Tra il 18 e il 19 dicembre 2025, al termine di uno dei Consigli europei più lunghi e complessi degli ultimi anni, i Ventisette hanno trovato l’unanimità su un prestito da 90 miliardi di euro a favore di Kiev per il biennio 2026-2027, finanziato attraverso debito comune e garantito dal bilancio pluriennale dell’Unione.
Una soluzione che mette temporaneamente da parte l’ipotesi più controversa, quella dell’utilizzo diretto dei beni russi congelati.
“Ha prevalso il buon senso”, ha commentato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Dichiarazioni alla stampa al termine del Consiglio europeo pic.twitter.com/NPdXdV6zBQ
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) December 19, 2025
Parallelamente, sul tavolo europeo è slittata anche la firma dell’accordo commerciale Ue-Mercosur, rinviata a gennaio dopo il no di Italia e Francia e le proteste degli agricoltori a Bruxelles.
Chaos in the heart of the EU, Brussels as farmers hit the area against the EU deal with South American bloc Mercosur, which is the final nail in the coffin of the already struggling industry.
No farmers, no food!
We stand with the farmers.
Fk the EU
pic.twitter.com/nzWFgdAZlh— Tommy Robinson 🇬🇧 (@TRobinsonNewEra) December 18, 2025
Il vertice e lo stallo sugli asset russi
Il Consiglio europeo era stato preparato con una regia precisa: mentre i leader discutevano i dossier considerati meno urgenti, Commissione europea e Belgio portavano avanti le trattative sull’uso degli asset russi congelati, nel tentativo di superare il nodo delle garanzie giuridiche. Ma con il passare delle ore è apparso chiaro che quella strada non avrebbe portato a un accordo.
Il premier belga Bart De Wever non ha mostrato aperture, mentre restavano forti le perplessità di Paesi come Italia, Bulgaria, Malta e Repubblica Ceca.
Nel frattempo, Viktor Orban e Robert Fico lavoravano per bloccare una soluzione che avrebbe potuto provocare una dura reazione di Mosca. Di fronte a questo scenario, anche il pressing di Ursula von der Leyen e del cancelliere tedesco Friedrich Merz ha progressivamente perso forza.
Il piano B: il prestito da 90 miliardi
A quel punto ha preso corpo il cosiddetto piano B: un prestito da 90 miliardi di euro finanziato sui mercati dei capitali e garantito dal Qfp, il bilancio pluriennale dell’Unione. Una soluzione che richiedeva l’unanimità e che ha portato al secondo colpo di scena della notte.
We gathered today with a clear objective:
to address Ukraine’s pressing financing needs.
We delivered.
90 billion euro for the next two years through EU borrowing on the capital markets ↓
https://t.co/DPQcTkDPX8— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) December 19, 2025
Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria si sono dette disponibili a non bloccare l’accordo, ma solo a condizione di poter esercitare l’opt-out, cioè di non partecipare finanziariamente al prestito. Poco dopo mezzanotte, i Ventisette si sono riuniti: in meno di un’ora l’intesa è stata raggiunta.
Asset congelati: restano bloccati, ma non confiscati
I beni russi congelati rimarranno immobilizzati fino a quando Mosca non avrà pagato i risarcimenti all’Ucraina. Solo in caso di mancato pagamento, e nel rispetto del diritto internazionale, l’Unione si riserva la possibilità di usarli per rimborsare il prestito.
“Sono contenta che si sia riusciti a garantire le risorse che sono necessarie, ma a farlo con una soluzione che ha una base solida sul piano giuridico e finanziario”, ha spiegato Meloni al termine del vertice. Merz ha chiarito che “il pacchetto finanziario prevede un prestito a tasso zero che l’Ucraina dovrà rimborsare solo dopo che la Russia avrà pagato le riparazioni”, aggiungendo che “sarà decisivo per la fine della guerra”.
Il peso politico della decisione
Nelle parole dei leader sono ricorsi concetti come “buon senso”, “pragmatismo” e “stabilità finanziaria”. Ha prevalso la volontà di sostenere Kiev, ma non la linea dell’uso immediato degli asset russi, sostenuta apertamente da von der Leyen e Merz.
Per il premier belga Bart De Wever, la scelta rappresenta “una vittoria del diritto internazionale”.
