Studio scientifico

Più l'aria è inquinata, più i contagi da Covid aumentano

I problemi maggiori per chi soffre di malattie respiratorie e cardiovascolari. E se la pandemia diventerà endemica, gli scenari non sono rosei.

Più l'aria è inquinata, più i contagi da Covid aumentano
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Non solo le varianti e Omicron, c'è un nuovo "nemico" nella battaglia contro il Covid: più l'aria è inquinata, più i contagi da Covid aumentano.

In un momento dell'anno dove il Paese si trova a fronteggiare la quarta ondata della pandemia e in un momento della stagione dove le soglie dell'inquinamento atmosferico (vuoi per il minor uso di ciclomotori, biciclette e monopattini, vuoi per per l'utilizzo dei riscaldamenti in abitazioni, uffici e attività) sono particolarmente attenzionate, questa nuova correlazione tra Covid e inquinamento rischia di avere conseguenze importanti.

Più l'aria è inquinata, più i contagi da Covid aumentano

Lo spauracchio di questa relazione tra i due fattori è stata evidenziata da uno studio portato avanti dall'Università Insubria.  L’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico può aumentare il rischio di infezione da SARS-CoV-2: lo suggerisce una ricerca condotta da Epimed, il Centro di Epidemiologia e medicina preventiva dell’Università dell’Insubria i cui risultati sono pubblicati oggi online sulla rivista Occupational & Environmental Medicine, del gruppo editoriale Bmj.

Di certo, non uno scenario incoraggiante proprio nelle settimane in cui (questa o la prossima) molto Regioni (tra cui la stessa Lombardia) potrebbero ritrovarsi in zona arancione o addirittura rossa.

Covid e inquinamento, l'escalation di infezioni

Lo studio, relativo alla popolazione adulta della città di Varese (62.848 persone), seguita nel tempo da inizio pandemia a marzo 2021, segnala un aumento del 5 per cento nel tasso di infezione per incremento di 1 microgrammo/metrocubo di PM2.5, 294 casi in più ogni centomila persone/anno.

Fin dall’inizio del periodo di pandemia è stato osservato – anche in Italia – che le aree più esposte all’inquinamento atmosferico erano anche quelle con tassi di infettività da SARS-CoV-2 più elevati. Queste osservazioni erano basate principalmente su dati aggregati, come livelli medi di inquinanti atmosferici e numero di casi di Covid-19 per provincia, ed erano limitate alle primissime fasi della pandemia. Sebbene importanti per identificare primi segnali di associazione, avevano bisogno di conferma da studi più robusti, con dati su singoli individui e su orizzonti temporali più lunghi.

Aria inquinata e Covid, lo studio

Lo studio ha avuto come bacino geografico di riferimento la città di Varese, un crocevia importante del trasporto aereo, su ferro e su gomma, con la presenza di molti hub di logistica, aziende, un aeroporto e il transito dei frontalieri da e per la Svizzera.

I risultati, sull'ottava città della Lombardia, dall'inizio della pandemia a oggi, sono stati commentati dal professor Giovanni Veronesi, docente di statistica medica e primo autore del lavoro:

"E' stato necessario uno sforzo collettivo che ha coinvolto non solo l’Università di Varese e Como e quella di Cagliari; ma anche l’Osservatorio Epidemiologico di Regione Lombardia e l’Agenzia regionale Aria, che hanno fornito i dati sanitari; e Arianet, una società privata leader nel campo delle modellizzazioni degli inquinanti ambientali, che ha messo a disposizione i dati sull’esposizione ambientale di lungo periodo"

Il professor Giovanni Veronesi
Il professor Giovanni Veronesi

I risultati

Dopo aver preso in considerazione molte delle caratteristiche cliniche e demografiche che possono aumentare la suscettibilità a SARS-CoV-2 oltre all’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico, i risultati indicano che l’aumento di 1 microgrammo/metro cubo nel livello medio annuo di PM2.5 era associato ad un aumento del 5% dei tassi di infezione, corrispondente a 294 ulteriori casi di positività da Covid-19 per 100mila abitanti/anno.

Relazioni simili valgono per altri inquinanti, come PM10, NO e NO2. Questi valori sono ancora più sorprendenti se si considera che l’esposizione media annua a PM2.5, PM10, e NO2 a Varese per l’anno 2018 (usato per le analisi) era sostanzialmente inferiore ai limiti di legge per la media annua di tali inquinanti.

I risultati si sono mantenuti consistenti in una serie di analisi di sensibilità, come l’utilizzo delle medie stagionali di inquinanti in luogo di quella annuale; l’esclusione di individui che vivono in una casa di cura residenziale; e l’ulteriore aggiustamento per l’indice di deprivazione e propensione alla mobilità pubblica. Permangono alcune limitazioni dello studio, dal momento che i ricercatori non sono stati in grado di tenere conto della mobilità, dell’interazione sociale, dell’umidità, della temperatura e di alcune condizioni cliniche, come la malattia mentale e le malattie renali.

Il commento

Lo studio in buona sostanza ha confermato il rischio legato a inquinamento atmosferico e malattie respiratorie e cardiovascolari (un particolare non di poco conto se il Covid da pandemia si tradurrà in endemia e ci troveremo a subirne le conseguenze), attraverso l’infiammazione persistente e compromissione dell’immunità.

Criticità che si ripresentano appunto nell'incidenza dei contagi Covid e nelle situazioni atmosferiche e qualità dell'aria non ottimali.

Come confermato dal professor Marco Ferrario, altro docente che ha seguito lo studio e ha chiarito alcuni aspetti della ricerca dell'università:

"I nostri risultati da soli non sono in grado di stabilire il nesso di causa-effetto, ma forniscono la prima solida prova empirica in merito al legame finora solo ipotizzato che collega l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico con l’incidenza di Covid-19. Per questo meritano una futura generalizzazione in diversi contesti"

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