Occupazione femminile

Le donne lavorano e guadagnano meno. Ragazze: prendetevi la Scienza

A penalizzare le retribuzioni anche una maggiore incidenza di impieghi intermittenti dovuti alla necessità di conciliare il lavoro con l’accudimento della famiglia

Le donne lavorano e guadagnano meno. Ragazze: prendetevi la Scienza
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Nel giorno della Festa della Donna 2023 urge una riflessione, oltre celebrazioni e auguri, sull'occupazione femminile e i forti divari che ancora permangono nel confronto con i lavoratori uomini. Una serie di concause - fra cui pregiudizi e limitazioni che ancora vorrebbero che la cura dei figli e della casa fosse una questione esclusivamente appannaggio femminile - rendono estremamente complicato, per la platea in rosa un vero e definitivo processo di emancipazione.

E se i dati ci dicono che dopo il Covid l'occupazione femminile è in ripresa, un altro elemento da tenere conto sono i forti divari territoriali tra Nord-Centro da un lato, Sud e Isole dall’altro. Oltre alla polarizzazione degli impieghi femminili su settori “tradizionali”: le donne continuano, infatti, a essere, in prevalenza, insegnanti, medici e operatrici della sanità, impiegate, commesse. Nonostante il crescente interesse, per le nuove generazioni, verso la scienza e le cosiddette materie Stem - (Science, Technology, Engineering e Mathematics), peraltro fra i pochi ambiti di studio capaci di garantire stipendi e ruoli paritari anche alle donne - molte studentesse subiscono ancora il retaggio di non essere adatte a questo ambito.

Occupazione femminile in Italia

Le donne sono più degli uomini, studiano di più e spesso hanno risultati scolastici migliori dei loro coetanei, ma lavorano di meno e, soprattutto, sono meno valorizzate sul posto di lavoro: il loro talento è dunque mortificato, con conseguenze che pesano sia a livello personale, ma anche sull’intera società, che si trova a dover fare a meno di risorse preziose.

Un esempio? Se per gli uomini il tasso di occupazione è man mano più elevato con la crescita del numero dei figli, per le donne si verifica il fenomeno opposto, per cui con l’aumento dei figli diminuiscono le donne che hanno un lavoro. Inoltre, quasi una donna occupata su tre (il 32,4%), per un totale di oltre tre milioni di donne, svolge un lavoro part time, quota che per gli uomini è solo dell’8,5%.

A penalizzare le retribuzioni femminili, oltre alla minore presenza nei ruoli dirigenziali, c’è una maggiore incidenza del lavoro part-time (svolto dal 31% delle donne, contro il 9% degli uomini) e di impieghi intermittenti o discontinui nel tempo, dovuti spesso alla necessità di conciliare il lavoro fuori casa con l’accudimento della famiglia. La situazione dell’occupazione femminile in Italia presenta da anni numeri allarmanti, ancora peggiori rispetto ai numeri che si riscontrano nel resto dell’Unione Europea. Solo una donna su tre nel nostro Paese ha un lavoro regolarmente retribuito. Numerose sono le statistiche che analizzano la drammatica situazione occupazionale, come il Bilancio di genere 2021 realizzato dal Dipartimento della ragioneria generale dello Stato. Secondo i dati raccolti, l’occupazione femminile nel 2021 è pari al 49%. Non si vedeva una percentuale così bassa dal 2013. A peggiorare la situazione è stata la pandemia da Covid-19, in cui ancora una volta le donne sono state le più colpite dalla crisi economica. Tantissime sono state, infatti, le donne che hanno perso il posto in caso di contratti precari o a termine. Ma il divario di genere è una tematica che ha radici più profonde, un fenomeno culturale e sociale.

Il divario di genere in Italia: le statistiche

Secondo il Global Gender Gap Report 2022, vale a dire il rapporto globale sul divario di genere del 2022, pubblicato dal World Economic Forum, l’Italia si ferma al posto 63 su 146 paesi, prendendo in considerazione il divario di genere sulla base di quattro fattori: economia; istruzione; salute; politica.

Merita attenzione quanto afferma il rapporto presentato a gennaio 2022 da AlmaLaurea, con il sostegno del Ministero dell’Università e della Ricerca: i livelli di efficacia della laurea nel lavoro svolto dalle donne risultano maggiori di quelle degli uomini.

