In Italia la corsa alle energie rinnovabili sta assumendo sempre più spesso i contorni di un conflitto territoriale. L’agrivoltaico – la formula che promette di coniugare fotovoltaico e coltivazioni agricole – è diventato il centro di un dibattito acceso, che ha già generato ricorsi amministrativi, assemblee pubbliche, raccolte firme e richieste di moratorie.
Il fenomeno è particolarmente visibile in Lombardia, specialmente nel Bresciano, ma si allarga anche al Piemonte e all’Emilia-Romagna, delineando un fronte comune: difendere il suolo agricolo da ciò che viene percepito come una “colonizzazione energetica” dei campi.
Che cos’è l’agrivoltaico?
L’agrivoltaico è un sistema che integra la produzione di energia solare fotovoltaica e l’attività agricola sullo stesso terreno.
L’obiettivo è valorizzare entrambe le attività, poiché i pannelli solari sono installati su strutture elevate o interfilari per consentire la continuazione della coltivazione e/o dell’allevamento sottostante.
Un approccio utile non solo produce energia pulita, ma che può anche offrire benefici alle colture grazie all’ombra parziale fornita dai pannelli.
Bresciano: campi agricoli verso i tribunali
Nel Bresciano la transizione energetica ha assunto forme molto concrete: decine di progetti, centinaia di ettari coinvolti, e una trasformazione del paesaggio che sta riscrivendo la geografia agricola. Come spiegato dal Giornale di Brescia, i Comuni di Castel Mella, Pozzolengo e Verolanuova sono arrivati fino al Tar di Brescia, cercando di fermare – o almeno ridimensionare – impianti di grandi dimensioni.

I ricorsi sono stati respinti o dichiarati irricevibili, spesso per motivi procedurali o per il ridotto potere decisionale riconosciuto ai Comuni in materia energetica. Ma la battaglia non si è fermata.
Tutte e tre le Amministrazioni hanno ricorso al Consiglio di Stato, chiedendo un maggior equilibrio tra tutela del territorio e necessità di produrre energia pulita. Non contestano le rinnovabili, ma chiedono voce in capitolo sulla loro collocazione.
Il nodo normativo: il potere ai Comuni si restringe
La Regione Lombardia – riporta ancora il Giornale di Brescia – aveva provato a intervenire definendo le “aree idonee”, classificando i terreni e spingendo l’installazione degli impianti su cave, aree industriali e superfici degradate. Ma la legislazione nazionale è intervenuta centralizzando i criteri tramite il D.Lgs. 190/2024, bloccando di fatto la legge lombarda prima che entrasse in vigore.
Risultato: Regioni e Comuni perdono strumenti di pianificazione, mentre le Province continuano a rilasciare autorizzazioni e le società energetiche avanzano con progetti sempre più estesi. La transizione energetica corre, le norme che dovrebbero governarla arrancano.
Denuncia e opposizione nel Torinese
Situazione analoga nel Torinese. A Poirino, la Cia Agricoltori delle Alpi si è opposta nei giorni scorsi a due maxi-lotti agrivoltaici da 75 e 69 ettari, adiacenti a un impianto già esistente di 20 ettari. Il presidente provinciale Stefano Rossotto parla di “consumo di suolo senza precedenti“ e denuncia un rischio concreto: che i terreni agricoli, anziché produrre cibo, diventino strumenti finanziari.
La polemica non riguarda la tecnologia in sé, ma la scala dei progetti: ciò che dovrebbe essere supporto all’agricoltura rischia di trasformarsi in una competizione per il suolo, alterando i prezzi fondiari e mettendo in difficoltà gli agricoltori. Rossotto ricorda come a Carmagnola, qualche anno fa, un progetto analogo venne bloccato.
Assemblee, allarmi e raccolta firme anche a Forlì
Anche in Emilia-Romagna si è registrata forte tensione sull’argomento negli scorsi mesi. A Forlì, nel quartiere Ronco, un lotto di quasi 14 ettari potrebbe diventare il più grande impianto fotovoltaico della città. Come raccontato da Il Resto del Carlino, i residenti hanno organizzato subito un’assemblea straordinaria e avviato una raccolta firme. Temono la perdita di valore delle case, la scomparsa del paesaggio agricolo e chiedono chiarimenti al Comune.

L’assessore all’urbanistica chiarisce che il progetto rientra nel piano nazionale di abbandono delle fonti fossili e che il Comune può esprimere solo un parere urbanistico, non una vera autorizzazione: le decisioni arrivano dall’alto. Un altro segnale che il processo locale decisionale è sempre più debole.
Agrivoltaico: promessa o pretesto?
Il concetto agrivoltaico nasce per integrare agricoltura ed energia, non per sostituirla. Alcune sperimentazioni in Italia hanno dato risultati positivi. Ma i progetti realmente agricoli sono ancora rari. In molti casi, sotto i pannelli non si coltiva più nulla e l’agricoltura diventa poco più di una parola nel titolo del progetto.
Il rischio – come sottolineano agricoltori e comitati – è che la transizione ecologica si trasformi in nuova forma di consumo di suolo, con un paradosso evidente: si parla di sostenibilità, ma si sottrae terra fertile.
La questione non è solo come produrre energia pulita, ma chi decide dove farlo. Il conflitto istituzionale tra Stato, Regioni, Province e Comuni è ormai evidente. E senza una governance condivisa, la transizione rischia di non essere “verde”, ma imposta. L’Italia sta cercando di correre verso il futuro energetico. Ma molti territori chiedono una cosa semplice:
che la transizione non passi sopra di loro.