Sul rigassificatore di Piombino c'era un progetto alternativo che Governo e Regione hanno tenuto segreto
L'alternativa emergenziale, meno impattante, era con una società svedese disposta a noleggiare un rigassificatore già di sua proprietà, fermo a Dubai.
Nelle ultime settimane Carlo Calenda, il leader di Azione, ha più volte sostenuto la necessità di realizzare in tempi brevi nuovi impianti di rigassificazione per importare più gas liquefatto dall’estero e rendere l’Italia indipendente dalla Russia.
Il tema è una delle componenti fondamentali dell'accordo stretto con il Partito Democratico in vista delle prossime elezioni politiche.
Ma nel centrosinistra, Verdi e Sinistra Italiana sono contrari ai rigassificatori e in particolare a quello di Piombino, il primo dei due che il governo vuole installare.
Ma non solo, anche a livello locale l’opposizione al rigassificatore di Piombino è molto estesa e apparentemente irremovibile: le stesse sezioni locali del Pd sono contrarie e non sembrano disposte a cambiare idea.
Rigassificatore di Piombino: il progetto alternativo segreto
L'esteso fronte trasversale del no in Toscana ritiene l'impianto inutile e pericoloso in un porto che ogni anno movimenta milioni di passeggeri e a ridosso del centro abitato.
Per contro a livello nazionale si guarda a Piombino considerandola vittima dalla sindrome Nimby, l’acronimo che definisce le proteste “Not in my back yard” ( Non nel mio cortile).
Calenda per Piombino ha preconizzato addirittura la militarizzazione per arrivare alla realizzazione delle opere per far entrare quel rigassificatore (il rischio sono gli sversamenti di cloro) a ridosso degli allevamenti di pesce del golfo di Follonica che da soli rappresentano il 60 per cento della produzione nazionale.
Per inciso, fra i finanziatori del movimento politico di Carlo Calenda c’è Romano Minozzi, imprenditore del distretto ceramico emiliano, socio di minoranza (7 per cento) di Snam, la società che deve realizzare i rigassificatori a Piombino e a Ravenna (si ha traccia di due finanziamenti, uno di 10mila euro nel 2019, uno di 20mila nel 2020).
Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, il presidente della Regione Eugenio Giani e la Snam hanno condotto un percorso "da società segreta": il sindaco di Piombino, Francesco Ferrari (Pd), è stato informato solo a percorso ampiamente già avviato, praticamente irreversibile.
E oggi si scopre – l'esclusiva è del nostro settimanale toscano BisenzioSette – che non c’era solo il progetto di Snam.
Non c’era solo il progetto di Snam
Non c’era solo quel piano che pretendeva la concessione in banchina per 25 anni per poi accontentarsi di “almeno 3” e alla fine chissà quanti saranno.
Sul rigassificatore di Piombino era arrivata anche un’altra proposta, formalmente in data 30 marzo 2022, ma con qualche contatto preliminare precedente. Molto prima dell’affidamento a Snam e della nomina del presidente della Regione Eugenio Giani come commissario straordinario, avvenuta il 9 giugno.
La proposta è stata indirizzata all’Autorità di sistema portuale del mar Tirreno settentrionale (Livorno e Piombino), al ministero dello Sviluppo Economico, alla Regione Toscana e alla Snam.
Quello alternativo – tenuto coperto – sarebbe un progetto legato essenzialmente alla fase emergenziale, meno impattante, con una società svedese disposta a noleggiare un rigassificatore già di sua proprietà, fermo a Dubai e trasferibile in tempi brevi.
Nella lettera d’intenti si faceva riferimento alla “immediata disponibilità” di realizzare a proprie spese, a qualsiasi titolo, l’infrastruttura necessaria per il trasferimento del Gnl nella rete nazionale di distribuzione. E di ormeggiare la nave in banchina solo per i mesi dell’emergenza invernale per lasciare le strutture portuali nelle disponibilità di altri operatori più funzionali allo sviluppo della struttura.
Dunque un utilizzo provvisorio, meno impattante della richiesta di Snam, che inizialmente era di 25 anni. Ma anche di quella formalizzata di “almeno 3 anni”.
Alla Regione Toscana, nel suo ruolo commissariale e anche in precedenza, nessuno ha ritenuto opportuno di rendere pubblica questa possibile alternativa.
L’operazione della società svedese sarebbe stata senz’altro meno onerosa, non avrebbe previsto l’acquisto della nave rigassificatore (la Golar Tundra è costata 330 milioni) e avrebbe permesso un utilizzo meno impattante, peraltro di una nave a ciclo chiuso, meno dannosa sul piano ambientale.
Certo, comunque qualcosa di sgradito alle comunità di Piombino, della Val di Cornia e di Follonica. Ma, se resa nota, avrebbe potuto quantomeno rasserenare gli animi di una comunità giustamente esasperata.
E non solo perché in quel cortile ci è stato gettato di tutto nell’ultimo secolo: per fermarsi solo alle cose più devastanti, un’industria pesante che ha dato lavoro, ma anche lutti e malattie, discariche tossiche, centrali elettriche a olio combustibile. E quell’industria pesante è ora di fatto ai saluti...