Ci mancava anche la peste suina africana: scatta l'allarme (negli allevamenti)
In pochi giorni sono state rinvenute sei carcasse di cinghiali deceduti a causa della malattia infettiva tra Piemonte e Liguria.
Dopo il focolaio di influenza aviaria che ha colpito milioni di polli, tacchini e altri volatili in Lombardia e Veneto, gli allevamenti ora sono messi a rischio anche dalla comparsa di una nuova componente virale: la peste suina africana. I primi casi sono stati rinvenuti tra Liguria e Piemonte dove, in pochi giorni, sono state trovate le carcasse di sei cinghiali deceduti a causa della malattia infettiva. La scoperta, effettuata dall'Istituto Zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, lancia un vero e proprio campanello d'allarme per l'attività degli allevamenti: il virus colpisce suini domestici e selvatici, causando un'elevata mortalità.
Allarme peste suina africana: primi casi in Piemonte e Liguria
Due casi in provincia di Alessandria e uno nel Genovese hanno fatto scattare subito l'allarme. La peste suina africana è arrivata in Italia e ora pone in seria preoccupazione le attività degli allevamenti. La presenza della malattia infettiva che colpisce suini domestici e selvatici è stata scoperta dalle analisi dei tecnici dell'Istituto Zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, eseguite sulle carcasse dei tre cinghiali trovati morti ad Ovada, in provincia di Alessandria, e a Isola del Cantone in provincia di Genova. Nelle ultime ore, altri tre esemplari di ungulati sono stati ritrovati senza vita sempre nell'Alessandrino. Le prossime analisi del caso chiariranno se si è trattato sempre della stessa patologia virale o meno, ma la rilevazione della peste suina africana e il repentino rinvenimento di cinghiali morti fa crescere l'inquietudine tra gli allevatori.
Peste suina africana: di che cosa si tratta?
Fortunatamente, come segnalato dalle autorità veterinarie, la peste suina africana non è una patologia trasmissibile all'uomo e quindi non ci sono rischi per la popolazione. Ciò che più preoccupa riguarda le attività degli allevamenti. La peste suina africana è è una malattia infettiva altamente contagiosa, tipicamente emorragica, causata da un virus appartenente al genere Asfivirus che colpisce solo i suidi domestici e selvatici causando un’elevata mortalità. Essendo una patologia stabile, rimane molto infettante per diverse settimane anche nelle carcasse abbandonate. Il virus resiste ad un ampio range di pH e temperature (per anni nella carne congelata) ed è resistente all’autolisi.
Globalmente si conoscono oltre venti genotipi del virus, ma solo due sono presenti fuori dal continente africano: il genotipo I è limitato alla Sardegna, mentre il genotipo II è il responsabile del recente fenomeno epidemico iniziato nel 2007 in Georgia per poi propagarsi nell’ex blocco sovietico e in diversi paesi dell’Unione Europea (Polonia, Lettonia, Lituania, Estonia, Ungheria, Serbia, Repubblica Ceca, Romania, Belgio, Slovacchia, Grecia, Germania). Più recentemente l’infezione è arrivata in Cina e si è diffusa anche in molti altri Paesi asiatici.
Preoccupazione per gli allevamenti
Al fine di bloccare sul nascere il sorgere di un possibile focolaio di peste suina africana, il Governo ha attivato un'Unità di Crisi tra Piemonte e Liguria. Il responsabile del Servizio Veterinaria Roberto Moschi spiega la situazione:
“Il Ministero della Salute emetterà ordinanze per definire le restrizioni che interessano una parte del territorio ligure e riguardano la caccia, la zootecnia, la movimentazione di animali e l’export delle carni”.
Oggetto del provvedimento saranno le aree ricomprese in un esagono tracciato tra i territori di Genova, Ronco Scrivia, Novi Ligure, Acqui Terme, Spigno Monferrato e Albissola Marina. In particolare, è vietata la caccia di qualsiasi specie, la raccolta di funghi e altre attività concernenti le aree boschive. La movimentazione di qualsiasi tipo di animali zootecnici è vietata, in entrata e in uscita. Ed è stata sospesa a tempo indeterminato anche la certificazione veterinaria riguardante l’esportazione delle carni suine.
"Serve una legge per il contenimento della fauna selvatica"
Essendo una patologia altamente contagiosa tra i suini, ciò che potrebbe porre in grave apprensione gli allevamenti del settore riguarderebbe la continua e costante proliferazione incontrollata degli ungulati selvatici, problematica sul quale da tempo il dibattito è particolarmente acceso.
"Come in più occasioni richiesto ai Ministeri competenti dal Piemonte, insieme a tutte le altre Regioni, è necessario che le istituzioni preposte riprendano definitivamente in mano la legge 157/92 per adeguarla alle esigenze attuali con una riforma radicale della legge sulla fauna selvatica - sottolineano il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e l’assessore all’Agricoltura Marco Protopapa -. Con le norme attuali e la carenza di personale per il controllo non si è più in grado di contrastare il fenomeno di proliferazione dei cinghiali".
Nel limite delle possibilità concesse, a dicembre la Giunta regionale piemontese ha adottato per la prima volta una delibera che estende la possibilità per la stagione venatoria 2021-2022 di applicare dei piani di prelievo numerico-selettivi della specie cinghiale per il periodo compreso tra il 1° ed il 31 gennaio.
"L’intensificarsi dei casi di Peste Suina Africana (PSA) in tutta Europa - aggiungono il Presidente e l’Assessore - deve aumentare l’attenzione delle istituzioni ad ogni livello, anche UE, per tutelare le produzioni zootecniche e l'economia delle nostre aziende, attivando decisioni urgenti che mettano in condizione le Regioni di poter operare su questa annosa criticità".