"Nata due volte"

Uscire dalle sabbie mobili dei disturbi alimentari si può, anche grazie ai social

Giorgia Bellini ha 24 anni. Studentessa di Scienze dell’Alimentazione, ha raccontato di come per anni ha considerato il cibo come un nemico da combattere.

Uscire dalle sabbie mobili dei disturbi alimentari si può, anche grazie ai social
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Utilizzare la potenza di fuoco di un account social seguito per sensibilizzare, confortare e supportare chi sta vivendo un disturbo alimentare e non sa come uscirne ma, soprattutto, se ne uscirà mai. Giorgia Bellini quell'inferno lo conosce: le ossessioni, le paure, il chiedersi "guarirò mai". E condivide la sua esperienza , la sua vittoria contro il mostro, con le tante persone che ancora si sentono nelle sabbie mobili. Un libro e un account Instagram seguitissimo: il successo non è soltanto la guarigione, ma anche il supporto agli altri.

Giorgia Bellini: combattere insieme i disturbi alimentari

Giorgia Bellini ha 24 anni, per otto ha combattuto contro i ‘disturbi del comportamento alimentare’. La giovane studentessa di Scienze dell’Alimentazione ha raccontato di come per anni ha considerato il cibo come un nemico da combattere. Oggi si dice guarita: le patologie che hanno alterato le sue abitudini alimentari inducendola ad ossessionarsi sono il passato. Ma la ragazza sa che in tanti sono ancora in altro mare, in piena lotta con quel demone. Del suo percorso segnato da due tentativi suicidio, ma anche dal coraggio ritrovato, parla ogni giorni attraverso la sua seguita pagina Instagram e in un libro: "Rinascere due volte".

 

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Giorgia ha iniziato a soffrire di disturbi del comportamento alimentare durante i primi anni di adolescenza:

"Non ero in sovrappeso, ero normale, ma mi vedevo le gambe enormi per cui avevo proprio un complesso: non mettevo mai gonne o pantaloncini e d’estate non mi facevo vedere in costume da bagno. Così sono entrata in quella fase che viene chiamata ‘luna di miele’: si perdono subito dei chili, ti senti forte, spinta a proseguire, e così il disturbo alimentare cresceva. Mangiavo solo frutta e verdura, poi mi abbuffavo e vomitavo. Questa situazione protratta per tanto tempo ha scompensato il mio metabolismo, mi ero gonfiata tantissimo e nonostante mangiassi solo frutta e verdura ero comunque normopeso, se non in leggero sovrappeso. La mia era prevalentemente una bulimia, per quanto oscillassi sempre tra periodi di abbuffate e digiuni totali. Perché poi è facile passare da un eccesso all’atro, tra bulimia e anoressia… Sa che non mi ricordo la prima volta che ho vomitato? La mia mente lo ha rimosso”.

Per Giorgia il cibo era un mezzo per alleviare una sofferenza interiore:

“A scuola volevo essere la più brava e c’era chi mi prendeva in giro: risultavo antipatica e si tendeva ad escludermi. A ciò si aggiungeva anche una situazione famigliare non facile, i miei genitori discutevano spesso e si dimenticavano di me. Era complicato per loro rendersi conto che la figlia stava male, era come se non volessero vederlo. Con loro ho parlato dei miei disturbi alimentari solo dopo due anni, perché provavo vergogna, temevo di deluderli. E, infatti, all’inizio non mi credevano, pensavano li prendessi in giro… Mi sono sentita sola”.

Fondamentale chiedere aiuto

“Ho deciso di chiedere aiuto quando ho toccato il fondo, quando mi sono stufata di trascorrere le mie giornate ad abbuffarmi e a vomitare, a stare chiusa in casa, senza stimoli. Andavo a scuola, tornavo e dormivo. Poi mangiavo e vomitavo, questa era la mia routine. A un certo punto volevo anche abbandonare la scuola. Anche i miei genitori sembrava che si fossero abituati alla situazione. Io non volevo vivere più e così ho tentato il suicidio: ho preso delle pasticche, volevo attirare la loro attenzione e sono finita in ospedale per tre giorni. Ma tornata a casa, mi sono accorta che la situazione era la stessa, e allora ho ripreso quelle pasticche e di nuovo sono finita in ospedale, stavolta per 15 giorni. Mentre soffrivo per i dolori lancinanti giurai a me stessa che non mi sarei più fatta del male. Avevo 19 anni. Uscita dall’ospedale, io stessa, da sola, sono andata al Centro di Todi, Palazzo Francisci, in Umbria, per chiedere aiuto. E’ stato lì che ho capito che il cibo era l’ultima delle cose da dover risolvere”.

A peggiorare la situazione, per gli adolescenti, il lockdown:

“Sono legati a problemi di identità, chi ne soffre non ha alcuna sicurezza sul futuro, per cui in questo periodo di incertezza collettiva tendono ad aumentare. Poi restare in casa aumenta il disagio per chi già ha problemi in famiglia. Se la persona tende ad isolarsi, ad inventare delle scuse quando è a tavola sostenendo di aver già mangiato o di aver male alla pancia… Sono tutti elementi che dovrebbero fare allarmare. Spingeteli a chiedere aiuto e non giudicateli, non dite loro che basta un po’ di forza di volontà e che i problemi ce li hanno tutti, non banalizzate il problema. Ascolto e comprensione sono fondamentali”.

E dalla preziosa esperienza di Giorgia è nato anche il libro "Nata due volte", il cui ricavato sarà rivolto alla sensibilizzazione sui disturbi alimentari.

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