Inchiesta Covid: spunta il decreto di Speranza che Conte non firmò
Secondo i magistrati di Bergamo con la zona rossa in Val Seriana si sarebbero potuti evitare 4mila morti
Va avanti l’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della prima fase dell'emergenza Covid: gli atti che riguardano l'ex premier Conte e l'ex ministro Speranza sono stati trasmessi dalla Procura di Bergamo a quella di Brescia, che poi vi invierà al Tribunale dei ministri gli indagati per la gestione del Covid in Val Seriana.
Al centro c'è la mancata realizzazione della zona rossa nel febbraio 2020 a Nembro e Alzano e la mancata attuazione del Piano pandemico.
La bozza del decreto: chi firmò e chi no...
Una bozza di decreto firmata dall’allora ministro della Salute Roberto Speranza, ma non dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Oggetto: l’istituzione della zona rossa appunto a Nembro e Alzano.
Un documento pubblicato dal Corriere della Sera che i magistrati di Bergamo avrebbero ritrovato in un cassetto del ministero è entrato nell'imponente inchiesta sulla gestione della prima ondata Covid in Val Seriana.
Secondo gli inquirenti e l'impianto accusatorio, l'adozione di quelle misure avrebbe evitato almeno 4mila morti.
Le reazioni da Roma dell'ex premier
L'ex premier che nella gestione dell'emergenza pandemica a capo del Governo fu poi avvicendato da Mario Draghi si dice tranquillo e pronto a fare chiarezza:
“Di fronte a una situazione senza precedenti, c'è chi mi ha accusato di aver chiuso troppo e chi di aver chiuso troppo poco”.
"Bubbone giudiziario" dopo le elezioni
Il bubbone giudiziario esploso ironia del destino pochi giorni dopo l'esito proprio delle elezioni regionali in Lombardia vede una ventina gli indagati tra politici (tra loro anche il confermato governatore Attilio Fontana e l'ex assessore alla Sanità Giulio Gallera), dirigenti, esperti.
Come detto, per la Procura più di 4000 morti si sarebbero potute evitare, troppe furono le negligenze sulla mancata zona rossa in Val Seriana, la cui situazione secondo le indagini sarebbe stata sottovalutata anche dallo stesso governatore Fontana e dagli esperti del Comitato scientifico.
Cosa prevedeva il piano pandemico
Il piano pandemico lasciato inattuato ha causato il ritardo nell'approvvigionamento di guanti e mascherine, nel censimento di posti letto in terapia intensiva.
Dai vertici della Lombardia al governatore Fontanea, all’ex assessore al Welfare Gallera, ai dirigenti della sanità regionale bergamasca, ai membri del Comitato scientifico, al Governo: l'inchiesta appena chiusa non ha risparmiato nessun anello della catena.
Il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani spiega come si è arrivati alle conclusioni che hanno portato nel registro degli indagati l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il governatore della Lombardia Attilio Fontana, componenti del Cts e dirigenti lombardi.
“Di fronte alle migliaia di morti e le consulenze che ci dicono che questi potevano essere eventualmente evitati, non potevamo chiudere con una archiviazione - ha detto il magistrato alla trasmissione Agorà su Rai 3 - La nostra scelta è stata quella di offrire tutto il materiale raccolto ad altri occhi, che saranno quelli di un giudice, di un contraddittorio con i difensori perché è giusto che la ricostruzione la diano gli interessati e da tutto questo ricavare l’esperienza non solo di carattere giudiziario, ma anche scientifico, amministrativo” quindi “una lezione, una grandissima riflessione”.
E ancora:
“Il nostro scopo era quello di ricostruire cosa è successo e di dare una risposta alla popolazione bergamasca che è stata colpita in un modo incredibile, questa è stata la nostra finalità, valutare se un’accusa può essere mantenuta come noi valutiamo di fare proprio per questa insufficiente valutazione di rischio”.