La strada per chiudere la Manovra resta irta e il governo continua a esaminare le migliaia di emendamenti arrivati in Parlamento, molti dei quali presentati dagli stessi partiti della maggioranza.
Il vertice del 20 novembre 2025, guidato da Giorgia Meloni con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, dovrà tentare di ricomporre un quadro in cui si intrecciano interventi su fisco, urbanistica e previdenza.

La parte più esplosiva è quella presentata da Fratelli d’Italia, che ha inserito ben quattro proposte di sanatoria tra gli emendamenti “segnalati”, ossia quelli su cui il partito chiede una valutazione politica prioritaria.
La proposta più ampia: il condono per gli abusi fino al 30 settembre 2025
Il cuore del contendere è l’emendamento che aprirebbe a un condono edilizio “large”, valido per opere abusive ultimate entro il 30 settembre 2025. Si tratta del provvedimento più esteso ipotizzato negli ultimi anni, perché permetterebbe di regolarizzare manufatti di uso quotidiano – come portici, tettoie e balconi – insieme a ristrutturazioni interne, ampliamenti e qualsiasi intervento realizzato senza titolo abilitativo.
Questo scenario, se approvato, coinvolgerebbe migliaia di immobili e rimetterebbe in moto un meccanismo di sanatoria che in Italia non si vede da quasi vent’anni, con un impatto amministrativo enorme per i Comuni.
Le modifiche alla sanatoria del 2003: il caso Campania
Accanto al maxi-condono, Fratelli d’Italia presenta due emendamenti che intervengono sulla sanatoria del 2003, puntando a risolvere l’enorme arretrato della Regione Campania. Qui migliaia di pratiche sono ancora sospese dopo più di due decenni, creando un limbo giuridico che interessa interi comuni dell’area metropolitana di Napoli e del litorale domizio.
Le proposte mirano a chiarire alcuni passaggi interpretativi della legge del 2003 e a consentire la chiusura delle istruttorie entro tempi definiti, alleggerendo il carico degli enti locali e sbloccando pratiche rimaste ferme dal 2004.
La chiusura delle vecchie pratiche: ultimatum ai Comuni entro marzo 2026
Il quarto emendamento di FdI prevede un intervento radicale sullo smaltimento delle domande dei condoni del 1985, 1994 e 2003. I Comuni sarebbero obbligati a rilasciare i titoli edilizi in sanatoria – o a negare la domanda – entro il 31 marzo 2026.
La norma creerebbe per la prima volta una scadenza perentoria per pratiche pendenti da decenni, con l’obiettivo dichiarato di “normalizzare” una situazione ormai irregolare da quasi quarant’anni. Ma i sindaci temono di non avere né personale né risorse per gestire un arretrato di questa portata.
La linea alternativa della Lega: nessun nuovo condono, ma silenzio-assenso obbligatorio
Il principale ostacolo alle proposte di FdI arriva proprio dall’interno della maggioranza. La Lega si oppone apertamente alla sanatoria fino al 2025 e a un nuovo condono generalizzato.

Matteo Salvini rilancia invece una soluzione amministrativa: gli enti locali avrebbero sei mesi per rispondere a tutte le domande pendenti, vecchie e nuove; se non rispettano il termine, scatterebbe automaticamente il silenzio-assenso e l’immobile si considererebbe regolare.
Per il Carroccio questa via consentirebbe di ridurre drasticamente l’arretrato senza “premiare” nuovi abusi. Ma per molti tecnici il meccanismo rischia di generare contenziosi e differenze interpretative fra i Comuni.
Le aperture del Tesoro: un intervento per la Campania è probabile
Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ha però lasciato intendere che una qualche forma di sanatoria edilizia troverà spazio nella Manovra, almeno per la Campania, definita dal governo una situazione “oggettivamente fuori controllo”.

Resta da capire se l’esecutivo opterà per un aggiustamento della sanatoria del 2003, per la chiusura accelerata delle pratiche arretrate o se troverà una mediazione sul maxi-condono fino al 2025, che rimane il provvedimento più politicamente sensibile.
Una maggioranza divisa sul capitolo più delicato
La trattativa sui condoni edilizi è oggi il vero terreno di scontro interno alla maggioranza. Fratelli d’Italia spinge per un pacchetto ampio e strutturato, mentre la Lega rifiuta qualsiasi ipotesi che possa essere percepita come un “via libera” a nuovi abusi.
In mezzo, il Tesoro cerca un equilibrio tra esigenze politiche, sostenibilità dei Comuni e compatibilità giuridiche.
Critiche delle opposizioni
“La destra prova ancora una volta a giocare con le illusioni. Aumento delle pensioni minime in Campania e condono edilizio. Una mossa elettorale disperata, goffa, fuori tempo massimo. E non finisce qui. Riesumano il condono edilizio: una vecchia storia che ogni volta spunta quando fiutano la sconfitta. Ma lo ripetiamo: non si possono condonare case abusive. Quelle case vanno abbattute, non rese legittime con un colpo di penna. La destra ha scelto la scorciatoia: promesse facili, condoni, sprechi. Noi scegliamo la strada giusta: quella della dignità, della legalità, della giustizia sociale”. Così in una nota Sandro Ruotolo, responsabile Informazione nella segreteria nazionale del Pd ed europarlamentare.
Per il leader M5S Giuseppe Conte il governo “si presenta con la riapertura del condono previsto da Berlusconi, per cercare di prendere qualche voto in più in Campania. Tutto questo è pazzesco, significa essere scollati dalla realtà”.
Anche il leader di Italia viva, Matteo Renzi, è critico:
“Tre mesi fa a Rimini, il meeting di Cl e tutta la stampa applaudivano Giorgia Meloni che annunciava un piano casa da 15 miliardi. In Legge di Bilancio non c’è un centesimo. Però ieri in Campania, Giorgia Meloni ha annunciato il suo piano casa: un mega condono. Annunciano un condono, in Campania, la settimana del voto!”. Continua l’ex premier: “Questo non è riformismo, questo è il governo dei mediocri, questo è il governo del voto di scambio”.
Il leader Avs Angelo Bonelli tuona:
“Giorgia Meloni aveva giurato: ‘con me mai più condoni’. Oggi, invece, guida un governo che dell’abusivismo vuole fare uno strumento politico”.