Cresce il consumo di pasta
Si tratta di un vero must, prodotto sostenibile, antispreco e dalle origini antichissime
Cresce il consumo di pasta. E’ un vero must, ma è anche un simbolo di semplicità e di gusto. Si tratta di un prodotto sempre più consumato, data anche la sua capacità di prestarsi a preparazioni praticamente infinite. I numeri testimoniano questo successo planetario: se mettessimo insieme tutte le confezioni di spaghetti, fusilli, farfalle e chi più ne ha più ne metta, mangiate nel mondo nel 2020, si formerebbe un «serpentone» lungo oltre 7 milioni di chilometri. Sì, è proprio così: equivale a circa 17 milioni di tonnellate di pasta, ben 1 milione in più rispetto al precedente record realizzato nel 2019. E il doppio se confrontato con dieci anni fa. Insomma, la pasta spopola nel mondo, ovunque la si guardi. E si rivela anche una scelta sostenibile e antispreco: la sua produzione ha un basso impatto ambientale e il suo packaging permette un recupero al 100% dei materiali d’imballaggio.
Cresce il consumo di pasta
In quest’ottica va tenuto in considerazione il consiglio che arriva dai pastai di Unione Italiana Food. Se tutti adottassero la cottura al dente, ciò permetterebbe a ogni italiano di consumare 80-110 litri d’acqua in meno all’anno. L’ultima battuta è sui formati di pasta più amati: ad emergere, sempre secondo l’Unione Italiana Food, sono spaghetti, penne, fusilli e rigatoni. Comandano ovviamente i primi: gli spaghetti incarnano il formato per eccellenza e le loro origini risalgono alla cultura araba del IX secolo. Se il termine spaghetti soppianta quello di vermicelli (ancora usato soprattutto nel meridione) più o meno in contemporanea con l’Ingresso nel Novecento, le prime testimonianze nazionali di questo nome le troviamo in un poemetto di Viviani del 1824 e nel Vocabolario domestico (1959) del Carena.