Le liste d'attesa infinite dei pazienti non Covid: visite e cure rinviate per un paziente su due
Mentre tornano ad affollarsi i reparti d'urgenza, i pazienti in attesa... rimangono in attesa. Per quanto non si sa.
Il grave problema dei pazienti non Covid - ma bisognosi di terapie e interventi - era stato sollevato con parole che avevano fatto breccia nella collettività da Martina Luoni. La 27enne milanese, in lotta con un tumore, aveva invitato le persone, nel novembre 2020, quando i vaccini non erano ancora disponibili, a comportarsi con buonsenso, indossando per esempio la mascherina, al fine di contenere l'epidemia. Nel rispetto dei pazienti non Covid, come lei, che rischiavano di rimanere in attesa delle cure adeguate per far fronte all'emergenza. Il suo appello è diventato virale, Martina è stata invitata in moltissime trasmissioni televisive e Regione Lombardia aveva deciso di assoldarla come testimonial nella campagna anti Covid. La giovane, purtroppo, è morta stroncata dalla malattia nel settembre 2021. Ma il problema da lei sollevato si è dimostrato concreto e reale. E ancora molto attuale, nonostante l'arrivo dei vaccini. A fronte del sostanziale numero di pazienti Covid che nelle ultime settimane stanno affollando le terapie intensive della penisola, si vanno riconvertendo interi reparti da destinare ai pazienti affetti dal virus. E così, gli altri pazienti, ricominciano a vedersi rimandare interventi programmati da mesi perché le sale operatorie sono state ridotte e i medici e gli infermieri spesso sono impegnati in prima linea.
Le liste d'attesa infinite dei pazienti non Covid
Ad alzare bandiera bianca, piano piano, tutte le regioni stritolate dalla morsa del virus. A dare un quadro drammatico della situazione è la decisione presa dal Veneto, che martedì 14 dicembre 2021, ha deciso lo stop ai ricoveri non dovuti al virus che prevedono il passaggio in terapia intensiva.
Non va meglio in Piemonte: la Regione ha dato facoltà di ridurre, per area omogenea e in base alle necessità, le prestazioni sanitarie non urgenti: con una serie di eccezioni.
E a farne le spese, ancora una volta, è il nutrito esercito di malati in attesa. Che attenderanno ancora, per quanto non è dato sapere. Con medici e personale sanitario nuovamente stritolati dall'urgenza che non si smaltisce.
I numeri
Il XIX Rapporto di Cittadinanzattiva sulle politiche della cronicità conferma le liste di attesa in aumento con la pandemia.
Un paziente su due dichiara che con la pandemia sono aumentate le criticità nell’accesso alla diagnosi e cura per la propria patologia. A subire rinvii e ritardi sono ancora le visite specialistiche e diagnostiche, in aumento le difficoltà ad attivare l’assistenza domiciliare integrata e a farsi riconoscere l’invalidità o handicap. Va meglio sul fronte della prevenzione, grazie al recupero di alcuni ritardi negli screening programmati e nelle vaccinazioni ordinarie.
La fotografia emerge dal XIX Rapporto sulle politiche della cronicità, dal titolo “La cura che (ancora) non c’è”, presentato da Cittadinanzattiva e realizzato con il coinvolgimento di 64 associazioni di pazienti con patologia cronica e rara aderenti al CnAMC (Coordinamento nazionale Associazioni Malati cronici) e di circa 3000 pazienti.
Quasi un cittadino su due (48,8%) ha avuto difficoltà nell’ottenere il riconoscimento dell’invalidità e handicap, principalmente perché i medici della commissione sottovalutano la patologia perché non la conoscono, e per i tempi eccessivamente lunghi per la visita di accertamento. Il 62% afferma le criticità sono aumentate con la pandemia. Più di uno su tre (34,3%) ha incontrato difficoltà per l’assistenza domiciliare integrata, e ben il 71% dichiara che la situazione è peggiorata rispetto al periodo pre-Covid: in particolare mancano figure specializzate, oppure si fa fatica ad attivarle o vengono sospese da un momento all’altro.
Più di un paziente su cinque (22,7%) segnala criticità nell’assistenza protesica e integrativa, criticità aumentate rispetto al passato nel 70,8% dei casi. In particolare sono troppo lunghi i tempi di autorizzazione e rinnovo per avere presidi, protesi ed ausili, gli stessi non sono compresi nel nomenclatore tariffario o non sono adatti alle esigenze personali. Negative ma stabili le segnalazioni di ritardi negli interventi chirurgici, lo segnala ancora un cittadino su tre. I pazienti lamentano anche una minor attenzione al dolore collegato alla propria patologia: lo denuncia il 34,5% rispetto al 26,4% dello scorso anno.
L'incremento della telemedicina non basta
Se da un lato l’arrivo del Covid-19 ha incrementato l’utilizzo della telemedicina e in questi mesi si è registrato un parziale recupero delle attività di screening e delle vaccinazioni dopo i mesi più bui dell’emergenza, su diversi fronti l’andamento continua non essere positivo. A giugno 2021 l’Istat rilevava 2 milioni di prestazioni indifferibili in meno (-7%) erogate in Italia nel 2020 rispetto all’anno precedente, mentre la Corte dei Conti denunciava 1,3 milioni di ricoveri e 144,5 milioni di prestazioni in meno nel 2020 rispetto al 2019.