Silenzio elettorale: cosa è e perché (oggi) non ha più senso
La legge non comprende i social network, dove oggi la politica si fa 24 ore su 24.
Domenica 17 e lunedì 18 ottobre 2021 si vota per i ballottaggi. Nelle grandi città sono rimaste Roma a Torino, ma ci sono molte altre località che attendono di conoscere chi le amministrerà nei prossimi cinque anni. E in questi giorni si parla - come durante ogni elezione - di silenzio elettorale. Ma cosa è di preciso? Quali sono le regole che lo determinano? E, soprattutto, ha ancora senso?
Cosa è il silenzio elettorale
La normativa in vigore sul silenzio elettorale risale agli anni Cinquanta ed è stata aggiornata agli anni Settanta. Parliamo della legge 212 del 4 aprile del 1956. L'articolo 9 recita:
"Nel giorno precedente e in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi e le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, nonché la nuova affissione di stampati, giornali murali od altri o manifesti di propaganda o l'applicazione di striscioni, drappi o impianti luminosi. Nei giorni destinati alla votazione è vietata, altresì, ogni propaganda elettorale entro il raggio di 200 metri dall'ingresso delle sezioni elettorali".
L'aggiornamento del 1975
La norma è stata poi aggiornata nel 1975, con la legge 130 del 24 aprile ('Modifiche alla disciplina della propaganda elettorale ed alle norme per la presentazione delle candidature e delle liste dei candidati').
L'articolo 8 dispone:
"Nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda. Nei giorni destinati alla votazione altresì è vietata ogni forma di propaganda elettorale entro il raggio di 200 metri dall'ingresso delle sezioni elettorali. Chiunque contravviene alle norme di cui al presente articolo è punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa da lire 50.000 a lire 500.000".
Le linee guida di Agcom
In occasione delle ultime elezioni europee, l’Agcom ha predisposto delle linee guida relative alle piattaforme digitali, con le quali sono stati assunti degli accordi sulla parità di informazione. Ma si tratta di semplici linee guida e non espressamente relative al silenzio elettorale.
Ma ha ancora senso?
Come facilmente intuibile, la legge risalente agli anni Settanta nell'ultimo aggiornamento non conosceva il mondo di Internet e - soprattutto - dei social network. E proprio qui si gioca gran parte della politica oggi. Da Matteo Salvini a Giorgia Meloni, dal Movimento Cinque Stelle al Pd, passando per Pippo Civati, la politica si fa su Internet. E ogni elezione è accompagnata dalle accuse di violazione del silenzio elettorale, che in realtà non c'è (proprio perché la norma non parla di Web e social). Perché sotto ogni post del politico di turno compare sempre una serie di commenti di accusa di aver bypassato la legge.
Ma, a questo punto, sorge un dubbio: ha ancora senso parlare di silenzio elettorale oggi? O si cambia la legge e la si adatta alle nuove tecnologie oppure sinceramente ci pare di no. Anche perché, diciamocelo chiaramente, qual è quell'elettore che cambia idea per il tweet di questo o quel politico visto prima di andare a votare? Dall'altro lato un giorno o due senza campagna elettorale (che oramai è h24, 365 giorni all'anno, sia da parte di chi sta al governo sia all'opposizione) non sarebbe proprio una cosa così sgradevole...