerso anche che i piccoli hanno vegliato la loro mamma nella sua agonia, per quattro giorni. A raccontarlo è stata la maggiore dei quattro, Lesly. La donna, per incoraggiarli, prima di spirare per le ferite riportate, ha detto:
"Andate, vedrete chi è vostro padre".
Conoscenze ancestrali
Ma come hanno fatto 4 bambini, fra cui uno di un solo anno, a sopravvivere nella giungla tra felini, serpenti, ragni, scorpioni, terreni instabili e pericolosi? Fondamentale sarebbe stata la loro “conoscenza ancestrale”. A dirlo - come riportato dalla testata Cambio - è John Moreno, leader indigeno guanano del Vaupés, che ha spiegato:
“I bambini sono cresciuti dalla nonna, che è sapiente nella protezione indigena di Araracuara. Sono riusciti a sopravvivere grazie alle conoscenze tradizionali che gli ha insegnato”.
Hanno improvvisato bende per proteggersi i piedi e costruito capanne di fortuna per ripararsi dalle piogge. Per giorni i piccoli hanno mangiato "tre chili di farina di manioca" comunemente usata dalle tribù indigene nella regione amazzonica, ha detto il portavoce Pedro Arnulfo Sanchez Suarez, secondo il quale, al momento del loro ritrovamento i bambini erano "malnutriti ma pienamente coscienti e lucidi".
Paura dei soccorritori
Una volta ricongiunti a nonno Fidencio Valencia, hanno spiegato che quando sentivano i rumori dei soldati nella giungla, che li cercavano, scappavano e si nascondevano. Perché avevano paura. L’uso della voce registrata della nonna li ha in qualche modo tranquillizzati. Con loro, adesso, c’è anche il padre: Manuel Roque, padre di Lesly, Soleiny, Tien e Cristin, che li veglia all'ospedale militare di Bogotà, dove sono ricoverati.