ANNO ZERO

Oggi in Cdm nuove norme su edilizia: si regolarizzano abusi storici prima del 1967

Sulle difformità, col Testo Unico saranno chiarite le competenze fra Stato e Regioni

Oggi in Cdm nuove norme su edilizia: si regolarizzano abusi storici prima del 1967

Il Consiglio dei ministri esamina oggi – giovedì 4 dicembre 2025 – il disegno di legge delega per la revisione del Testo unico dell’edilizia (Tue), un intervento definito “non più differibile” dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit).

La riforma punta a creare un Codice dell’edilizia e delle costruzioni in grado di semplificare le procedure, superare la frammentazione normativa regionale, digitalizzare i processi e introdurre un quadro chiaro e uniforme in materia di titoli edilizi, sanatorie e regimi sanzionatori. Il governo avrà dodici mesi per adottare i decreti legislativi dopo l’approvazione del Parlamento.

Una cornice unica per superare la giungla normativa

Uno dei nodi principali che la delega intende sciogliere riguarda il rapporto tra Stato e Regioni. La disciplina edilizia, infatti, rientra tra le materie di competenza concorrente, con norme nazionali integrate da leggi regionali spesso molto diverse tra loro.

Queste discrepanze negli anni hanno generato interpretazioni contrastanti, contenziosi amministrativi e incertezze per tecnici e proprietari. La riforma del Testo unico, nato prima della revisione del Titolo V della Costituzione, stabilirà quindi quali disposizioni saranno di competenza esclusiva dello Stato e quali ricadranno nella potestà concorrente, fissando criteri nazionali uniformi per definire difformità e abusi edilizi.

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Il nuovo Codice introdurrà procedure semplificate per gli abusi commessi prima del 1° settembre 1967

La delega assegna grande rilievo alla riduzione dei tempi procedurali. Per contrastare “l’immobilismo burocratico” sarà rafforzato il meccanismo del silenzio-assenso e del silenzio-devolutivo nelle pratiche edilizie.

Se l’amministrazione non risponde entro i termini perentori previsti, l’intervento si intenderà autorizzato. Nei casi più complessi, soprattutto quelli che coinvolgono più enti (come nel caso di immobili vincolati), potrà intervenire un commissario ad acta in sostituzione delle amministrazioni inadempienti.

La regolarizzazione degli abusi edilizi “storici”

Uno degli aspetti più attesi riguarda la gestione delle difformità più antiche. Il nuovo Codice introdurrà infatti procedure semplificate per gli abusi commessi prima del 1° settembre 1967, data di entrata in vigore della cosiddetta “legge ponte” che rese obbligatori i piani regolatori comunali.

L’obiettivo è creare un “anno zero” per l’edilizia privata: per le irregolarità più remote, spesso difficili da documentare e valutare secondo le norme attuali, sarà ampliato il ventaglio dei casi in cui non sarà richiesta la doppia conformità (regolarità al momento dell’abuso e al momento della richiesta di sanatoria), requisito che rappresenta uno dei principali ostacoli alle regolarizzazioni. Al tempo stesso, saranno rivisti i regimi sanzionatori, commisurandoli alla gravità della difformità, al valore delle opere e all’impatto urbanistico.

Verso un riordino nazionale dei titoli edilizi

Il ddl interviene anche sul caos classificatorio degli interventi edilizi e dei relativi titoli abilitativi. L’intenzione è superare la distinzione tra manutenzione straordinaria, restauro e ristrutturazione – oggi spesso fonte di contenziosi – per adottare una classificazione basata su rilevanza dell’intervento, natura delle opere e impatto sul territorio

A ciascuna categoria sarà associato in modo uniforme, su tutto il territorio nazionale, il titolo necessario (Cila, Scia o permesso di costruire). L’obiettivo è eliminare le interpretazioni divergenti.

Rigenerazione urbana, destinazioni d’uso e digitalizzazione

La riforma promuove la rigenerazione urbana attraverso il principio dell’”indifferenza funzionale” tra destinazioni d’uso omogenee: residenziale, commerciale di vicinato, terziario di prossimità potranno alternarsi senza scatenare iter complessi, favorendo la riconversione degli edifici.

Inoltre, la riforma punta a un riordino complessivo degli oneri edilizi e del contributo di costruzione, oggi regolati in maniera disomogenea. Sul fronte digitale, si prevede l’interoperabilità delle banche dati pubbliche e la creazione progressiva di un fascicolo digitale delle costruzioni, strumento considerato essenziale per la trasparenza e la tracciabilità delle vicende amministrative degli immobili.

Salvini: “Dopo 25 anni serve una cornice unitaria”

Il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini, ha presentato la riforma come il passo decisivo verso un sistema edilizio moderno:

“Il Testo unico va a riordinare una materia che dopo 25 anni aveva bisogno di una cornice unitaria e quindi di una semplificazione“.

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Matteo Salvini

Sul decreto Salva casa, Salvini ha ribadito che non si tratta di un pacchetto chiuso, ma del primo tassello di una revisione più ampia:

“Milioni di immobili erano fuori mercato per piccole difformità interne. Il Salva casa ha ridato vita a compravendite e affitti. Ora dobbiamo arrivare a fine mandato con una normativa chiara e applicata ovunque senza distonie tra Comuni e Regioni”.

Secondo il ministro, la riforma chiarirà definitivamente lo stato legittimo degli immobili e rafforzerà i diritti dei cittadini. Il piano casa, ha aggiunto, partirà con 660 milioni pubblici e potrà coinvolgere risorse private, con particolare attenzione alle difficoltà dei giovani nell’accesso alla casa.

Critiche dall’opposizione: “Un condono mascherato”

Resta netta la contrarietà di parte dell’opposizione. Angelo Bonelli (AVS) parla apertamente di “condono edilizio”:

Salvini sta trasformando il Paese in un laboratorio di condoni permanenti. Il silenzio-assenso sugli abusi rischia di sanare anche immobili in aree vincolate o a rischio idrogeologico. È una scelta gravissima che mette in pericolo la sicurezza dei cittadini”.

Angelo Bonelli, Alleanza Verdi Sinistra

Bonelli accusa il governo di usare la semplificazione come pretesto per “legittimare l’irregolarità” anziché rafforzare controlli e prevenzione.

Il Mit, in una nota diffusa oggi, ha però chiarito che la legge delega non interviene sugli abusi del passato, smentendo le interpretazioni che parlavano di una sanatoria generalizzata. L’obiettivo dichiarato è invece quello di evitare nuovi contenziosi.