Parità di genere

Accademia della Crusca docet: non si dice "la" Meloni, ma neanche "il" Presidente del Consiglio

Regole per il linguaggio giuridico: sì inclusività intelligente, no politically correct, no ad asterischi per il genere neutro, sì alla declinazione al femminile delle cariche

Accademia della Crusca docet: non si dice "la" Meloni, ma neanche "il" Presidente del Consiglio
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Giorgia Meloni, secondo l’Accademia della Crusca, è in errore nel momento in cui – con tanto di nota ufficiale – chiede di rivolgersi a lei come IL Presidente del Consiglio.

Declinare al femminile le professioni e le cariche”, infatti, è la raccomandazione del prestigioso gruppo di studiosi ed esperti di linguistica e filologia della lingua italiana.

E poi, per carità, basta con questo articolo determinativo davanti al cognome delle donne, per capirci, non è ben chiaro perché si debba dire “la” Gruber o "la" Meloni ma non si dica “il” Floris o "il" Letta. La Crusca invita a regolarsi, facendolo saltare quando si parla di donne e uniformandolo alla platea maschile.

Cariche pubbliche e articoli determinativi femminili: la Crusca indica la via

Evitare l'uso dell'articolo determinativo davanti ai cognomi delle donne e i segni eterodossi - come asterischi e schwa (il simbolo ə, che viene utilizzato per declinare i sostantivi al genere neutro) - e declinare al femminile le professioni e le cariche: queste, in sintesi, le direttive dell'Accademia della Crusca in risposta al quesito del Comitato pari opportunità del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione sulla parità di genere negli atti giudiziari.

Come si legge nella premessa al documento, le norme linguistiche utilizzate finora riprendono quelle introdotte da Alma Sabatini, attivista femminista, linguista, saggista e insegnante romana scomparsa nel 1988, che a sua volta si è ispirata al modello anglosassone.

 

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Tenendo conto delle correnti di pensiero in disaccordo con un intervento eccessivo sulla lingua e che “i principi ispiratori dell’ideologia legata al linguaggio di genere e alle correzioni delle presunte storture della lingua tradizionale non vanno dunque sopravvalutati, perché sono in parte frutto di una radicalizzazione legata a mode culturali”, la Crusca ha individuato alcune indicazioni pratiche che devono essere applicate in ambito giudiziario, ma che possono anche essere considerate istruzioni di carattere generale.

  1. Evitare le reduplicazioni
  2. Evitare l'articolo davanti ai cognomi di donne
  3. Esclusione dei segni eterodossi e conservazione del maschile non marcato
  4. Uso dei nomi di cariche e professioni declinati al femminile

Qualche esempio pratico

Cosa significa limitare il “riferimento raddoppiato” ai due generi? Parliamo del caso: “lavoratori e lavoratrici”, meglio allora optare per “persona” invece di “uomo” o ricorrere al maschile plurale.

Come già accennato la Crusca auspica che venga fatta piazza pulita dell'articolo determinativo davanti al cognome: quindi non più “la” Meloni; per evitare fraintendimenti sul genere della persona alla quale ci si riferisce, in alcuni casi aggiungere piuttosto il nome o la qualifica.

La Crusca dà le regole per il linguaggio giuridico: sì inclusività intelligente, no politically correct

E veniamo all’indicazione di ricorrere alla declinazione femminile dei nomi che indicano professioni o cariche istituzionali seguendo le semplici regole grammaticali. I nomi maschili che terminano in -o prendono il suffisso -a al femminile. I nomi che terminano in -e possono essere ambigenere, oppure: se terminano in -iere, prendono il suffisso -iera; se terminano in -a o -sta sono ambigenere al singolare, mentre al plurale assumono i suffissi -i-isti al maschile e -e-iste al femminile, con l'unica eccezione di poeta, poetessa; se terminano in -tore assumono il suffisso femminile -trice, anche se pretore al femminile è pretora. Nei nomi composti con vice- o pro-, per esempio, si fa riferimento al genere della persona a cui si riferisce l'appellativo. Inoltre, pubblico ministero al femminile diventa pubblica ministera.

Largo quindi alla magistrata, alla presidente (con buona pace di Meloni che prediligeva essere declinata al maschile), alla giudice e via discorrendo.

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