Entro il 2050 ci saranno nuove migrazioni per oltre 216 milioni di persone (a causa del clima)
Argomento di grande attualità, soprattutto in vista dell’imminente vertice delle Nazioni Unite sul clima, Cop26, e l’incontro preparatorio Pre-Cop26.
Altro che esodo biblico, lo scenario che si profila è quello di un mutamento dell'assetto e della distribuzione della popolazione del pianeta: entro il 2050 216 milioni di persone dovranno migrare; il motivo? La crisi climatica. I numeri dell’ultimo Rapporto Growndshell della Banca Mondiale parlano chiaro.
Entro il 2021ci saranno 216 milioni di migranti
Le previsioni sono al ribasso: saranno almeno 216 milioni le persone nel mondo costrette a lasciare tutto quello che hanno e migrare a causa del cambiamento climatico. Entro il 2050 l’Africa subsahariana potrebbe contare fino a 86 milioni di migranti climatici interni e 19 milioni il Nord Africa. In Asia orientale e Pacifico si stimano 49 milioni, 40 milioni per le aree asiatiche meridionali. Per l’America Latina si prevedono 17 milioni e tra Europa orientale e Asia centrale 5 milioni.
Queste persone rischiano, inoltre, di trovarsi particolarmente vulnerabili alla tratta di esseri umani e alla schiavitù moderna, compreso il lavoro forzato. Argomento di grande attualità, soprattutto in vista dell’imminente vertice delle Nazioni Unite sul clima, Cop26, e l’incontro preparatorio Pre-Cop26.
Cosa dice il diritto internazionale?
Francesca Basile, responsabile dell’Unità operativa migrazioni della Croce Rossa Italiana, stima:
“Dall’inizio della pandemia, i disastri legati al clima hanno colpito almeno 139 milioni di persone, e tra di loro ci sono anche molti migranti climatici: questo dice uno studio portato avanti dalla Federazione internazionale delle Società di Croce rossa e Mezzaluna rossa”.
Tra le emergenze ci sono il Sahel (colpito da inondazione, siccità e invasioni di cavallette) e il Bangladesh, che sorge in un’area fluviale e densamente popolata, storicamente colpita da tempeste tropicali, inondazioni e altri disastri naturali.
“Nel diritto internazionale questa categoria è risultata a lungo inesistente, ma davanti all’evidenza scientifica è come se stessimo assistendo a un processo di adattamento del diritto, che dovrà condizionare anche l’assistenza da garantire a chi fugge da una vita che non può più garantire la sopravvivenza – chiarisce Basile -. Anche i decreti sicurezza approvati a dicembre scorso prevedono per questa categoria lo stesso trattamento riservato a chi fugge da guerre o carestie, dando quindi diritto a una protezione umanitaria non solo rispetto al singolo evento, ma anche all’impossibilità tornare nel proprio Paese”.
Il monito del ministro Cingolani
La previsione catastrofica non arriva a sorpresa. Il 29 luglio 2021, è stato l'Earth Overshoot Day. Con questo termine si indica il momento in cui la Terra esaurisce le risorse naturali previste per tutto l'anno, in soli sette mesi abbiamo già consumato ciò che avremmo dovuto distribuire su dodici. E non è ancora finita: l'anno scorso il parametro si era verificato il 22 agosto, ciò significa che, invece di migliorare, abbiamo spremuto ancor di più le risorse naturali, anticipando di quasi un mese rispetto al 2020.
Sul tema dell'emergenza ambientale si è espresso con decisione anche il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani in audizione in Commissione Istruzione pubblica, Beni culturali al Senato sull’impatto dei cambiamenti climatici sui beni culturali e sul paesaggio, poco prima della pausa estiva:
"Al 2090 ci saranno problemi di estinzione con l’aumento della temperatura media globale fra 4-5 gradi in assenza di azioni per ridurre emissioni; se l’aumento è di 2 gradi ci saranno danni, eventi climatici estremi ma ciò non pone criticità per la razza umana, sarà un disastro ma gestibile con azioni decise per ridurre le emissioni di gas serra; se nella seconda metà del secolo l’aumento medio della temperatura è di 1,5 gradi, che significa fare meglio dell’accordo di Parigi, vuol dire aver avuto ora una reazione immediata e radicale verso riduzione delle emissioni di CO2."
Le evidenze scientifiche, del resto, parlano chiaro:
"Un riscaldamento così rapido non si registrava da almeno 2000 anni, temperature così elevate almeno da 6.500 anni, oceani così acidi da due milioni di anni. Ormai il cambiamento climatico è visibile e ha impatti gravissimi in tutti I continenti, tra ondate di calore e alluvioni. Le inondazioni sono più intense e frequenti e colpiscono il 90 per cento delle regioni del mondo. Così come la siccità".