La resa di Mariupol

264 soldati evacuati dall'Azovstal. Erdogan dice no anche alla Svezia, Orban a embargo petrolio

Dopo 82 giorni di resistenza, anche l'ultimo avamposto ucraino pare essere caduto completamente nelle mani di Mosca. Sul fronte internazionale, invece, la situazione si fa sempre più caotica.

264 soldati evacuati dall'Azovstal. Erdogan dice no anche alla Svezia, Orban a embargo petrolio
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Un'evacuazione che con molta probabilità mette fine alla resistenza ad oltranza di Mariupol contro gli attacchi dell'esercito russo. Nella notte tra ieri, lunedì 16, ed oggi, martedì 17 maggio 2022, sono stati fatti evacuare 264 soldati ucraini dall'acciaieria di Azovstal, ultimo avamposto di Mariupol, città del sud-est dell’Ucraina che ormai da diversi giorni è sotto il controllo di Mosca. Di tutti i militari ucraini, 53 erano feriti e sono stati condotti ad Novoazovsk, mentre gli altri 211 sono stati portati a Olenivka, territorio controllato dai separatisti filorussi di Donetsk, dove infine sono stati ricondotti nelle zone in mano alle forze ucraine nell'ambito di uno scambio di prigionieri.

"La guarnigione 'Mariupol' ha portato a termine la sua missione di combattimento - afferma lo Stato maggiore ucraino - Il Comando militare supremo ha ordinato ai comandanti delle unità di stanza ad Azovstal di salvare la vita del personale".

Nel frattempo, sul fronte internazionale, Svezia e Finlandia, visto il prolungarsi del conflitto bellico in Ucraina, hanno avanzato la loro richiesta di ingresso nella Nato. Una posizione che tuttavia è stata accolta con durezza dalla Turchia, la quale ha dichiarato che "non cederà" sull'opposizione alla loro adesione nell’Alleanza atlantica. Il presidente Erdogan, in riferimento alla Svezia, ha poi affermato:

"Come possiamo dare loro fiducia? La Svezia è un vivaio di organizzazioni terroriste".

Come ultima istanza, è da segnalare lo stallo sul sesto pacchetto di sanzioni alla Russia e in particolare sull'embargo del petrolio di Mosca che vorrebbe mettere in atto l'Unione Europea. A porre il veto soprattutto l’Ungheria del presidente Viktor Orban.

264 soldati evacuati dall'acciaieria Azovstal

Dopo 82 lunghissimi giorni di invasione, attacchi e bombardamenti, la città di Mariupol pare essere giunta alla sua resa. Nella notte tra ieri, lunedì 16, ed oggi, martedì 17 maggio 2022, 264 soldati ucraini sono stati fatti evacuare dall'acciaieria di Azovstal, ultimo avamposto della resistenza ucraina nella città del sud-est dell’Ucraina. A riferirlo è stato proprio lo Stato maggiore del presidente Zelensky: di tutti i militari evacuati, 53 erano feriti e sono stati condotti nella città di Novoazovsk, mentre la restante parte è stata portata, a bordo di cinque autobus e un blindato, a Olenivka, territorio controllato dai separatisti filorussi di Donetsk. La vice ministra della Difesa ucraina, Hanna Maliar, ha infine dato notizia che nei prossimi giorni i soldati verranno riportati in territorio ucraino con uno scambio di prigionieri.

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Sull'evacuazione dei soldati ucraini dall'acciaieria di Azovstal sono arrivate anche le dichiarazioni del presidente Zelensky:

"La guarnigione 'Mariupol' ha portato a termine la sua missione di combattimento. Il Comando militare supremo ha ordinato ai comandanti delle unità di stanza ad Azovstal di salvare la vita del personale - ha affermato lo Stato maggiore ucraino, precisando che le iniziative di soccorso ai difensori rimasti sul territorio dell'Azovstal continuano - I difensori di Mariupol sono gli eroi del nostro tempo. Sono per sempre nella storia. Mantenendo le posizioni ad Azovstal, non hanno permesso al nemico di trasferire gruppi fino a 17 gruppi tattici di battaglione (circa 20.000 membri del personale) in altre aree. Ciò ha impedito l'attuazione del piano per la rapida cattura di Zaporizhzhia, l'accesso al confine amministrativo delle regioni di Donetsk e Zaporizhzhia e ci ha dato l'opportunità di preparare e creare linee difensive, dove si trovano oggi le nostre truppe. Speriamo di poter salvare i nostri ragazzi perché l'Ucraina ha bisogno di eroi vivi".

