Maestra chiede agli alunni di sputare addosso a un compagno
A distanza di otto anni la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'insegnante e l'ha condannata a un mese e dieci giorni di reclusione, più il pagamento di cinquemila euro di risarcimento danni alla vittima.
Aveva posizionato in fila i 22 alunni della sua classe di prima elementare di fronte a un loro compagno e poi aveva chiesto a ciascuno di loro di mimare il gesto dello sputo, indirizzando l'azione verso il bambino. E, come se non bastasse, aveva provato a definire l'accaduto "un gioco educativo". (In copertina immagine di repertorio)
Maestra chiede agli alunni di sputare contro il compagno di classe
L'incredibile vicenda è raccontata da Prima Vicenza ed è approdata sino al terzo grado di giudizio in Tribunale. La Corte di Cassazione ha infatti condannato una maestra (oggi in pensione) di Isola Vicentina, per abuso dei mezzi di correzione a un mese e dieci giorni di reclusione più il pagamento di 5mila euro di multa.
All'epoca dei fatti il bimbo aveva sei anni e si stava per concludere la lezione di ginnastica della maestra con alle spalle ben 40 anni di insegnamento, senza mai un procedimento disciplinare. Il bimbo, secondo la ricostruzione, era stato notato mentre sputava sul pavimento, e anche verso altre persone lì presenti. A quel punto la donna avrebbe perso la pazienza, decidendo, così di punirlo, umiliandolo.
L'umiliazione del bambino
I 22 alunni erano stati dunque messi in fila indiana mentre il bimbo si trovava al centro della palestra. I compagni di classe erano stati invitati a mimare il gesto dello sputo, ma poi qualche schizzo di saliva era partito sul serio. E tornati a casa avevano raccontato quello strano gioco ai genitori. Erano stati mamme e papà poi a informare i genitori della vittima e immediatamente era partita la sospensione dall'insegnamento della donna per dieci giorni.
Il procedimento
La vicenda è finita in Tribunale, e a distanza di otto anni è arrivata una sentenza definitiva, con la condanna dell'ex docente in Cassazione. La donna, però, a distanza di anni ha continuato a sostenere che in quell'occasione ha voluto (in un modo a dir poco assurdo) "far mettere quel bambino nei panni degli altri bambini - ha riportato il Corriere - che per tutta mattina avevano subito il suo carattere irrequieto". E tutt'oggi vive la condanna come un'ingiustizia...