In un mese più che triplicati i contagi tra gli operatori sanitari
Positivi cresciuti del 210%, di questi l'82% sono infermieri.
Dal 2 dicembre 2021 al 2 gennaio 2022 i contagi tra gli operatori sanitari sono più che triplicati. E più dell'80% di questi sono infermieri. Non è solo l'incremento esponenziale dei positivi a minacciare il sistema sanitario: anche i casi tra chi lavora per garantire la nostra salute stanno crescendo vertiginosamente. A denunciare una situazione sempre più critica è la Fnopi, Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche.
Contagi più che triplicati tra gli operatori sanitari
Il 2022 non è partito bene: gli operatori sanitari contagiati erano, secondo l’Istituto superiore di sanità, 4.142 il 2 dicembre 2021 e sono balzati a 12.870, +8.728 (+210%) in 30 giorni, il 2 gennaio 2022, triplicando i contagi. Di questi circa 7.160 sono infermieri.
L’effetto dei vaccini, dose booster compresa, si fa sentire: a giugno 2020, con la prima fase della pandemia calante, ma senza vaccini, il rapporto operatori sanitari contagiati-popolazione contagiata era quasi del 13%, mentre già con le prime dosi di vaccino e senza varianti, che come la Omicron moltiplicano i contagi, a dicembre 2020 si scende a un valore medio di circa il 3%, legato anche alle misure di contenimento generali per le festività che hanno portato un crollo nei contagi della popolazione, per passare all’inizio di dicembre 2021, Omicron compresa, a circa l’1,6% e ancora, nonostante tutto, a inizio 2022, anche con i casi in aumento esponenziale, a circa l’1,3 per cento. Questo grazie alla diffusione pressoché totale della dose booster tra gli operatori a contatto con gli assistiti, con casi di gravità minore per loro e stop dei decessi.
Per questo la Fnopi spinge affinché tutti gli operatori sanitari siano protetti con il vaccino.
"È necessario: sia chiaro che la prima cosa da fare è assicurarsi che tutti siano vaccinati, anche perché l’evidenza mostra che i casi più gravi nelle terapie intensive, sono quasi tutti non vaccinati. Ma non basta. Tutti devono capire che vanno mantenute le misure di sicurezza che rallentano la diffusione del virus”.
Servono interventi strutturali
La Federazione, però, sottolinea anche come servano interventi strutturali per dare forza alle professioni assistenziali
"Serve mettere a disposizione almeno 600.000 ore a settimana in più di assistenza infermieristica, vitale per il territorio, i pazienti Covid, ma soprattutto per i non Covid, che si sono trovati soli nella pandemia. Ma sono necessari interventi anche a lungo e medio termine, con formazione di più operatori con specializzazioni per venire incontro alle esigenze delle persone, per garantire la qualità dell’assistenza: infermiere di famiglia e comunità, infermiere scolastico, infermiere per la non autosufficienza, per le cure palliative, per l’assistenza agli anziani, per i cronici che ne hanno bisogno per la loro vita di tutti i giorni e così via. Serve che siano aumentati, gradualmente, i posti a bando nelle Università per gli infermieri (la carenza di personale oggi riconosciuta da centri di ricerca e istituzioni, va dagli 80mila a oltre 101mila unità) e che per farlo sia previsto anche di aumentare il numero di docenti-infermieri in grado di garantire la giusta formazione di qualità".