Il dolore dei genitori

Riccardo Faggin, schiacciato dalle bugie sulla finta laurea? L'ombra dell'incidente "voluto"

Il 26enne aveva raccontato di essere prossimo a laurearsi, era tutto pronto per festeggiare. Ma in realtà era rimasto indietro.

Riccardo Faggin, schiacciato dalle bugie sulla finta laurea? L'ombra dell'incidente "voluto"
Pubblicato:

Con il passare delle ore si fa largo sempre più insistentemente l'ipotesi di un "incidente volontario" a causa di una bugia relativa alla laurea che, con il tempo, avrebbe assunto - nella mente del giovane Riccardo Faggin - le sembianze di un vicolo senza uscita.

Riccardo Faggin e la terribile ipotesi sulla morte: pesava la bugia sulla laurea

Il 26enne di Abano Terme, nel Padovano, si è volontariamente schiantato mortalmente perché non reggeva più la pressione esercitata dalle sue stesse bugie sulla laurea imminente? Stando alla disperazione e alle parole dei genitori di Faggin è possibile che Riccardo abbia visto in quel terribile incidente che gli ha tolto la vita una via d'uscita da una menzogna che pesava sulla sua coscienza.

La macchina accartocciata di Faggin

Quella bugia sulla laurea, poi lo schianto mortale

Come racconta Prima Padova, era tutto pronto a casa. Una festa per la sua laurea in Scienze infermieristiche che invece, purtroppo, si è trasformata in tragedia. L'incidente, quel drammatico schianto contro un platano in cui ha perso la vita il 26enne Riccardo Faggin. Una tragica fatalità, si era pensato all'inizio, un destino beffardo che si è portato via un ragazzo proprio quando stava per raggiungere un importante traguardo della sua vita.

Riccardo Faggin

In realtà, però, il quadro sembra ben diverso e ancor più devastante di quanto già non fosse. Già perché, subito dopo la tragedia, avvenuta poco dopo la mezzanotte dello scorso 29 novembre 2022 ad Abano Terme, è emerso che Riccardo quel giorno non aveva alcuna tesi da discutere e che anzi non era affatto in procinto di laurearsi. Sono state fonti ufficiali della stessa Università a confermarlo.

Da qui l'amara verità. L'incidente non sarebbe stato affatto accidentale, come era sembrato all'inizio, ma frutto di un probabile gesto volontario al culmine di un disagio personale covato per mesi. Un malessere che deve aver logorato l'universitario. Una "piccola bugia", come l'ha definita il padre del ragazzo, che però deve averlo schiacciato come un macigno. In un'intervista al Corriere della Sera, proprio il genitore ha confidato:

"La responsabilità me la sento addosso. Si è sentito in trappola e io, in questi 26 anni, non sono riuscito a trasmettergli la consapevolezza che, in realtà, non era solo, che mamma e papà potevano comprenderlo e sostenerlo nell'affrontare le difficoltà che la vita gli avrebbe messo davanti, fallimenti compresi".

Al momento proseguono comunque le indagini da parte della Polizia sul drammatico incidente di Riccardo, che era anche animatore nella parrocchia di San Martino, a Voltabrusegana. Tutte le piste restano aperte.

Precedenti analoghi

Alberto Duò abitava a Badia Polesine e aveva solo 22 anni quando, alle 21 del 15 febbraio del 2017 si è buttato sotto un Frecciarossa alla stazione di Rovigo. Il motivo? Aveva detto a tutti che si sarebbe laureato in ingegneria a Ferrara, ma la verità era un'altra ed è emersa dopo la sua tragica scomparsa. La lista purtroppo si allunga toccando la fragilità di ragazzi che, non sopportando la vergogna di essere "scoperti", mentono alla famiglia e agli amici.

E' la storia di un 23enne di Pescara che, iscritto alla facoltà di giurisprudenza  dell'università di Bologna, si è gettato nel fiume Reno il 9 ottobre di quest'anno. Il suo castello di bugie lo aveva portato addirittura ad organizzare la sua festa di laurea. Stesso copione un anno prima, nell'ottobre del 2021, quando un ragazzo abruzzese di 29 anni iscritto ad Economia e commercio a Forlì, sezione distaccata dell'università di Bologna, si è gettato dal ponte Stalingrado. Quella mattina fatale aveva invitato i suoi genitori per la cerimonia di laurea che in realtà non ci sarebbe stata.

Verità che le famiglie scoprono soltanto "dopo". E il pensiero comune di tutti questi genitori, distrutti dal dramma che li ha investiti, è sempre lo stesso: si può parlarne, si può sbagliare. Si può rimediare. Non deve finire nulla, soprattutto non così.

Seguici sui nostri canali