Le imprenditrici?

Altro tarlo riguarda le carriere delle donne, facendo una particolare attenzione alla percentuale di manager donna rispetto ai colleghi uomini. È tristemente noto, infatti, che gli uomini tendono ad occupare posizioni più elevate delle donne. A conferma di ciò, i dati dell’Istat riportano che solamente il 33% dei manager nell’Ue nel 2019 erano donne. Tale percentuale non supera il 50 % in nessuno degli Stati membri.

Per ciò che riguarda invece la nuova nascita di Partite Iva aperte da donne, o imprese condotte da una maggioranza di componenti femminili, si riscontra un leggero aumento. Nel primo periodo del 2021 le imprese condotte da donne erano almeno 330.000, più di un quinto del tessuto imprenditoriale italiano. Sono dati che fanno ben sperare per una evoluzione dell’imprenditoria femminile anche futura.

Divari geografici

Le Regioni del Nord e del Centro offrono dati più incoraggianti sul tema dell'occupazione femminile, con la punta di eccellenza del Trentino Alto Adige (66,3% occupate), e un tasso medio intorno al 60% in Emilia Romagna, Toscana, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia. Si piazzano sotto la media, invece, le Regioni meridionali e le Isole, con la maglia nera della Sicilia (30,3%) e della Campania (30,4%).

"Le differenze nel tasso di occupazione femminile tra Nord e Sud - spiega il presidente del Cnel Tiziano Treu - rispecchiano i divari economici fra le aree del Paese. Le azioni strutturali che sono state avviate, come l’istituzione dell’assegno unico per i figli e il piano per asili nido e scuole dell’infanzia previsto dal Pnrr potranno avere un impatto positivo in futuro. Un’altra forte criticità - aggiunge Treu - è il divario retributivo fra uomini e donne, sia sul piano del salario orario, sia, in modo più rilevante, se si guarda alla disponibilità di reddito annuo di lavoratori e lavoratrici".

Ragazze, superate i pregiudizi: prendetevi la scienza

Veniamo ora a un tema fondamentale: le nuove generazioni. Sono sempre di più le donne che scelgono gli studi scientifici e si appassionano alla tecnologia già sui banchi di scuola.

Materie Stem

Ma gli stereotipi di genere pesano ancora: le materie scientifiche continuano infatti a essere percepite dalle ragazze come “poco adatte” a loro, nonostante incuriosiscano il 54% delle studentesse. Lo dicono i dati di una ricerca realizzata da Ipsos per Save the Children e diffusa in occasione della Giornata internazionale per le donne e le ragazze nella scienza che si celebra in tutto il mondo venerdì 11 febbraio.

Secondo i dati del ministero dell’Università, nel 2021 il 22% delle ragazze iscritte all’università ha scelto un corso Stem, in aumento rispetto agli anni precedenti. Sono cresciute soprattutto le immatricolazioni ai corsi di informatica e tecnologie Ict, che hanno registrato un +15.74%. Ma, come accennato, molte giovani aspiranti scienziate sono ancora frenate da pregiudizi e stereotipi.

“Cresce tra le bambine e le ragazze, in Italia e nel mondo, la consapevolezza del loro valore e del contributo che possono dare in ambito scientifica" spiega Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia - Europa di Save the Children, "ma il divario di genere è molto presente e si radica, sin dai primi cicli di istruzione, negli stereotipi, ancora oggi diffusi, che vorrebbero le ragazze poco portate verso le materie scientifiche e che bloccano sul nascere i loro talenti".

Rita Levi Montalcini, Premio Nobel per la medicina nel 1986 per la scoperta del fattore di accrescimento della fibra nervosa

Alle giovani scienziate in erba ci permettiamo di ricordare che sono proprio le laureate Stem fra le poche donne che guadagnano quanto i maschi e ricoprono, a parità di talento, posizioni apicali in egual misura. Coloro che hanno dunque la fortuna di amare queste materie seguano dunque le loro inclinazioni, garantendosi (anche) indipendenza economica e soddisfazioni professionali. E se i retaggi permangono basta leggere la biografia di due donne che hanno rappresentato un faro, in tal senso, nel nostro Paese: Margherita Hack e Rita Levi Montalcini.

L'astrofisica Margherita Hack
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