Un parziale cambio di rotta nella Legge di Bilancio consente di evitare, almeno nell’immediato, un colpo pesante all’emittenza locale. Con la riformulazione dell’emendamento governativo, infatti, vengono ripristinate per il solo anno 2026 le risorse destinate alle televisioni e alle radio locali. Una decisione che recepisce le preoccupazioni espresse dal settore e che scongiura un taglio che avrebbe avuto conseguenze particolarmente gravi per il sistema dell’informazione territoriale.
Un leggero sollievo per le associazioni
A prendere atto della modifica sono le associazioni Confindustria Radio Televisioni – TV Locali, AERANTI-CORALLO e ALPI, che definiscono il ripristino dei fondi un primo segnale di attenzione verso un comparto che garantisce pluralismo informativo, occupazione e informazione di prossimità in tutto il Paese. Un intervento che consente di tamponare l’emergenza nel breve periodo, ma che non scioglie i nodi strutturali ancora aperti.
Alla vigilia della votazione degli emendamenti in Commissione Bilancio al Senato, le associazioni segnalano infatti criticità di assoluta rilevanza. Restano integralmente confermati i tagli previsti per gli anni 2027 e 2028, con un effetto strutturale di indebolimento del settore che rischia di rendere impossibile qualsiasi programmazione industriale e occupazionale. Una prospettiva che, secondo i rappresentanti delle emittenti locali, compromette la sostenibilità economica di centinaia di imprese e migliaia di posti di lavoro.

Un secondo punto critico riguarda la governance del Fondo unico per il pluralismo. Le disposizioni normative confermano il trasferimento della ripartizione del Fondo sotto la Presidenza del Consiglio dei ministri, escludendo di fatto il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, titolare delle competenze sul comparto radiotelevisivo locale. Una scelta che, secondo le associazioni, introduce instabilità regolatoria, incertezza istituzionale e una progressiva marginalizzazione del settore, proprio in una fase delicata segnata da profonde trasformazioni tecnologiche e da una competizione sempre più asimmetrica con i grandi operatori globali.
Tagli all’intero sistema dell’informazione
Il tema dei tagli si inserisce in un quadro più ampio di riduzioni che coinvolgono l’intero sistema dell’informazione e dell’audiovisivo. La manovra prevede una riduzione di 10 milioni di euro annui per la Rai e di 20 milioni annui per le televisioni locali. Una scelta che ha suscitato forti reazioni nel settore. Secondo Confindustria Radio Tv, AERANTI-CORALLO e ALPI, questi interventi mettono a rischio la sopravvivenza di numerose imprese, il pluralismo dell’informazione e la tenuta occupazionale.
Dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, guidato da Adolfo Urso, filtra una netta contrarietà ai tagli sulle tv locali, giudicati intollerabili. Anche all’interno della maggioranza il tema genera tensioni, mentre il sottosegretario all’Editoria Alberto Barachini ribadisce l’impegno del governo a sostegno del comparto, pur nei limiti imposti dai vincoli europei.

Sul fronte Rai, la riduzione complessiva di 30 milioni in tre anni delle entrate da canone per gli esercizi commerciali, al netto dei 110 milioni annui già destinati al Fondo per il pluralismo e l’innovazione digitale, costringerà l’azienda a una razionalizzazione dei costi di funzionamento e gestione. I consiglieri di amministrazione temono ripercussioni sulla capacità produttiva e sulla competitività, soprattutto in relazione ai grandi eventi. Per la presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Barbara Floridia, si tratta dell’ennesimo colpo inferto dal governo alla tv pubblica.
Il Fondo per il pluralismo viene incrementato di 40 milioni di euro l’anno nel prossimo triennio, ma con una redistribuzione che penalizza le tv locali: 20 milioni vengono sottratti alle emittenti territoriali, mentre 60 milioni confluiscono nella quota gestita da Palazzo Chigi, destinata anche all’editoria. Un intervento giudicato insufficiente dalle imprese del settore. La Fieg parla di risorse largamente inadeguate e avverte che la crisi dell’informazione, soprattutto locale, mette a rischio l’occupazione di oltre 90 mila addetti.
Un primo passo
In questo contesto, il ripristino dei fondi per il 2026 viene considerato un passo nella giusta direzione, ma non risolutivo.
Le associazioni chiedono con forza l’eliminazione dei tagli previsti per il 2027 e 2028 e la piena conferma del ruolo del MIMIT nella ripartizione del Fondo, a garanzia di trasparenza, competenza settoriale e continuità istituzionale. L’appello è rivolto a tutte le forze politiche, di maggioranza e opposizione, affinché intervengano per correggere definitivamente il provvedimento.
L’emittenza locale, sottolineano le associazioni, non è un costo da comprimere, ma un presidio democratico essenziale, un’infrastruttura informativa dei territori e un investimento strategico per il pluralismo dell’informazione, tutelato dall’articolo 21 della Costituzione.