Giornata della Memoria, la lezione di Pietro Dorfles su "La tregua" di Primo Levi
Il giornalista e critico letterario spiega l'odissea dei deportati da dopo la liberazione fino al rientro a casa
Oggi, 27 gennaio 2023, proprio nell'anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz (Polonia) da parte delle truppe sovietiche nel 1945, in tutto il mondo viene ricordata la Giornata della Memoria. Per l'occasione vi proponiamo qui di seguito la lezione del giornalista Pietro Dorfles realizzata durante la puntata di "Splendida Cornice", programma condotto da Geppi Cucciari andato in onda ieri, giovedì 26 gennaio 2023, su Rai 3. Il giornalista e critico letterario propone una spiegazione sul libro "La tregua" di Primo Levi, continuazione di "Se questo è un uomo" dello stesso autore, che racconta l'odissea infinita dei deportati nel periodo tra la liberazione e il ritorno a casa.
Pietro Dorfles spiega "La tregua" di Primo Levi
"Se tutti conoscono 'Se questo è un uomo' di Primo Levi e sanno che quella è una delle più straordinarie testimonianze di cosa sono stati i campi di sterminio nazisti, forse non tutti hanno letto 'La tregua' che per certi versi è la continuazione di quel libro. E' una storia che riguarda quello che è successo dopo la liberazione di Auschwitz e parte dal momento in cui le truppe sovietiche liberano il campo di concentramento e arriva fino al momento in cui Primo Levi riesce a tornare a casa.
E' quindi una specie di odissea durata dieci mesi, durante i quali, non soltanto quelli che sono sopravvissuti ai campi di concentramento, ma anche tanti prigionieri politici, tanti sbandati, una specie di gruppo assolutamente eterogeneo di persone, viene sballottato su e giù per l'Unione Sovietica.
Una logica veramente insensata, dietro una gerarchia improbabile, di personaggi che si nominano capi, dietro dei ciarlatani che organizzano le cose, dietro degli scaltri che riescono a sopravvivere perché sanno come procurarsi il cibo. Questa è la storia che succede tra il momento in cui il campo di concentramento viene liberato e quando Primo Levi torna a casa.
Questa è 'La tregua', che non è il momento in cui finisce la passione del campo di concentramento, ma tra la fine di quella passione e il momento in cui comincia qualcos altro, il ritorno alla vita normale che non è affatto né semplice, né tranquillo, lì la tregua non ci sarà più.
Il racconto di Levi, in fondo, ha questo significato, di spiegarci non solo cosa è stato il campo di concentramento, ma che cosa c'è dopo, che cosa i deportati si sono portati dietro per tempo e per anni, per mesi, alcuni per sempre. Perché già nel momento in cui finisce la detenzione e i nazisti scappano, c'è un momento come di dissoluzione, quelli che sono sopravvissuti si trovano come desolati, senza sapere cosa fare, spaesati, quasi che non sapessero cosa fare di quella testimonianza che hanno addosso. Non sapessero come liberarsi di quello che Levi dice essere 'il veleno' che Auschwitz gli ha infilato nelle loro vene.
Qualcosa di cui non riescono a liberarsi perché sentono, soprattutto, la vergogna per una colpa altrui e non sanno di come liberarsi di quella cosa che è successa perché altri hanno fatto a loro quello che hanno fatto. Se questo è l'inizio e questo è il momento in cui comincia la tregua, perché durante questo lunghissimo viaggio di ritorno in realtà nessuno pensa a cosa accadrà, c'è qualcosa che accade alla fine, quando dopo essere passati attraverso l'Unione Sovietica, la Romania, l'Austria e di nuovo tornando in Germania, dove ad un certo punto Levi vede per la prima volta dei tedeschi dopo il lungo periodo del concentramento e si dice 'ma questi signori sanno cosa è successo? Possono tornare a casa la sera e parlare tranquillamente con i loro figli, andare a messa la domenica, dopo quello che è successo?'.
Finalmente arriva il passaggio, il rientro presso il Brennero in Italia e qui Levi dice 'è il momento in cui ci rendiamo conto di cosa è successo'. Siamo partiti noi deportati in 650 e siamo tornati in 3. A Torino, Levi si ritroverà a non riuscire a liberarsi dall'istinto che gli veniva dal lager di guardare continuamente per terra per vedere se c'era qualcosa da raccogliere per mangiare, o qualcosa che si può prendere per scambiare con un pezzo di pane. Ci vorranno mesi perché perda questa abitudine di camminare guardando per terra.
E ancora, sempre perché il lager non si dimentica, nonostante sia a casa e con attorno il calore della famiglia e un letto dove dormire, di notte ritorna l'idea che il lager sia ancora lì e tutto il resto sia cancellato in una nuvola grigia, l'idea che qualcuno potrebbe tornare dicendo 'Alzarsi!', in lingua straniera e insopportabile che suona nella mattina del lager".