La prossima estate sarà ancora più calda della precedente (colpa del Niño)...e ci costerà miliardi
Carlo Buontempo da Vespa: "Abbiamo visto due estati da record in sequenza; è probabile vedere un altro record"
Carlo Buontempo, direttore servizio cambiamento climatico Copernicus, ospite a "Cinque Minuti", striscia Rai quotidiana affidata a Bruno Vespa, avverte che - stando alle tendenze generali - l'estate 2023 ha alte percentuali di toccare nuovi picchi di temperature record...complice anche il Niño. E il conto rischia di essere salatissimo: potrebbe addirittura toccare quota tremila miliardi di dollari nei prossimi anni, penalizzando soprattutto i paesi tropicali a basso reddito.
Che estate sarà? Occhio al Niño
Incalzato dal celebre giornalista circa gli scenari meteo che possiamo aspettarci in questa estate 2023 alle porte, e se il record di caldo è destinato a ripetersi, lo scienziato ha chiarito:
"E’ uno scenario altamente probabile, anche se non siamo in grado di fornire una previsione così avanti nel tempo, ma possiamo inserire quello che accadrà nel 2023 in una tendenza che va avanti da anni. Abbiamo visto due estati da record – nel 2021 e '22 – in sequenza; in tal senso è probabile vedere un altro record."
E ancora:
"Su larga scala sappiamo che nel Pacifico riemergerà il Niño, che è il riscaldamento dell'acqua legato a picchi di temperatura globale, ciò implica che vi saranno dei picchi delle temperature globale del Pianeta da aspettarsi. Cosa succederà in Europa, con precisione, non lo possiamo dire oggi, però sappiamo che partiamo da situazioni siccitose nel Mediterraneo e carenza di neve: tutti fattori che possono contribuire a segnare nuovi record delle temperature."
Non basterà nemmeno la neve artificiale
Vespa chiede quindi se dobbiamo prepararci allo scioglimento dei ghiacciai e, automaticamente, non vi sarà più neve:
"La tendenza è molto chiara, dal 2022 abbiamo perso 5 km cubici di ghiaccio sulle Alpi. E’ stato un anno estremo ma che fa parte di una tendenza chiara che va verso la riduzione di ghiaccio e di neve. La neve, man mano si troverà sempre più alto, ma arriverà un momento in cui non si potrà utilizzare più nemmeno quella artificiale, perché le condizioni termiche non lo consentiranno."
La siccità e le coltivazioni
Buontempo ha spiegato, inoltre, che la siccità e in generale le condizioni in cui ci troveremo a vivere, condizioneranno inesorabilmente la nostra esistenza:
"Entriamo in un mondo nuovo e sconosciuto, abbiamo registrato la temperatura del mare più alta di sempre, gas serra con concentrazioni più alte che mai. Dobbiamo utilizzare tutti i dati a disposizione per adattarci".
Inutile sottolineare, come argomenta l'esperto, che sappiamo perché il pianeta si sta scaldando e sappiamo il ruolo che giocano i gas serra: se vogliamo invertire la tendenza, almeno per alcune variabili, dobbiamo intervenire con molta velocità.
"E’ una combinazione, ci sono dei cicli naturali (come può essere quello del Ninho), ma quello che vediamo oggi non si limita a ciò. L’aspetto antropico gioca un ruolo fondamentale, la tendenza al riscaldamento, soprattutto nell’Europa meridionale investita da condizioni siccitose, è chiarissima e noi abbiamo un ruolo importante", ha concluso lo scienziato.
Conto salatissimo
Secondo i ricercatori, l'impatto economico di El Niño sarà vertiginoso: sulla rivista scientifica Science, gli studiosi del fenomeno hanno recentemente riportato che i due El Niño del 1982-83 e del 1997-98 hanno comportato perdite globali di 4100 miliardi e di 5700 miliardi di dollari rispettivamente, con conseguenze che si sono trascinate per più di cinque anni dopo la fine degli eventi climatici.
"El Niño ha un'incidenza nella crescita del Pil – sostiene Christopher Callahan, scienziato del Dartmouth College e coautore dello studio apparso su Science –. Si manifesta soprattutto nei paesi tropicali che sono fortemente colpiti da El Niño. Parliamo di effetti piuttosto ampi".
Callahan ritiene che in passato le perdite economiche causate da El Niño siano probabilmente state sottostimate, dal momento venivano presi in considerazione solo i danni relativi agli anni in cui il fenomeno era attivo. La nuova ricerca pubblicata su Science evidenzia invece che le ripercussioni possono durare fino a un decennio dopo il fenomeno.