Abbiamo superato gli 8 miliardi di persone al mondo (e c'è poco da festeggiare)
Sono servite decine di migliaia di anni per arrivare a un miliardo di persone e solo duecento anni per passare da 1 a quasi 8 miliardi.
La popolazione mondiale ha superato gli 8 miliardi di abitanti, secondo una stima ufficiale delle Nazioni Unite che qualificano l'evento come "una importante pietra miliare nello sviluppo umano". Non manca però un avvertimento circa la "nostra responsabilità condivisa di prenderci cura del nostro pianeta".
Chi cresce (e crescerà ancora), chi è nel pieno di un inverno demografico, come siamo e come saremo distribuiti e soprattutto la situazione è sostenibile in termini di risorse? Tutti i dettagli.
Un balzo mai visto: ecco perché
Sono servite decine di migliaia di anni per arrivare a un miliardo di persone e solo duecento anni per passare da 1 a quasi 8 miliardi. E questo fenomeno è facilmente comprensibile, come spiega l'Onu:
"Nel 1950 si contavano 2,5 miliardi di abitanti, questo balzo è il risultato di un graduale aumento della durata della vita grazie ai progressi della sanità pubblica, dell'alimentazione, dell'igiene e della medicina".
Ma il trend non sarà continuo: la popolazione mondiale ha impiegato 12 anni per crescere da 7 a 8 miliardi, ma ci vorranno circa 15 anni, fino al 2037, per raggiungere i 9 miliardi, segno che il tasso di crescita complessivo della popolazione mondiale sta rallentando. Ci si augura che la crescita demografica più lenta possa contribuire a mitigare l'ulteriore accumulo di danni ambientali nella seconda metà del secolo in corso.
Dall'alta mortalità alla bassa fertilità
La popolazione globale è cresciuta molto lentamente fino al 1700, con una media di crescita pari allo 0,04% all’anno. L’altissima mortalità dei bambini, infatti, contrastava l’elevata fertilità, non facendo aumentare in maniera rilevante la popolazione. Con il miglioramento delle condizioni di salute e il calo della mortalità infantile, però, le cose sono cambiate velocemente. Negli ultimi cento anni la popolazione mondiale è più che quadruplicata e lo ha fatto con una velocità sempre maggiore, fino ad arrivare a un picco del tasso di crescita del 2,1% nel 1968.
I nostri tempi avranno un nuovo equilibrio: prima era l’altissima mortalità a tenere bassa la crescita demografica, mentre in futuro sarà invece la ridotta fertilità a tenere bassa la crescita della popolazione. Se dal 1950 è stato l’aumento delle nascite il principale responsabile della crescita della popolazione, in futuro il numero di bambini diminuirà, ma crescerà sensibilmente il numero di persone in età lavorativa e di quelle anziane. Grazie ai miglioramenti della salute globale ci si attende infatti un miglioramento dell’aspettativa di vita. Siamo e saremo, insomma, sempre più longevi e sempre meno fertili.
Distribuzione
Gli Stati con i più alti livelli di fertilità tendono a essere quelli con il reddito pro capite più basso. Pertanto, la crescita della popolazione mondiale si è nel tempo concentrata sempre di più tra i Paesi più poveri del mondo, spiegano dall'Onu. La crescita globale da qui al 2050 avverrà sostanzialmente in otto Paesi: India, che a giorni strapperà alla Cina il primato di Paese più popoloso, Congo, Egitto, Etiopia, Nigeria, Pakistan, Filippine e Tanzania.
Mentre il Vecchio Continente sarà in costante declino.
