l'anniversario

9 marzo 2020: due anni fa Conte annunciava il primo lockdown

Negozi chiusi, arcobaleni sui balconi e code ai supermercati. Cosa resta di quei giorni.

9 marzo 2020: due anni fa Conte annunciava il primo lockdown
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Era il 9 marzo del 2020.  Il Covid era da poco entrato nelle nostre vite e già sperimentavamo le prime restrizioni. Quel giorno il premier Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown in Italia.

9 marzo 2020: il primo lockdown in  Italia

Il Covid era ancora un'incognita che stava però già stravolgendo le nostre vite. E quel giorno cambiò radicalmente il nostro modo di vivere con il virus. Sparirono i primi provvedimenti sulle zone rosse (quelle dove si erano verificati i primi focolai, tra cui Codogno, nel Lodigiano, e Vo' Euganeo, in provincia di Padova) e l'Italia intera divenne "zona protetta".

"Sono costretto a  intervenire in maniera decisa per tutelare la salute dei tutti e in particolare quella dei più fragili", disse in quell'occasione il presidente del Consiglio.

L'ANNUNCIO DI CONTE DEL 9 MARZO 2020:

#iorestoacasa

Il provvedimento fu devastante per molti. Mentre negli ospedali si ammassavano i malati e i ricoverati (e la gente moriva), le strade si svuotarono, e il rumore del traffico lasciò il posto al silenzio, interrotto dalle sirene delle ambulanze. Le scuole erano chiuse, gli uffici si stavano spopolando, gli italiani conoscevano lo smart working e  si poteva uscire soltanto per ragioni di salute, lavoro e necessità, e per farlo era necessario esibire un'autocertificazione.

Sui social intanto impazzava la campagna #iorestoacasa, hashtag utilizzato proprio dal Governo, che coinvolse anche numerosi Vip, che si prestarono per fare appello alla cittadinanza.

L'inno sui balconi, gli arcobaleni e le code fuori dai supermercati

Le abitudini degli italiani erano cambiate di colpo. Chiusi in casa, molti si sono dedicati alla cucina, altri hanno riscoperto vecchie passioni per trascorrere qualche ora di svago in un momento drammatico per il Paese. Sui balconi la gente si ritrovava per cantare l'inno di Mameli e qualche giorno più tardi iniziarono a comparire i primi arcobaleni con la scritta "Andrà tutto bene".

Un'altra immagine con cui abbiamo imparato a convivere per mesi era quella delle code fuori dai supermercati. Un'abitudine stravolta, soprattutto per chi era abituato alla spesa "mordi e fuggi". Per comprare da mangiare alle volte servivano ore da trascorrere in fila in paziente attesa del proprio momento.

Nei giorni seguenti molti negozianti hanno dovuto chiudere, con gravissime conseguenze per l'economia di quelle famiglie che ne facevano la propria fonte di sostentamento. In molti, purtroppo, non hanno più riaperto.

La "fase 2" e i nostri giorni

In quei giorni abbiamo imparato a convivere con un altro appuntamento fisso, quello con il bollettino regionale e nazionale che ci dava (e ci dà tuttora) la conta dei contagi e - purtroppo - dei decessi.

Il lockdown duro era poi durato sino a maggio, quando era iniziata la cosiddetta "fase 2", che aveva lentamente allentato le maglie prima dell'estate, quando la bella stagione ci aveva dato una mano nella lotta contro il virus, probabilmente illudendoci che il peggio era oramai alle spalle. Abbiamo poi imparato sulla nostra pelle che purtroppo le cose sono andate diversamente e, nonostante la consapevolezza, i vaccini e il progressivo indebolimento del virus, la situazione non è ancora risolta oggi, a due anni da quel giorno.

Come siamo messi ora?

Oggi, a due anni di distanza, cosa è cambiato? La quotidianità ha preso  il sopravvento, e molte famiglie hanno dovuto fare i conti  con perdite dolorose. C'è poi anche chi ha perso il lavoro o che lo ha visto drasticamente ridursi e che oggi affronta ancora le conseguenze economiche di quei momenti. E soprattutto per chi ha pagato un prezzo altissimo alla pandemia non è facile la ripresa...

Anche a livello politico e sociale la situazione è diversa. Il Governo - che nel frattempo è cambiato - si è spesso scontrato (e lo fa ancora) tra le linee più o meno rigorose, e anche la popolazione si è divisa. "Colpa" dei vaccini e del Green pass, che non trovano tutti concordi. Abbiamo vissuto le manifestazioni No Pass e dure contestazioni, abbiamo visto gente lucrare sulle paure di chi non voleva vaccinarsi proponendo iniezioni di fisiologica al posto del vaccino o trovando modi fantasiosi per raggirare la legge, virologi sovraesposti in televisione e minacciati nella vita privata. Ma abbiamo visto anche cinquantenni che per contrarietà alla vaccinazione (diventata nel frattempo obbligatoria per chi ha superato il mezzo secolo di vita) sono stati sospesi dal lavoro e non sanno ancora per quanto durerà lo stop.

Ora si avvicina una data fondamentale: il 31 marzo 2022 scade (questa volta definitivamente) lo stato di emergenza. La speranza è che questa volta sia davvero quella buona per lasciarci alle spalle la pandemia. Anche se le sue conseguenze ci accompagneranno probabilmente per sempre...

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