Si conclude oggi, martedì 2 dicembre 2025, a Beirut, il primo viaggio apostolico internazionale di Papa Leone XIV, seconda tappa dopo la visita in Turchia. L’ultima giornata in Libano è stata densa di incontri, parole forti e gesti simbolici, in un Paese che vive tra crisi profonde e un desiderio ostinato di rinascita (crediti foto copertina Vatican News).
Dalle corsie dell’ospedale psichiatrico de la Croix alle rovine del porto di Beirut, fino alla messa al Beirut Waterfront, il pontefice ha lasciato un messaggio chiaro:
“Non dimenticare i più deboli. Il grido dei poveri ci interpella“.
L’incontro all’Ospedale de la Croix
La mattina si è aperta con la visita alla Congregazione delle Suore Francescane della Croce a Jal el-Dib, una struttura che dal 1951 si occupa di malati psichiatrici e disabili, molti dei quali minori abbandonati. Accolto dalla Madre Superiora, dalla Superiora del Convento e dalla Direttrice dell’Ospedale, il Papa ha incontrato operatori, religiose e pazienti nel teatro della struttura.
“Sono contento di incontrarvi, era un mio desiderio, perché qui abita Gesù”, ha detto rivolgendosi a malati e personale sanitario. Con parole di profonda vicinanza ha ricordato che “siete nel mio cuore e nelle mie preghiere”, sottolineando la dedizione delle suore e degli operatori: “Siete come il buon samaritano… non perdete la gioia di questa missione“.
Il pontefice ha poi insistito sull’importanza di non abbandonare i più fragili:
“Non possiamo immaginare una società che corre a tutta velocità aggrappandosi ai falsi miti del benessere“.
La preghiera al porto di Beirut: una ferita ancora aperta
Terminata la visita all’ospedale, Leone XIV si è recato al porto di Beirut, luogo segnato dalla duplice esplosione del 4 agosto 2020, che provocò oltre 200 morti, 7.000 feriti e lasciò senza casa 300.000 persone.

Accompagnato dal Primo ministro libanese, il Papa ha pregato in silenzio nel punto esatto della detonazione e ha deposto una corona di fiori. Ha poi salutato i parenti delle vittime e alcuni sopravvissuti, che conservano le foto dei loro cari come “scudi contro l’oblio“. Attorno a lui, gli edifici sventrati ricordano ciò che accadde quando 2.750 tonnellate di nitrato d’ammonio esplosero con una forza paragonabile a un sisma di magnitudo 3.3.
La messa al Beirut Waterfront e la cerimonia di congedo
Dopo la preghiera, il Papa si è trasferito in auto blindata al Beirut Waterfront per la celebrazione della messa, preceduta da un giro in papamobile tra i fedeli. Alla celebrazione, accompagnata dalle parole del Patriarca di Antiochia dei Greco-Melchiti e dalle Letture della Scrittura, hanno partecipato anche i militari dell’UNIFIL.
L’omelia, pronunciata in francese, rappresenta l’ultimo atto pubblico prima del rientro a Roma, previsto alle 16.10 ora locale, dopo la cerimonia di congedo all’aeroporto internazionale di Beirut.
Il Papa ha più volte ribadito che, nonostante il Medio Oriente sia oggi guardato dall’umanità con “timore e scoraggiamento“, il Libano resta un “potente esempio” di convivenza tra religioni diverse:
“Paura, sfiducia e pregiudizio non hanno qui l’ultima parola“.
Durante la visita, diversi leader religiosi hanno rivolto messaggi diretti al pontefice. Lo sceicco sciita Ali El-Khatib ha chiesto che “la questione libanese” venga posta “nelle sue mani” per aiutare il Paese a liberarsi dalle crisi, denunciando “la continua aggressione israeliana“. Tono ancora più duro quello del Patriarca di Antiochia, che ha parlato di “feroce nemico israeliano“.