Che cosa c'entra Beppe Sala con la decisione di praticare l'alimentazione forzata a Cospito
Se le condizioni dell'anarchico dovessero aggravarsi prima che la Cassazione si esprima, ecco quale potrebbe essere l'iter "d'emergenza"
La situazione dell'anarchico Alfredo Cospito, sottoposto al 41bis nel carcere milanese di Opera, è un caso di rilevanza mediatica e politica di primo piano: l'opinione pubblica è spaccata, inoltre - eventuali mosse in un futuro prossimo da parte delle istituzioni, potrebbero creare un precedente di valenza legale.
Caso Cospito: quali soluzioni? La palla potrebbe passare a Beppe Sala
Cospito sta facendo lo sciopero della fame da 110 giorni, per protestare contro quella specifica modalità di detenzione, tipica del 41bis, e ha dato disposizione, nel caso perdesse i sensi, di non alimentarlo forzatamente. A questo punto, la domanda è inevitabile: come dovrebbero muoversi le istituzioni in un campo tanto scivoloso in cui va coniugato il dovere di tutelare la salute di un cittadino posto sotto l'egida dello Stato e la sua volontà di non essere alimentato? Chi potrebbe essere chiamato a decidere? Oltre agli psichiatri e alla Cassazione, sulla situazione potrebbe doversi esprimere il sindaco della città in cui il soggetto è detenuto, ovvero Milano: a questo punto la palla potrebbe quindi finire nelle mani di Beppe Sala, appartenente a un partito - il Pd - in netto contrasto con il Governo in carica.
La premier Giorgia Meloni e il ministro della giustizia Carlo Nordio, infatti, hanno già detto che sul regime carcerario di massima sicurezza non ci saranno passi indietro almeno dal fronte governativo.
I medici in servizio presso il carcere di Opera dicono che l’anarchico ha un quadro sanitario stabile e non ancora allarmante, nonostante i 110 giorni di digiuno, inutile sottolineare che non potrà durare ancora molto. L’unica strada è la sentenza della Corte di Cassazione attesa per il prossimo 24 febbraio 2023. Ma se la situazione precipitasse prima della sentenza? Cospito potrebbe essere sottoposto a Trattamento sanitario obbligatorio con alimentazione forzata. Ma siamo nel campo delle ipotesi.
Norme del Tso
Il Trattamento sanitario obbligatorio è regolato dalla legge base del sistema sanitario locale, la 833 del 1978. Si può intervenire con un trattamento sanitario obbligatorio solo per malattia mentale: un primo medico ed un secondo sanitario che controfirma la richiesta devono attestare che il paziente non è in sé. La decisione finale spetta al sindaco o ad un delegato del sindaco. E in ogni caso il paziente sottoposto al Tso viene curato con farmaci psichiatrici, non alimentato forzatamente.
E' quindi necessario trovare due sanitari che dichiarino la malattia mentale di Cospito e poi convincere della tesi il sindaco competente, in questo caso Beppe Sala che, secondo la legge 833, sul territorio rappresenta l’autorità sanitaria locale e ha l'ultima parola.
Ma la vicenda, come è facile immagine, racchiude in sé una complessità di elementi, impossibili da liquidare facilmente. Un tema che molti stanno portando avanti, per esempio, è che intervenire alimentando Cospito forzatamente potrebbe essere paragonabile alle misure che vengono messe in atto per evitare i suicidi in carcere: essendo persona posta sotto la tutela dello Stato, dovrebbero essere le istituzioni a impedirgli di nuocere a sé stesso.
Di tutt’altro parere è invece Grazia Zuffa, membro del Comitato nazionale di bioetica (quello che eventualmente sarebbe intenzionato a sentire il governo) e tra gli autori di un parere che il comitato diede più di dieci anni fa a proposito di suicidi in carcere e dell’obbligo di impedirli che, a Open, ha chiarito:
"Partiamo dal fatto che è stata da tempo riconosciuta la perfetta equiparazione tra diritto alla salute fuori dal carcere e dentro il carcere. Bene, dal 2017 esiste una legge sulle disposizioni anticipate di trattamento (o testamento biologico) che permette ai cittadini di decidere se vogliano essere curati, o alimentati o idratati, qualora non fosse loro possibile decidere, e questo vale sia fuori sia dentro il carcere".
E l’obbligo di impedire il suicidio?
"È tutt’altra situazione. Un conto è dire che impedisco ad una persona di buttarsi dalla finestra o appendersi ad un cappio, un conto è introdurre nel suo corpo qualcosa contro la sua volontà".
Il quadro è complicato e anche gli esperti sono divisi.
In cosa consiste il 41bis
Torniamo alla radice del problema: perché l'anarchico sta facendo lo sciopero della fame? In cosa consiste il 41bis e perché si applica?
Chiamato anche "carcere duro" inizialmente, era stato inoltre introdotto con un carattere temporaneo fino ad essere stato reso definitivo nel 2002. Il regime prevede in particolare una serie di misure restrittive: tra queste l’isolamento sia nella cella che nelle parti comuni delle strutture carcerarie, limitazioni per l’ora d’aria, la sorveglianza costante affidata ad un corpo speciale della polizia penitenziaria. E ancora la limitazione dei colloqui con i familiari, il controllo della posta inviata e ricevuta, la limitazione degli effetti personali custoditi in cella.
Lo scopo è quello di impedire al detenuto di continuare a comunicare (ed eventualmente impartire direttive) con le organizzazioni criminali alle quali è legato. Per questo motivo numerosi giudici hanno difeso l’istituto, considerato di grande importanza per la lotta al crimine organizzato.
Ma c’è chi ne ha contestato une presunta incostituzionalità, con particolare riferimento all’articolo 27 della Costituzione. Quest’ultimo dispone che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. La Corte europea dei diritti umani, chiamata a esprimersi in due casi, non ritenne la disciplina, in linea di principio, in contrasto con le convenzioni internazionali. Così come la Corte costituzionale.
Secondo i dati del ministero della Giustizia, nel 2022, i detenuti al regime del 41bis erano 728, fra loro - appunto - anche l'anarchico Alfredo Cospito, 55enne originario di Pescara. Militante anarchico insurrezionalista, è stato condannato a 10 anni e 8 mesi nel 2014 per la gambizzazione di Roberto Adinolfi, dirigente della Ansaldo Nucleare. Successivamente ha ricevuto un'ulteriore condanna all'ergastolo ostativo per l'attentato del 2006 contro la scuola allievi carabinieri di Fossano.
I legali di Cospito hanno fatto ricorso contro la misura del 41bis, il 19 dicembre 2022 il tribunale di Roma ha rigettato la richiesta. Ora spetta alla Cassazione esprimersi il 24 febbraio 2023. Il detenuto digiuna da ottobre 2022.