Qualità dell'aria, il Veneto è maglia nera in Italia
Sei province su sette superano abbondantemente i limiti consentiti.
Nonostante il 2020 passerà alla storia come l'anno della pandemia Covid, per Legambiente non si deve abbassare la guardia sul tema della qualità dell'aria. Anche perché ci sono zone della nostra Penisola che soffrono. Molto. Come il Veneto, per esempio, maglia nera d'Italia con sei province su sette oltre i limiti consentiti.
Qualità dell'aria in Veneto, solo Belluno si salva
Quello che si è appena concluso è stato un anno che ha segnato profondamente le vite, le coscienze di tutti. La pandemia globale sta lasciando delle tracce indelebili nelle esistenze degli italiani e dei cittadini di tutto il mondo. E forse, proprio per questo dramma condiviso, gli anni che verranno potranno (potrebbero) essere delle opportunità per migliorare determinati aspetti della vita quotidiana.
Tra questi, sicuramente, c'è il tema della qualità dell'aria, argomento assai caro a Legambiente, che come ogni anno ha pubblicato il dossier Mal'Aria di città, per fare il punto della situazione in merito all'inquinamento atmosferico. E il quadro che emerge, soprattutto in alcune aree dello Stivale, non è per nulla rassicurante.
"Gli ultimi dati legati alla mortalità prematura dovuta all’inquinamento atmosferico indicano infatti come ogni anno nel nostro Paese siano oltre 50mila le morti premature dovute all’esposizione eccessiva ad inquinanti atmosferici come le polveri sottili (in particolare il Pm2,5), gli ossidi di azoto (in particolare l’NO2) e l’ozono troposferico (O3) - scrivono gli autori del rapporto -
Numeri simili, come ordine di grandezza, a quelli impressionanti legati al Covid19 che ci hanno accompagnato per tutto l’anno appena concluso. La connessione fra inquinamento atmosferico e mortalità ha avuto di recente un importante sviluppo".
Intervenire, una priorità per la salvaguardia della salute pubblica
Intervenire, dunque, deve divenire un impegno prioritario. Anche perché, fino a questo momento, le misure intraprese non sono soddisfacenti.
Lo dimostrano, per esempio, le due procedure di infrazione comminate all'Italia per il mancato rispetto dei limiti normativi previsti dalla Direttiva europea per il Pm10 e per gli ossidi di azoto, a cui si somma, lo scorso novembre, una nuova lettera di costituzione in mora da parte della Commissione europea in riferimento alle eccessive concentrazioni di particolato fine Pm2.5.
Ma alla fine di tutto, oltre le valutazioni teoriche e le ipotesi di un futuro più sostenibile, si deve fare i conti con i numeri. Che non mentono mai. Sono 35 le città capoluogo di provincia che hanno superato con almeno una centralina la soglia dei 35 giorni con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo prevista per le polveri sottili.
Torino maglia nera della classifica con i 98 giorni di sforamenti registrati nella centralina Grassi, seguita da Venezia (via Tagliamento) con 88. Padova (Arcella) 84, Rovigo (Largo Martiri) 83 e Treviso (via Lancieri) 80 le città che superano gli ottanta sforamenti. Milano (Marche) 79, Avellino (scuola Alighieri) e Cremona (Via Fatebenefratelli) 78, Frosinone (scalo) 77, Modena (Giardini) e Vicenza (San Felice) che con 75 giorni di superamento dei limiti, chiudono le 10 peggiori città.
"Sono 60 le città italiane (il 62% del campione analizzato) che hanno fatto registrare una media annuale superiore a quanto indicato dall’OMS - si legge nel dossier - Sempre in testa Torino con 35 microgrammi/mc come media annuale di tutte le centraline urbane del capoluogo, seguita da Milano, Padova e Rovigo (34µg/mc), Venezia e Treviso (33 µg/mc), Cremona, Lodi, Vicenza, Modena e Verona (32 µg/mc).
Oltre alle città del nord però hanno superato il limite suggerito dall’OMS anche città come Avellino (31µg/mc), Frosinone (30 µg/mc), Terni (29 µg/mc), Napoli (28 µg/mc), Roma (26 µg/mc), Genova e Ancona (24 µg/mc), Bari (23 µg/mc), Catania (23 µg/mc) solo per citarne alcune.
La situazione in Veneto
In Veneto solo Belluno può dirsi “in regola” con tutte e due le sue centraline ampiamente al di sotto dei 35 giorni di superamento dei limiti, mentre tutte quelle di Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza sforano ampiamente il limite normativo.
"Va sottolineato come i superamenti giornalieri rappresentano un “campanello d’allarme” che rileva i periodi più critici dello smog durante l’anno, e servono per aiutare a prendere delle misure specifiche da parte degli amministratori per uscire dalla morsa dell’inquinamento.
Misure che dovrebbero permettere di non superare il limite dei 35 giorni e che dovrebbero essere ancor di più implementate e strutturate nel caso in cui tale limite venga superato nel corso dell’anno.
Una riflessione più approfondita va fatta per l’anno appena trascorso perché è lecito domandarsi come mai, con le restrizioni applicate a causa dell’emergenza da Covid19 ed il conseguente lockdown avvenuto tra la metà di marzo e l’inizio di maggio, i valori di inquinamento atmosferico non siano diminuiti nel nostro Paese".
Che l’inquinamento atmosferico influisca negativamente sulla salute delle persone, ad esempio attraverso l’insorgenza di problemi e patologie respiratorie, cardiovascolari, metaboliche e neurologiche, è ampiamente confermato dalla letteratura scientifica internazionale.
L’attenzione sia da parte del decisore politico che dei cittadini in questo senso è alta, tanto da considerare l’inquinamento atmosferico tra le più grandi minacce ambientali che preoccupano di più le persone.
Il passo successivo, ovvero che questi effetti sulla salute comportano un notevole carico di malattie e un impatto economico pesante sul sistema sanitario, sociale e produttivo non è invece ancora percepito come una priorità da affrontare.