Tumore ai polmoni: dal Tribunale sentenza storica, la vedova di un lavoratore godrà della rendita Inail
Una lunga battaglia giudiziaria che durava dal 2014 e ha visto dibattimenti in primo grado e in Appello. L'uomo era morto per un tumore ai polmoni.
Sentenza storica dal Tribunale: la vedova di un ex lavoratore dei cementifici potrà beneficiare della rendita Inail. La sentenza del giudice riconosce infatti il possibile nesso tra la nocività nell'ambiente di lavoro e le malattie e i decessi dei soggetti impiegati nel ciclo di produzione del cemento.
L'uomo era morto per un tumore ai polmoni. Come scrivono i colleghi di Prima Padova, si tratta di un'importante decisione che riconosce il diritto della vedova di un ex lavoratore dei cementifici a beneficiare della rendita Inail con arretrati e interessi legali.
Sentenza storica, la vedova di un lavoratore potrà percepire la rendita Inail
Una sentenza che rappresenta un precedente importante, destinata con tutta probabilità ad aprire un ampio dibattito e far giurisprudenza, perché riconosce il possibile nesso tra la nocività nell'ambiente di lavoro, con le malattie e i decessi dei soggetti impiegati nel ciclo di produzione del cemento.
Si parla di decine e decine di casi. E' stato infatti riconosciuto dalla Corte d'Appello, a seguito di una seconda consulenza medico legale, il diritto della vedova di un lavoratore del cementificio di Monselice, in provincia di Padova, in Veneto, ormai deceduto, a beneficiare della rendita Inail con tanto di arretrati e interessi legali.
Un pronunciamento storico, frutto di una lunga battaglia iniziata nel 2014 dal Comitato "Lasciateci Respirare", che si era rivolto all’avvocato Stefano Zarabara, per tutelare i diritti delle famiglie dei lavoratori già dipendenti delle cementerie di Monselice ed Este e deceduti a seguito di patologie varie, oppure viventi ed ammalati.
L'inizio dell'iter giudiziario
Dopo una serie di incontri con i familiari di ex dipendenti dei cementifici, volti a chiarire la più che probabile origine di molte malattie insorte a seguito di un'esposizione di natura professionale degli stessi, nonché i diritti spettanti a congiunti o diretti interessati, il legale nel 2016, nell'assistere una vedova con il supporto del Comitato, si era rivolto al Tribunale di Padova (sezione lavoro) al fine di far accertare e dichiarare la natura professionale della patologia - un tumore ai polmoni - che aveva colpito a morte il coniuge.
L'obiettivo era arrivare a una condanna dell’Inail al pagamento in favore della donna dell’assegno una tantum e della rendita di cui agli artt. 85 t.u. 1124/65 e succ. mod. con arretrati e interessi di legge.
La malattia, la morte e la sentenza in primo grado
Infatti il marito, dal 1973 al 2011, aveva svolto mansioni di operaio manutentore, carpentiere e successivamente capo squadra manutenzione, alle dipendenze di due ditte che curavano la manutenzione dei grandi siti industriali quali le cementerie di Monselice ed Este. E' qui che l'uomo, nel corso della sua carriera professionale, era stato esposto a pericolose sostanze nocive quali amianto e polveri e fumi contenenti metalli pesanti, Ipa e diossine.
In primo grado il Giudice aveva disposto una perizia medico legale al fine di accertare l'eventuale nesso di causa con le lavorazioni effettuate e con le sostanze inalate.
La sentenza in Appello
Perizia che aveva riconosciuto come la patologia fosse in nesso eziologico con il tabagismo (il deceduto era infatti un fumatore), ma che ciò tuttavia non escludeva la rilevanza causale anche dell’amianto. Alla fine, dopo aver ascoltato anche i testimoni, il Tribunale di Padova, con la sentenza del 21 maggio 2019, aveva però respinto l'istanza istruttoria emettendo una sentenza di rigetto, "per non avere la ricorrente, fornito la prova delle mansioni svolte".
Da qui il ricorso in Appello a Venezia, che risale al luglio 2019, in cui si evidenziava che la perizia medico legale aveva in realtà accertato il ruolo concausale di amianto e fumo nella determinazione della malattia, chiedendo inoltre fossero sentiti i testimoni non escussi in primo grado, al fine di descrivere le mansioni del lavoratore. Richiesta accolta dalla Corte, che tuttavia aveva disposto una nuova consulenza medico legale.
E anche il secondo consulente d’ufficio, allineandosi con quanto già accertato dal primo, ha riconosciuto il carattere professionale della malattia, accertando che ambedue le esposizioni (fumo e amianto), avevano avuto un’entità molto significativa e concludendo che ambedue i fattori avevano avuto un ruolo rilevante, non essendovi elementi tecnico scientifici a disposizione per poter “dividere” il contributo rilevante dell’uno e dell’altro. Da qui il riconoscimento da parte della Corte d'Appello del diritto della vedova a beneficiare della rendita Inail con arretrati e interessi legali.