Dal vertice per la pace in Ucraina di Berlino arriva un messaggio che, dopo quasi quattro anni di guerra, riaccende una prudente speranza in merito a quella che – come ha ricordato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – resta una ferita aperta nel cuore dell’Europa perché è inaccettabile cambiare i confini con la forza.
Ucraina, Trump: “Vicini alla fine della guerra”
“Mai così vicini alla fine del conflitto”, ha dichiarato Donald Trump al termine del vertice sull’Ucraina, sintetizzando il clima di cauto ottimismo che si respira.
Ma dietro l’enfasi delle dichiarazioni resta un equilibrio fragile, sospeso tra impegni di sicurezza senza precedenti e il capitolo più doloroso e controverso: quello delle concessioni territoriali, in particolare sul Donbass.
Il summit tedesco, svoltosi lunedì 15 dicembre 2025, ha riunito i principali protagonisti del dossier ucraino. Dopo un incontro ristretto tra Volodymyr Zelensky, il cancelliere Friedrich Merz e gli inviati statunitensi Steve Witkoff e Jared Kushner, la discussione si è allargata a una cena con i leader europei, tra cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

In serata è arrivata anche una telefonata diretta di Trump, a suggellare un round negoziale definito decisivo dalla delegazione americana.
Anche Meloni presente al vertice di Berlino
Da Roma, ribadito il sostegno alla ricerca della pace con la presenza di Meloni, ma anche fermezza sui principi con le dichiarazioni Mattarella.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, intervenendo nella stessa giornata, ha ricordato che il tentativo di ridefinire i confini con la forza è “una violazione di un principio già giudicato irresponsabile e inammissibile oltre cinquant’anni fa, alla Conferenza di Helsinki”.
Giorgia Meloni, presente a Berlino, ha espresso soddisfazione per i passi avanti sulle garanzie di sicurezza.
“Mi aspetto passi in avanti”, aveva detto arrivando alla Cancelleria federale, lasciando intendere che il vertice potesse segnare una svolta.

Il documento congiunto
Il risultato politico del summit è confluito nella cosiddetta dichiarazione di Berlino, un documento congiunto aperto alla sottoscrizione di altri Paesi.
Il testo si apre con un ringraziamento esplicito a Donald Trump per i progressi significativi compiuti nei negoziati e delinea una cornice di impegni che va ben oltre le promesse del passato.
Il primo punto riguarda il sostegno militare: Stati Uniti ed Europa si impegnano a garantire un supporto “prolungato e significativo” affinché le forze armate ucraine possano mantenere, in tempo di pace, un organico di circa 800mila unità.
Previsto un articolo 5 su misura
A questo si affianca la creazione di una “forza multinazionale Ucraina” a guida europea composta da Paesi della Coalizione dei volenterosi e sostenuta da Washington.
Il contingente avrà il compito di assistere nella rigenerazione dell’esercito di Kiev, nella protezione dei cieli e nella sicurezza dei mari con operazioni anche sul territorio ucraino. Un altro tassello chiave è il meccanismo di monitoraggio del cessate il fuoco che sarà guidato dagli Stati Uniti.
Ma è il paragrafo successivo a rappresentare la vera novità: un vincolo legale che impegna i firmatari ad adottare misure concrete inclusa, se necessario, la forza armata – in caso di un futuro attacco contro l’Ucraina. Una sorta di articolo 5 su misura che ricorda la Nato ma lascia margini di manovra ai singoli Stati.
Atteso un Consiglio europeo
La dichiarazione affronta poi il tema della ricostruzione, legandolo esplicitamente alla responsabilità russa. I leader occidentali promettono investimenti per la futura prosperità dell’Ucraina, “tenendo conto della necessità che la Russia risarcisca i danni causati”.
In questo quadro rientra il dossier degli asset sovrani russi congelati nell’Unione Europea, oltre 200 miliardi di euro custoditi tra Belgio, Francia e altri Paesi. Il loro utilizzo resta però una questione aperta e politicamente sensibile che sarà al centro del Consiglio europeo del 18 e 19 dicembre.
La questione dei territori
Se sul fronte delle garanzie di sicurezza l’intesa appare solida, il nodo territoriale continua a dividere. Mosca pretende l’intero Donbass, cioè gli oblast di Lugansk e Donetsk. Kiev rifiuta di cedere le porzioni ancora sotto controllo ucraino, anche perché la Costituzione non consente al presidente di alienare territori senza un referendum popolare.
Gli alleati occidentali riconoscono questo limite e si impegnano a sostenere Zelensky in un’eventuale consultazione del popolo ucraino, ma solo “una volta che saranno in atto solide garanzie di sicurezza”.
Per gli Usa, Kiev deve rinunciare al Donbass
Donald Trump, tuttavia, adotta un approccio più brutale. Dallo Studio Ovale ha parlato di colloqui molto lunghi e molto buoni con Zelensky, con i leader europei e con Vladimir Putin, arrivando a dire di aver parlato direttamente e recentemente con il presidente russo.
Per il presidente statunitense, alcuni territori sono già persi come il Donbass e Zelensky deve rinunciare ad avere quell’area.
Previsto incontro Usa-Ucraina a Miami
Nel fine settimana è previsto un nuovo incontro tra delegazioni ucraine e statunitensi, forse a Miami. Sul tavolo ci saranno mappe, ipotesi di ritirata e la possibile creazione di una buffer zone con l’obiettivo di chiarire fino all’ultimo chilometro il futuro assetto del Donbass.
Parallelamente, l’Europa dovrà decidere se e come trasformare gli asset russi congelati in uno strumento concreto di pressione e di ricostruzione.
La pace, dunque, appare più vicina, ma non ancora a portata di mano. Berlino ha disegnato l’architettura della sicurezza del dopoguerra, resta da capire se il prezzo politico e territoriale sarà accettabile per Kiev e sostenibile per l’Europa.