LA LEZIONE DI BURIONI

Omicron è più "buona", ma sufficientemente "cattiva" per riempire gli ospedali di No vax

Ospite a Che tempo che fa il virologo ha ammonito: "Una grandissima parte dei morti che a tutt'oggi contiamo potrebbero essere evitati".

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Omicron è più "buona", ma sufficientemente "cattiva" per riempire gli ospedali di No vax
Burioni a Che tempo che fa

E, sempre come di consueto, ha approfondito per il pubblico un aspetto relativo alla pandemia. La spiegazione di ieri sera verteva su Omicron e sulle ragioni per cui è corretto considerarla "più blanda" soltanto per alcune specifiche fasce.

Burioni a Che tempo che fa: la lezione

Prima di prendere la scena è spiegare perché Omicron può essere anche "cattiva", il celebre professore ha chiarito:

"Le cose stanno andando meglio, perché siamo vaccinati e stiamo più attenti. Le cose vanno meglio perché noi le facciamo andare meglio. Deve passare chiaro il messaggio della vaccinazione fondamentale, soprattutto per gli over 50. Queste persone rischiano di infettarsi e stare molto male senza motivo".

Sulla vaccinazione nei bambini ha precisato:

"Tranquillizziamo i genitori, i dati che continuano ad arrivare ne confermano la sicurezza".

Omicron è davvero "più buona"?

Il professor Burioni è partito da un assunto che spesso sentiamo, ovvero che Omicron è una forma meno pericolosa di Covid, spiegando che alla base di tutto c'è il concetto di patogenicità, ovvero la capacità di causare la malattia, nato con i batteri:

"Per esempio escherichia coli è un batterio intestinale che tutti abbiamo e non ci causa nulla, ma quando questo batterio acquisisce la capacità di produrre una tossina che si chiama citoverotossina, allora sono guai e si rischia anche la morte. Nei batteri la capacità di dare la malattia in generale è legata a qualcosa di molto preciso: per esempio la produzione di una tossina (che è sostanzialmente un veleno), oppure la possibilità che ha il batterio di aderire alle nostre mucose. Questo genere di derive rende un batterio patogeno.

Quando parliamo dei virus tutto diventa molto più complicato: perché il rapporto che ha un virus con il suo ospite è estremamente articolato. Per esempio pensiamo alla poliomelite: su 500 persone infettate 499 se la cavavano con infezione live, una andava incontro a paralisi e o morte. Per studiare dunque la patogenicità nei virus abbiamo due strumenti a disposizione: gli studi sugli animali e le osservazioni epidemiologiche".

E cosa dicono questi studi su Omicron?

"Gli studi fatti in laboratorio su Omicron hanno dato risultati molto interessanti: sia quelli effettuati nelle cellule che quelli sugli animali suggeriscono un calo di patogenicità. Questa "bontà" è stata confermata anche dagli studi epidemiologici? Si tratta di esiti ben più complicati. Il virus è sicuramente cambiato in due anni, ma è cambiata anche la popolazione, ciononostante anche questi studi ritengono ragionevole che Omicron sia leggermente "più buona", ma la contagiosità è più alta. E questo dato resta pericoloso: in Israele, per esempio, dove la copertura vaccinale si attesta intorno al 65% (lasciando quindi scoperte numerose persone a rischio) le ospedalizzazioni sono state rilevanti anche con Omicron.

Stessa cosa negli Stati Uniti.

La conclusione, per il noto virologo, è chiara:

"Omicron è molto poco pericolosa per coloro che hanno fatto tre dosi di vaccino: i dati attuali indicano una protezione al 95% da ricovero e malattia grave.

Possiamo quindi concludere: Omicron è effettivamente più blanda, ma la sua alta contagiosità la rende più "cattiva" e capace di riempire gli ospedali di persone non vaccinate. Una grandissima parte dei morti che a tutt'oggi contiamo potrebbero essere evitati con la semplice vaccinazione".

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