Andrea Agnelli: “Il calcio fra 20 anni”
"Una proposta condivisa e sostenibile per una nuova governance dello spettacolo o del mondo, con atleti, imprenditori e consumatori al centro di un progetto basato sulla mutualità e su modelli adeguati anche alla generazione Z".
“Scenari 2021”: nel magazine Linkiesta Forecast che la testata online cura in collaborazione con il New York Times, il patron bianconero Andrea Agnelli aveva già anticipato tutto. “Il calcio tra 20 anni” è, infatti, il titolo di un intervento del presidente della Juventus pubblicato il 9 gennaio scorso, poco più di un migliaio di parole fra le quali spiccava già anche quella che negli ultimi giorni ha catalizzato l’attenzione di tutto il vecchio continente: Superlega.
Andrea Agnelli: “Il calcio fra 20 anni”
Quella che dettaglia Andrea Agnelli (lo riporta Prima Torino) nel suo scritto "Il calcio fra 20 anni", è una “proposta condivisa e sostenibile per una nuova governance dello spettacolo o del mondo, con atleti, imprenditori e consumatori al centro di un progetto basato sulla mutualità e su modelli adeguati alla generazione Z”.
La premessa ruota attorno a un apparente paradosso, il fatto che il calcio sia lo spettacolo sportivo più amato e seguito al mondo, ma non il più ricco del mondo (pensando ad esempio a basket e football americano). Un problema di mancata valorizzazione del proprio potenziale, secondo il numero uno bianconero.
“Quindi il problema sono i soldi, giusto? Sbagliato”, dice Agnelli, che sottolinea come il punto centrale siano le differenze abissali fra le competizioni europee, i campionati nazionali delle “Big 5” (Inghilterra, Germania, Spagna, Francia e Italia) e tutti gli altri circuiti minori.
Il punto per il presidente è che “Il calcio è un unicum, governato dalle stesse norme”, ma la pandemia ha stravolto tutto quanto:
“Il calcio di base si è fermato, i campi sono chiusi e molti di essi non riapriranno perché le loro risorse sono prosciugate per sempre. La facilità di accesso del calcio, quello che portato tutti noi ad amare questo gioco è messa a repentaglio dalle norme di distanziamento e da un desiderio di emulazione diminuito dall'immagine di stadi vuoti, quindi tristi”.
Agnelli non fa mistero della necessità di una restaurazione strutturale, non solo per via dei ricavi mancati (circa 6,5 miliardi di euro nel biennio 2019-21):
“I dilettanti non giocano quasi più, i giovani non si avvicinano allo sport e i consumatori devono selezionare necessaria mente molto più di prima”.
Il presidente juventino tocca anche il tema della nuova generazione Z (quella dei telefonini, delle “InstaStories”, di TikTok) che ha valori, oltre che interessi, molto diversi rispetto al passato.
Ma veniamo al punto vero, secondo Agnelli:
“I calciatori sono protagonisti, ma non hanno quasi nessun potere decisionale rispetto a impegni e calendari. Gli imprenditori o gli investitori si assumono il rischio, ma non possono determinare formati e regole d'accesso e incassano proventi tramite l'intermediazione di autorità terze. Gli organizzatori/regolatori non sono né protagonisti né imprenditori, ma gestiscono, incassano e determinano”.
Questo lo scenario in cui FIFA e confederazioni (UEFA su tutte) sono viste da Agnelli come regolatori, organizzatori, broker e distributori di un prodotto, sia esso il Campionato del Mondo o la Champions League.
E il patron bianconero nella sua analisi le soluzioni ipotetiche le elencava già tutte.
“Riforma delle competizioni europee, Superlega, nuovi campionati nazionali, progetti più o meno segreti:in questi mesi i media internazionali hanno raccontato una realtà in rapido movimento. Tutte queste ipotesi, siano esse credibili o meno, si basano sull'assunto dal quale il dibattito deve partire. Cosa sarà il calcio nel 2040?”.
E non solo, Agnelli nella sua analisi è ancora più esplicito:
“Anche il numero di club che daranno vita al vertice dello spettacolo calcistico dovrà essere ridiscusso, non per assecondare i desideri di un avido gruppo di imprenditori, bensì perché l'offerta di calcio sia adeguata alla domanda e garantisca qualità”.
Insomma, esattamente il trailer del film visto in questi ultimi giorni.
“Il calcio del futuro ha il dovere di coltivare la protezione degli investimenti - conclude Agnelli - i livelli di remunerazione e la distribuzione adeguata dei proventi. Il panorama recessivo colpisce oggi principalmente i club, ma soprattutto la mutualità, la solidarietà tra i vari livelli della piramide. Se calciatori, investitori e pubblico sapranno, attraverso il dialogo con le istituzioni, dare vita a uno spettacolo che esprima tutto il potenziale, il calcio non sarà solamente il più amato tra gli sport, ma lo sarà per distacco rispetto a qualsiasi altro sport in qualsiasi KPI. E le risorse potranno essere messe a disposizione di Fifa, confederazioni, federazioni e leghe per finanziare il calcio, maschile e femminile, di base, sia esso quello dei dilettanti o quello delle giovani generazioni, che domani potranno sognare di arrivare al vertice”.
Questa è la vision del presidente juventino non solo per “mantenere vivo il sogno”, ma anche per rendere “sostenibile la realtà”. Una vision che può essere non condivisa, ma che è una costruttiva riflessione su presente e futuro del mondo del calcio.
Quello che, invece, non è condivisibile è la velocità del cambiamento: nessuno, dalla politica ai tifosi, ha compreso lo strappo perché escluso dalle riflessioni sottostanti e dalle mediazioni necessarie.
Resta una domanda: come sarà il calcio tra 20 anni?
Con calma, serviranno delle risposte.