POLVERONE

Dall’Australia all’Abruzzo, il caso della “Famiglia nel bosco” a cui sono stati tolti i figli

Il paragone di Salvini: "Nel campo rom di Giugliano alle porte di Napoli, centinaia di bimbi non a scuola, sporchi, senza luce gas e acqua e con genitori che in molti casi campano rubando. Lì dove sono gli assistenti sociali?"

Dall’Australia all’Abruzzo, il caso della “Famiglia nel bosco” a cui sono stati tolti i figli

Da quell’immagine quasi romantica e bucolica a un polverone di polemiche il passaggio è stato davvero breve.

E a stretto giro di posta è arrivato anche il primo drammatico epilogo di una vicenda che in questi ultimi ha già appunto attirato l’attenzione nazionale.

Il Tribunale per i minorenni de L’Aquila ha infatti disposto l’allontanamento dei tre figli di una famiglia anglo-australiana che andata a vivere in un casolare isolato tra i boschi di Palmoli, in Abruzzo.

Per i piccoli– una bambina di 8 anni e due gemelli di 6 – è stato disposto il trasferimento in una struttura protetta, dove resterà anche la madre, mentre gli assistenti sociali concluderanno le verifiche del caso su quella che inizialmente sembrava “semplicemente” una vicenda bizzarra.

Le ragioni dell’ordinanza, i bambini in una struttura protetta

Secondo il provvedimento del tribunale, dalle carte che sono state rese pubbliche, sussisterebbero “gravi violazioni” nelle condizioni di vita della famiglia: l’abitazione, definita dai giudici “rudere fatiscente e privo di utenze”, sarebbe esposta a rischi legati all’umidità e all’insalubrità, potenzialmente pericolosi per la salute dei minori.

Inoltre, il tribunale ha espresso preoccupazioni sul piano dell’istruzione: i bambini non frequentano infatti una scuola tradizionale ma sono seguiti con un insegnante privata (la madre, che in Australia era appunto una docente), pratica nota come “unschooling” o homeschooling.

Secondo i giudici, questo potrebbe compromettere il “diritto alla vita di relazione” e la socializzazione, elementi ritenuti essenziali per lo sviluppo emotivo e cognitivo.

La reazione della famiglia e le “mosse” dell’avvocato

Il padre, Nathan Trevallion (in passato faceva l’antiquario), ha parlato di un’ingiustizia:

“Mi sento totalmente vuoto… si sta distruggendo la vita di cinque persone”.

Ma non solo, ha lamentato il fatto che i bambini gli siano stati tolti troppo in fretta e da un ambiente che loro considerano felice.

L’avvocato della coppia, Giovanni Angelucci, ha annunciato che i due coniugi ricorreranno in appello: secondo lui, molti dei punti sollevati nel provvedimento giudiziario sono “inesattezze” e sarebbero stati ignorati documenti prodotti dalla difesa.

La mobilitazione dell’opinione pubblica, la raccolta firme

Nel frattempo, come era facile immaginare dato il clamore mediatico che si è creato, la vicenda ha scatenato un’ondata di solidarietà.

In primis, una petizione online per chiedere che la famiglia possa restare “unita” nel bosco ha raccolto oltre 7.000 firme secondo l’Ansa, mentre altre fonti parlano di quasi 31.000 sostenitori.

L’intervento di Salvini e le polemiche: la vita nel bosco e nel campo rom…

Non è mancato il commento politico.

Il leader della Lega, Matteo Salvini, ieri mattina, venerdì 21 novembre 2025, a Radio 24 intervistato da Simone Spetia, ha fortemente criticato la decisione del tribunale.

Ha premesso di parlare come padre e come leader di un partito (non come Ministro perché non ne ho le competenze) e ha definito la scelta dello Stato come “vergognosa” e ha affermato “di essere disposto a andare sul posto per sostenere la famiglia”.

Salvini ha accusato lo Stato:

“Si intromette nel merito dell’educazione privata, delle scelte di vita personali: secondo lui, i genitori sono vittime perché hanno scelto una vita alternativa, pacifica e lontana dal modello urbano”.

Ma non solo. Senza mezze misure Salvini ha puntato l’indice su Tribunale dei Minori e Servizi sociali richiamando la sua recente visita a un campo rom di Giuliano, in Campania:

“Nel campo rom di Giugliano alle porte di Napoli, centinaia di bimbi in età scolare e non a scuola, sporchi, senza insegnanti, senza luce gas e acqua e con genitori che in molti casi campano rubando. Lì dove sono gli assistenti sociali?”.

Inoltre, i capigruppo della Lega alla Camera e al Senato hanno annunciato l’intenzione di presentare un’interrogazione urgente per fare chiarezza sulla vicenda.

L’intervento anche della premier: Meloni chiede a Nordio di inviare ispettori

Nel frattempo, anche la leader di Fratelli d’Italia e presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha avuto un colloquio con il ministro della Giustizia Carlo Nordio e non si esclude che da via Arenula possano essere inviati gli ispettori per fare luce sulle misure del Tribunale nei confronti dei tre bambini.

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La stessa premier si è detta anche intenzionata a incontrare il padre dei tre piccoli.

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A far da contraltare, la presa di posizione dell’Associazione nazionale magistrati:

“Riteniamo inopportuno ogni tentativo di strumentalizzazione di casi che, per la loro particolarità, suscitano l’attenzione dei cittadini e dei media, ricordando che la delicatissima materia nell’ambito della quale operano i colleghi in servizio presso le Procure e i Tribunali per i Minori merita rispetto e attenzione”.

E la dell’Anm prosegue:

“In particolare, sorprendono le parole del ministro Salvini, che ha ritenuto vergognoso l’intervento dello Stato nel merito dell’educazione privata”.

Il passato della vicenda

La storia ha origine già nel 2024, quando i bambini furono ricoverati in ospedale per un’intossicazione da funghi raccolti nei boschi intorno alla loro casa.

Quell’episodio aveva attirato l’attenzione delle autorità: un sopralluogo aveva evidenziato le condizioni abitative precarie, con assenza di elettricità stabile, servizi igienici inadeguati e isolamento dalla comunità.

La Procura per i minorenni dell’Aquila aveva poi chiesto perizie psicodiagnostiche sui genitori e misure di supporto, proposte inizialmente rifiutate dalla famiglia che insisteva sulla propria visione di vita.

La richiesta economica del papà per le visite mediche

Intanto, nelle ultime ore sta facendo discutere e a molti arricciare il naso, la richiesta dei genitori, in particolare del padre, che avrebbero posto una condizione peculiare per accettare gli accertamenti sanitari richiesti: 50.000 euro per ciascun bambino.

Il padre sostiene che non è obbligatorio portare i figli dal pediatra una volta superata la prima infanzia, e che tale richiesta sarebbe stata formulata come “contratto condizionale” per le eventuali visite.

Per il tribunale, al contrario, questo atteggiamento è sintomo di un “rifiuto ingiustificato” a collaborare per la tutela della salute dei bambini.