“Abbiamo evitato la creazione di un precedente che avrebbe potuto minare la sicurezza giuridica in tutto il mondo”, ha dichiarato, sottolineando che “l’Europa rispetta la legge, anche quando è difficile”.
La posizione italiana e il ruolo di Tajani
Già prima del vertice, il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva chiarito la linea italiana: pieno sostegno all’Ucraina, ma forti dubbi sulla base giuridica del prestito fondato sugli asset russi. Una scelta sbagliata, ha avvertito, avrebbe potuto portare a un ricorso di Mosca e a “una vittoria di Putin”.
“Il principio politico è quello di aiutare l’Ucraina anche da un punto di vista finanziario”, ha spiegato Tajani, “ma bisogna vedere qual è lo strumento idoneo”. E ha ribadito che il decreto per il sostegno militare italiano a Kiev sarà approvato entro la fine dell’anno.
Macron e il tema del dialogo con Mosca
A margine del Consiglio, il presidente francese Emmanuel Macron ha aperto anche alla possibilità di riavviare un dialogo con Vladimir Putin.
“Credo che sia nel nostro interesse trovare il giusto quadro per tornare a impegnarci in questa discussione”, ha detto, lasciando intendere che l’iniziativa potrebbe maturare nelle prossime settimane.
L’opt-out di Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca
Nelle conclusioni del Consiglio europeo è scritto chiaramente che Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca non parteciperanno al prestito.
Viktor Orban ha rivendicato la scelta: “Se loro vogliono salire su questo treno e noi non vogliamo comprare il biglietto, non ci venga imposto di salirci”.
Secondo il premier ungherese, si tratta di un vero e proprio “prestito di guerra” destinato a non rientrare, il cui costo ricadrà sulle generazioni future. “Abbiamo salvato i nostri figli e nipoti”, ha affermato.
Le reazioni: Mosca e Kiev
Durissima la reazione russa. Kirill Dmitriev, rappresentante speciale del Cremlino, ha definito la decisione “un colpo fatale per Ursula, Merz e i guerrafondai europei”, arrivando a chiedere le loro dimissioni.
I’m grateful to EU leaders for their attention and support for Ukraine. We’ve all come a long way – and yes, there were many challenges and moments of doubt. But the fact remains – Europe achieved a lot, and Putin didn’t break Ukraine, and he didn’t make Europe look like a loser.
— Volodymyr Zelenskyy / Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) December 18, 2025
Di segno opposto la risposta ucraina. Il presidente Volodymyr Zelensky ha ringraziato l’Ue:
“Si tratta di un sostegno significativo che rafforza davvero la nostra resilienza. È importante che i beni russi rimangano immobilizzati”.
Mercosur: firma rinviata e proteste a Bruxelles
Mentre il dossier Ucraina teneva alta la tensione, Ursula von der Leyen ha annunciato il rinvio a gennaio della firma dell’accordo Ue-Mercosur, inizialmente prevista per il 20 dicembre 2025. Decisivo il no di Italia e Francia, unite dalla richiesta di maggiori garanzie per gli agricoltori.

A Bruxelles intanto sono scesi in piazza circa 8mila manifestanti con quasi mille trattori, per protestare contro l’accordo e contro i tagli alla Politica agricola comune. Scontri e lacrimogeni hanno segnato una giornata già carica di tensioni.
Mercosur : le compte n’y est pas.
La France ne fléchira pas.
L’Europe doit protéger ses agriculteurs et l’alimentation de nos concitoyens. pic.twitter.com/WOd5M10nAa— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) December 18, 2025
Il dialogo con Lula e i tempi italiani
Dal Brasile, il presidente Lula ha ammesso la sorpresa per lo stop di Roma e Parigi, ma ha raccontato di un colloquio con Meloni:
“Non è contraria, ma è sotto pressione dal mondo agricolo e mi ha chiesto pazienza”.
Il cancelliere Merz ha parlato di un rinvio di “altre due settimane”, mentre la premier italiana ha confermato che l’obiettivo è usare questo tempo per ottenere “le risposte richieste dai nostri agricoltori” e le necessarie clausole di salvaguardia, così da poter approvare l’accordo “quando avremo tutte le garanzie”.