L’acciaieria, come detto, era rimasto l’unico luogo della città ancora sotto il controllo degli ucraini, e fino ad oggi era stato difeso da un manipolo di soldati che avevano rifiutato categoricamente ogni richiesta di resa. Nei sotterranei dell’acciaieria per settimane erano stati nascosti anche centinaia di civili, in gran parte fatti evacuare l’8 maggio. Da allora l’esercito russo aveva però continuato ad attaccare e bombardare quotidianamente l’acciaieria, senza consentire nessuna tregua per permettere il soccorso dei soldati feriti.

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Erdogan dice no anche alla Svezia nella Nato

"La Russia è il nostro vicino. Abbiamo un lungo confine con loro e vediamo come si comportano in Ucraina adesso. È una guerra in Europa che non volevamo accadesse, ma ora purtroppo è così. Pertanto, dobbiamo ovviamente porci la domanda su come possiamo fare in Finlandia per evitarlo".

In una conferenza stampa congiunta la premier finlandese Sanna Marin e quella svedese Magdalena Andersson avevano annunciato che la loro adesione alla Nato era sempre più vicina. La decisione di rinunciare alla loro storica neutralità ha fatto subito scattare le contromosse da parte di Mosca che ha annunciato la sospensione da venerdì 13 maggio 2022 delle forniture di gas. L'adesione all'Alleanza atlantica dei due Paesi scandinavi, tuttavia, è ora ostacolata anche da un'altra figura di grande influenza del panorama politico internazionale.

Il presidente turco Erdogan

La Turchia del presidente Recep Tayyip Erdogan, in una conferenza stampa congiunta ad Ankara con l'omonimo algerino, Abdelmadjid Tebboune, ha reso nota la sua forte opposizione all'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato:

"Non diremmo di sì alla loro adesione alla Nato, senza offesa. Da entrambi i Paesi non c'è un atteggiamento chiaro nei confronti delle organizzazioni terroristiche. Verranno lunedì, verranno a convincerci? Non si diano pena - ha aggiunto Erdogan - non diremo di sì all'ingresso nella Nato, un'organizzazione di sicurezza, a coloro che impongono sanzioni alla Turchia".

Con queste parole il presidente turco fa riferimento al sostegno dei due Paesi nordici all'Ypg, le milizie curde del Nord della Siria che Ankara ritiene terroristi, e ai loro limiti alle esportazioni di tecnologie militari in Turchia. Erdogan ha quindi minacciato il veto e parla di Stoccolma come "incubatrice di terrorismo".

Il presidente russo, Vladimir Putin, nel frattempo, ha dichiarato che l'espansione militare della Nato, con i possibili nuovi ingressi tra le sue fila, non passerà inosservata da Mosca e provocherà una reazione.

Il veto dell'Ungheria all'embargo del petrolio russo

L'Unione europea, nel frattempo, è sempre al lavoro per mettere in atto il sesto pacchetto di sanzioni alla Russia, sulle cui misure però c'è ancora stallo. In particolare a dividere gli Stati dell'Ue sarebbe la decisione di attuare l'embargo del petrolio russo, la quale vede l'Ungheria come prima oppositrice. Il presidente Viktor Orban, infatti, continua a porre il suo veto sul blocco alle importazioni del greggio da Mosca.

"L'Ungheria non ha spiegato la sua posizione in termini politici, ma economici - ha precisato al termine del Consiglio Affari esteri il capo della diplomazia europea, Josep Borrell - Le discussioni sono state in termini tecnici sui costi e i tempi necessari ad adattarsi".

"Se l’Ungheria dovesse fermare le importazioni di petrolio russo, sarebbe necessaria una completa modernizzazione dell'infrastruttura energetica ungherese nell’ordine dei 15-18 miliardi di euro - ha avvertito il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto - È legittimo che gli ungheresi si attendano una proposta".

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