Il cambiamento maggiore si verificherà in Africa: attualmente ha una popolazione di 1,3 miliardi di persone e per il 2100 dovrebbe crescere arrivando a 4,3 miliardi. Negli ultimi 50 anni l’Asia ha registrato una rapida crescita della popolazione: oggi la sua popolazione è di circa 4,6 miliardi. Entro il 2050 dovrebbe salire a 5,3 miliardi, per poi diminuire nella seconda metà del secolo e tornare per il 2100 al livello odierno. Secondo le stime, nel 2100 l’India sarà il paese più popoloso del mondo con 1,5 miliardi di persone contro gli 1,1 miliardi della Cina. Entro la fine del secolo, insomma, più di 8 persone su 10 nel mondo vivranno in Asia o in Africa. A crescere leggermente saranno anche l’America e l’Oceania, mentre l’Europa è l’unica regione dove la popolazione calerà passando dagli attuali 750 milioni di abitanti a 630 milioni nel 2100. Meno del 6% della popolazione mondiale vivrà quindi nel continente europeo.
Come impatta sull'ambiente
Appurato che, secondo le stime, la crescita della popolazione rallenterà, in questo momento siamo del pieno dell'esplosione demografica e sulle conseguenze che essa ha sul Pianeta. Un Pianeta sovrappopolato, infatti, è messo sotto stress in termini di risorse e sostenibilità. Inoltre, per soddisfare i fabbisogni di 8 miliardi di individui, si genera un surriscaldamento terrestre che impatta ulteriormente sui cambiamenti climatici già in atto.
Un esempio pratico su come ciò ci mette a rischio? Oltre la metà di tutte le malattie infettive umane può essere aggravata dai cambiamenti climatici. Le inondazioni, ad esempio, possono influire sulla qualità dell'acqua e sugli habitat in cui batteri e vettori pericolosi come le zanzare possono riprodursi e trasmettere malattie infettive alle persone. Non a caso la stagione della malaria è aumentata del 31% nelle zone montuose dell'America Latina e di quasi il 14% negli altopiani africani poiché le temperature sono aumentate nello stesso periodo.
Anche la siccità può degradare la qualità dell'acqua potabile. Di conseguenza, più popolazioni di roditori entrano nelle comunità umane in cerca di cibo, aumentando il potenziale di diffusione dell'hantavirus.
Il calore eccessivo può esacerbare problemi di salute esistenti, come malattie cardiovascolari e respiratorie: circa il 30% della popolazione mondiale è esposta ogni anno a stress da caldo potenzialmente mortale. Per non parlare del fatto che, con l'aumento della popolazione e l'aumento del calore, sempre più persone faranno affidamento sull'aria condizionata alimentata da combustibili fossili, che contribuisce ulteriormente al cambiamento climatico.
Le ondate di caldo nel solo 2020 hanno provocato l'insicurezza alimentare di 98 milioni di persone in più rispetto alla media del periodo 1981-2010.
Tutto ciò sta già portando e porterà alle cosiddette migrazioni climatiche: soltanto la scarsità d'acqua e la siccità hanno il potenziale per sfollare quasi 700 milioni di persone entro il 2030, secondo le stime delle Nazioni Unite.
Migrazioni climatiche
Il tema delle migrazioni climatiche mostra la miopia con la quale approcciamo il discorso dell'immigrazione. Non si tratta, infatti, di un'emergenza stringente legata all'attualità. Gli equilibri geo-sociali sono in fortissimo cambiamento - come chiarito attraverso i numeri - un cambiamento che, in termini di rapidità, non si è mai visto dall'alba della specie umana. Il rapporto Growndshell della Banca Mondiale del 2021 parla chiaro: entro il 2050 216 milioni di persone dovranno migrare a causa della crisi climatica.
Entro il 2050 l’Africa subsahariana potrebbe contare fino a 86 milioni di migranti climatici interni e 19 milioni il Nord Africa. In Asia orientale e Pacifico si stimano 49 milioni, 40 milioni per le aree asiatiche meridionali. Per l’America Latina si prevedono 17 milioni e tra Europa orientale e Asia centrale 5 milioni.
E' bene iniziare a ragionare tenendo in considerazione l'assetto mondiale e le risorse del pianeta del nostro futuro prossimo: il tema non è più rimandabile.