A Sidney

Strage alla festa ebraica: 15 morti, arabo eroe. Ora Israele attacca l’Australia

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Strage alla festa ebraica: 15 morti, arabo eroe. Ora Israele attacca l’Australia

Bondi Beach, Sydney. Sono le 18.45 quando la festa di Hanukkah by the Sea si trasforma in un incubo. Urla, spari, sangue sulla sabbia della spiaggia più famosa d’Australia. Nel giro di pochi minuti, quello che doveva essere un momento di celebrazione per la comunità ebraica diventa una delle più gravi stragi antisemite mai avvenute fuori da Israele.

Il bilancio finale è drammatico: 16 morti, incluso uno degli attentatori, e 42 feriti, molti in condizioni critiche. Tra le vittime ci sono una bambina di 10 anni, cittadini francesi e israeliani e il rabbino di Sydney, Eli Schlanger. Le autorità australiane hanno proclamato il lutto nazionale: bandiere a mezz’asta in tutto il Paese. L’Hanukkah d’Australia, quest’anno, resta spenta.

L’attacco: padre e figlio sparano sulla folla

Secondo la ricostruzione ufficiale, due uomini aprono il fuoco da un ponticello che sovrasta Archer Park, una spianata d’erba adiacente a Bondi Beach, dove centinaia di famiglie ebraiche si sono radunate per la festa delle luci. Sparano senza urlare slogan, senza rivendicazioni immediate. Solo colpi, a raffica, contro chi tenta di fuggire.

 

Solo in un secondo momento la polizia rivela un dettaglio sconvolgente: gli attentatori sono padre e figlio, di 50 e 24 anni.
Il più giovane, secondo media israeliani e australiani, sarebbe Naveed Akram, mentre sul nome del padre – indicato da alcune fonti come Sajid Akram – le autorità mantengono cautela.

Gli agenti arrivano rapidamente sul posto, guidando la folla verso le vie di fuga mentre droni di sorveglianza sorvolano l’area. A un certo punto, uno dei due attentatori scende dal ponticello per sparare da distanza ravvicinata. È in quel momento che la strage viene in parte fermata.

Ahmed el Ahmed, l’eroe di Bondi Beach

Dal nulla compare Ahmed el Ahmed, 43 anni, padre di due figli, proprietario di un negozio di frutta e verdura nel sobborgo di Sutherland. Sta passando di lì per caso. Invece di scappare, decide di intervenire.

Ahmed el Ahmed

Con un gesto che farà il giro del mondo, Ahmed si avvicina alle auto parcheggiate, si muove alle spalle di uno dei terroristi e gli strappa il fucile dalle mani, disarmandolo. Non spara. Appoggia l’arma contro un albero. Pochi istanti dopo viene colpito da due proiettili dal secondo attentatore: uno alla mano, uno al braccio.

 

Le immagini lo mostrano a terra, sanguinante ma cosciente, in attesa dei soccorsi.

“È la scena più incredibile che abbia mai visto – commenta il premier del Nuovo Galles del Sud, Chris Minns –  Ha rischiato la propria vita per salvarne innumerevoli altre. Grazie al suo coraggio, oggi molte persone sono ancora vive”.

Ahmed viene operato e le sue condizioni migliorano. Il cugino Mustafa conferma che non ha alcuna esperienza con le armi. Sui social viene definito “l’eroe di Bondi Beach”, simbolo di umanità contro l’odio. La sua identità – araba e musulmana, secondo la stampa australiana – diventa anche terreno di disinformazione e strumentalizzazione, prontamente smentite dalle autorità.

Gli attentatori e l’arsenale: piste terroristiche aperte

Le indagini rivelano che Sajid Akram, immigrato pachistano arrivato in Australia nel 1998 con visto turistico, era regolare detentore di sei armi da fuoco, tutte con licenza. Iscritto a un’associazione di tiro, aveva risolto il nodo logistico più delicato dell’attacco.

Padre e figlio identificati come i due attentatori

Padre e figlio avevano raccontato ai familiari che sarebbero andati a pescare. In realtà avevano affittato un appartamento dove avevano trasferito armi e ordigni esplosivi improvvisati. Alcuni di questi vengono trovati in un’auto parcheggiata vicino al luogo dell’attacco, altri – non attivati – nella loro abitazione.

Il capo dell’ASIO, Mike Burgess, conferma che uno dei due attentatori era noto ai servizi di sicurezza, ma non considerato una minaccia imminente. Naveed, nel 2019, era stato monitorato per possibili legami jihadisti, senza elementi sufficienti per un arresto.

Gli investigatori non escludono la pista dello Stato Islamico: nell’auto dei killer sono state trovate bandiere del Califfato e si valuta l’ipotesi di un giuramento di fedeltà, pratica comune prima degli attacchi.

Un clima di allarme ignorato?

L’attentato di Bondi Beach si inserisce in un contesto già teso. Negli ultimi anni, l’Australia ha affrontato diversi episodi di violenza antisemita, tra lupi solitari, accoltellamenti e piani terroristici sventati. In agosto, Canberra aveva persino espulso l’ambasciatore iraniano per il coinvolgimento dei pasdaran in atti ostili contro obiettivi ebraici.

Secondo fonti israeliane, il Mossad aveva avvertito l’Australia del rischio di attentati. Una presunta sottovalutazione della minaccia ha acceso lo scontro politico.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha accusato il governo australiano di aver “gettato benzina sul fuoco dell’antisemitismo”, citando una lettera inviata ad agosto al premier Anthony Albanese.

“L’antisemitismo è un cancro. Si diffonde quando i leader rimangono in silenzio. La debolezza va sostituita con l’azione”.

Netanyahu parla all'Onu e i delegati abbandonano l'aula
Benjamin Netanyahu

Le parole di Mattarella

Tra le attestazioni di solidarietà e sgomento arrivate da tutto il mondo, anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato al Governatore Generale del Commonwealth d’Australia, Sam Mostyn, un messaggio di vicinanza:

“In questi momenti di profonda tristezza, a nome della Repubblica Italiana, desidero esprimere sentite condoglianze e massima vicinanza alle famiglie delle vittime.

Il pensiero di tutti gli italiani, e mio personale, è altresì rivolto ai feriti, ai quali auguro un pronto e pieno ristabilimento.

Quali che siano le causali e le responsabilità di questo vile attentato, rinnovo le più dure espressioni di condanna contro gli ignobili atti di terrorismo, le ripugnanti manifestazioni e forme di antisemitismo, ogni espressione di fanatica violenza alimentata da odio etnico o religioso.

Una ferita aperta

Mentre Sydney piange le sue vittime e decine di feriti lottano tra la vita e la morte, una certezza resta: l’attacco di Bondi Beach segna un punto di non ritorno per la sicurezza e la convivenza in Australia.

In mezzo all’odio, resta il gesto di Ahmed el Ahmed. Un uomo qualunque che, in una sera di terrore, ha scelto di non voltarsi dall’altra parte. E che, per molti, rappresenta l’unica luce rimasta accesa in un Hanukkah spezzato.