Nuovo episodio di violenza in Nigeria centrale, dove durante la funzione religiosa della domenica un gruppo armato ha fatto irruzione in una chiesa rurale del villaggio di Ejiba, nello Stato di Kogi, attuando il rapimento di almeno dodici persone, tra cui il pastore della comunità.
A riferirlo sono state le autorità locali, confermando che la polizia – intervenuta anche con un elicottero – è ancora impegnata nelle ricerche. L’attacco è avvenuto in pieno svolgimento delle funzioni religiose, trasformando un momento di preghiera in un incubo che si inserisce in una scia di episodi sempre più frequenti.
Nigeria in stato di emergenza per la sicurezza nazionale
La Nigeria è da anni alle prese con il fenomeno dei rapimenti di massa, ma nelle ultime settimane il numero degli attacchi è aumentato in modo vertiginoso. Nella sola seconda metà di novembre, diverse centinaia di persone sono state sequestrate in differenti regioni del Paese.
Oltre 300 studenti della scuola cattolica St. Mary, nello Stato del Niger, sono stati catturati da uomini armati e portati via in località sconosciute. Un altro gruppo – 38 fedeli – è stato rapito durante un incontro religioso nello Stato di Kwara, per poi essere rilasciato. Nonostante le operazioni di ricerca, le autorità ammettono difficoltà nel contrastare un fenomeno sempre più vasto e organizzato.

Il presidente nigeriano Bola Ahmed Tinubu ha reagito dichiarando lo stato di emergenza per la sicurezza nazionale, autorizzando polizia ed esercito a reclutare nuovo personale e rafforzare le operazioni sul territorio. Si tratta di un tentativo di arginare la spirale di violenza che sta investendo soprattutto le aree centrali e nord-occidentali del Paese, dove gruppi armati – comunemente chiamati “banditi” – attaccano chiese, scuole e villaggi.
Molti di questi sequestri, se non direttamente collegati a movimenti estremisti islamisti, vengono compiuti per ottenere riscatti e finanziare attività criminali. Il fenomeno, spiegano gli osservatori locali, ha iniziato a diffondersi con forza dopo il famoso rapimento delle studentesse di Chibok nel 2014, quando quasi 300 ragazze furono sequestrate dai Boko Haram nello Stato di Borno.

Non va dimenticato che proprio nel nord-est del Paese continuano a operare gruppi jihadisti come Boko Haram e la fazione rivale ISWAP (Stato islamico della provincia dell’Africa occidentale), responsabili negli anni di migliaia di morti e di oltre due milioni di sfollati. In una delle zone più colpite dal terrorismo, quella di Borno, negli ultimi giorni è arrivata una rara notizia positiva: dodici giovani donne musulmane, rapite vicino alle loro fattorie, sono state rilasciate senza pagamento di riscatto dopo che l’esercito aveva stretto il cerchio attorno ai rapitori.
L’accusa di Trump accende il dibattito internazionale
La situazione nigeriana ha ormai assunto un valore geopolitico rilevante. Le parole del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha accusato i “terroristi” di massacrare i cristiani in Nigeria, hanno riacceso il dibattito internazionale, mentre dall’Unione Europea sono arrivati segnali di forte preoccupazione.

In Aula a Strasburgo, la vicepresidente della Commissione europea Roxana Minzatu ha condannato gli attacchi “violenti e crudeli” contro chiese e scuole, ribadendo il sostegno al governo nigeriano per la liberazione degli ostaggi e la protezione delle comunità vulnerabili.
Tinubu, nel rispondere indirettamente alle dichiarazioni di Trump, ha sottolineato la necessità di preservare la sovranità nigeriana e di perseguire una strada basata sulla cooperazione internazionale e sull’assistenza diplomatica, piuttosto che su interventi militari esterni. Ma la sfida è enorme. In molti villaggi, le funzioni religiose sono ormai vissute con la paura, e le comunità si sentono abbandonate, soprattutto nelle aree rurali dove lo Stato fatica a garantire la sicurezza.